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Assistenza sanitaria emergenza nordafrica: la circolare del Veneto

Cambio di rotta con le pressioni di enti, associazioni e volontari ma tutto è valido solo fino al 31/12.

La questione era stata sollevata da enti, associazioni e singoli volontari e fatta propria dal soggetto attuatore. Si tratta della vicenda dell’assistenza sanitaria concessa ai richiedenti asilo accolti nel Veneto nell’ambito della cosiddetta emergenza nordafrica, uno dei tanti punti che hanno segnato il trattamento differenziale dei cosiddetti profughi.

In particolare, le disposizioni impartite con due circolari dello scorso giugno 2011 dalla Regione Veneto ed alcune prassi messe in atto da alcune Aziende Locali Socio Sanitarie, si poevano in contrasto con quanto stabilito dalla normativa nazionale ed europea in materia di assistenza ai chiedenti asilo.

Con la circolare prot. n. 308364 del 28 giugno 2011, a firma del Dirigente della Unità complessa assistenza distrettuale e cure primarie, la Regione Veneto, aveva infatti impartito indicazioni operative in merito ai livelli di assistenza dei richiedenti asilo accolti all’interno del piano straordinario per la ”emergenza Nord Africa”, specificando che l’immigrato in possesso solo della ricevuta della domanda di permesso di soggiorno per protezione internazionale o asilo si sarebbe potuto iscrivere iscritto al Servizio Sanitario Nazionale senza scelta del medico di base o del pediatra;
Secondo la circolare “l’immigrato già in possesso del permesso di soggiorno per richiesta protezione internazionale/richiesta asilo aveva diritto all’iscrizione al SSN con scelta del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta per tutta la durata del permesso”, mentre la posizione dello straniero “in possesso solo della ricevuta della domanda di permesso di soggiorno per protezione internazionale/asilo sarebbe stata differenziata e avrebbe potuto contare sull’iscrizione senza la scelta del medico di medicina generale o del pediatra.

Inoltre, la nota del 10 giugno 2001, prot. n. 277367, trattava come stranieri irregolari coloro che, pur intendendo chiedere il permesso di soggiorno per protezione internazionale, non fossero ancora stati convocati dalle locali Questure per la compilazione della richiesta.

Alcune Asl locali si sarebbero spinte invece oltre (è il caso di Padova) non concedendo neppure ai possessori del permesso per richiesta asilo la scelta del medico di base costringendoli a far affidamento a singole cure specialistiche.

Tali prassi ed istruzioni amministrative rappresentavano una violazione del diritto all’assistenza sanitaria nei confronti dei richiedenti asilo e del più generale diritto alla salute garantito agli stessi dall’art 32 Cost., essendo il medico di base istituito, nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale, come figura in grado di mantenere un quadro clinico complessivo del paziente;

Infatti, il Titolo V del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, recante le norme in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale, all’art. 34 comma 1 e comma 1 lettera b) stabilisce che “hanno l’obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all’obbligo contributivo, all’assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza”.

Dal chiaro tenore testuale dell’art 34 si evince che non solo i richiedenti asilo hanno diritto all’iscrizione al SSN, ma che anche lo stesso diritto deve essere garantito a parità di trattamento con i cittadini italiani, rendendo quindi possibile la scelta del medico di medicina generale.
Nello stesso senso dispongono le norme contenute nell’art 42, comma 1, del regolamento di attuazione del testo unico sull’immigrazione, contenuto del D.P.R. n. 394 del 1999.

Ancor più chiaramente la circolare del Ministero della Salute n. 5 del 24 marzo 2000, al punto 6), del paragrafo 5, dedicato agli stranieri per cui è prevista l’iscrizione obbligatoria al SSN, specifica che, per quanto concerne i richiedenti asilo, deve essere garantita “la tutela del periodo che va dalla richiesta all’emanazione del provvedimento, incluso il periodo dell’eventuale ricorso contro il provvedimento di diniego del rilascio del permesso di soggiorno, e viene documentata mediante esibizione della ricevuta di presentazione dell’istanza alle autorità di polizia”, senza specificare il dovere di esibire il verbale della domanda (C3) o la ricevuta di richiesta del permesso, ma un documento che attesti l’avvenuta richiesta della protezione internazionale;

La direttiva 2003/09/CE (direttiva accoglienza), impone agli Stati membri di provvedere “affinché, entro tre giorni dalla presentazione della domanda di asilo all’autorità competente, ai richiedenti asilo sia rilasciato un documento nominativo che certifichi lo status di richiedente asilo o che attesti che il richiedente asilo è autorizzato a soggiornare nel territorio dello Stato”.

Le prassi seguite nell’ambito dell’emergenza nordafrica, con una prima identificazione dopo l’approdo sull’isola di Lampedusa, il successivo trasferimento e l’ulteriore attesa per la verbalizzazione della domanda di protezione internazionale ha registrato tempi enormemente più lunghi (oltre i 4 mesi) assolutamente non corrispondenti a quanto stabilito, che stridono con la precisazione che la regione veneto ha ritenuto di dover dare in merito alla necessità di una identificazione per accedere all’iscrizione al SSN.
Questi lunghi tempi di attesa hanno così messo in seria discussione il diritto dei richiedenti asilo ad un pieno riconoscimento ed accesso al diritto alla salute.

L’obbligo impartito dalla direttiva europea chiarisce come i ritardi oggi registrati nell’iter seguito per l’espletamento delle procedure per la richiesta della protezione internazionale non possano ricadere sulla possibilità di accesso alla piena assistenza da parte dei richiedenti. Infatti il d.lgs. n. 140 del 2005, con il quale l’Italia ha recepito la direttiva 2003/09/CE, stabilisce all’art 5, comma 5, che “l’accesso alle misure di accoglienza sia disposto dal momento della presentazione della domanda di asilo”. L’art. 26 del d.lgs n. 25 del 2008, recante “Norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato”, nel precisare le modalità istruttorie della domanda d’asilo, individua nel momento in cui si manifesta la volontà di richiedere protezione il momento in cui un cittadino straniero che ha fatto ingresso nel territorio dello stato deve essere considerato un richiedente asilo, tanto che contestualmente allo straniero è rilasciato il permesso di soggiorno o un attestato nominativo, e il richiedente è già considerato inespellibile e può essere destinato ad una struttura di accoglienza. In particolare, l’art. 26, comma 1, del d.lgs n. 25 del 2008, prevede che “la domanda di asilo sia presentata all’ufficio di polizia di frontiera ovvero alla questura competente per il luogo di dimora”, senza precisare la forma della domanda, mentre il successivo comma 2 si limita a precisare che “la Questura, ricevuta la domanda di protezione internazionale, redige il verbale delle dichiarazioni del richiedente su appositi modelli predisposti dalla Commissione … (C3)”;

Allo stesso tempo, il particolare iter seguito, che prevedeva un primo appuntamento alla Questura utile al rilevamento delle impronte in cui non veniva contestualmente verbalizzato il modello C3, ed invece il rilascio di una semplice attestazione su carta semplice, dovrebbe comunque essere considerato sufficiente al riconoscere la titolarità della piena assistenza sanitaria.

Eventuali ritardi nel rilascio del permesso, o come rilevato nella città di Padova, addirittura nella convocazione per la compilazione del modello C3, dovuti all’emergenzialità con cui è stata affrontata l’organizzazione delle procedure, non possono ricadere sull’esercizio fondamentale del diritto alla salute e sul diritto all’assistenza sanitaria garantito agli stranieri richiedenti la protezione internazionale.

Con la circolare dello scorso 7 marzo la Regione Veneto ha rivisto parzialmente le disposizioni impartite in precedenza consentendo, a norma di legge, la scelta del medico di base anche a chi non fosse in possesso della domanda di richiesta del titolo di soggiorno.
Ancora invece non è chiara la posizione di chi è in possesso della sola attestazione (precedente il modello C3) anche se con il trascorrere del tempo in questa situazione, fortunatamente, si trovano un numero sempre minore di persone.

Ciò che invece rimane ancora oscuro è la parte della circolare in cui la Regione Veneto precisa come l’esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria sia in ogni caso non prorogabile oltre il 31 dicembre del 2012, data in cui scade lo stato di emergenza dichiarato dal Governo.
A meno a che entro il prossimo 31 dicembre le commissioni non abbiano concluso la valutazione di tutte le domande e i giudici non si sia pronunciati sugli eventuali ricorsi, la Regione Veneto e le aziende sanitarie locali scopriranno di dover, secondo quanto stabilito dalla legge circolari ministeriali e dalla normativa nazionale ed europea, dare ancora riconoscimento ai diritti (pieni) di chi è fuggito da un conflitto ed è titolare di tutele e garanzie.

Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa

Circolare della Regione Veneto n. 109746 del 7 marzo 2012