Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 16 luglio 2004

Attese e proteste per la sorte dei 36 profughi di Cinzia Gubbini

Oggi si scriverà un nuovo capitolo della vicenda della Cap Anamur: alle 9 è fissata l’udienza per i tre membri dell’equipaggio arrestati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la Commissione Speciale renderà noto il «verdetto» sulle richieste di asilo politico presentate da 36 dei 37 naufraghi raccolti il mese scorso dalla nave tedesca al largo delle coste siciliane. Uno soltanto di loro, infatti, non è stato trasferito nel Centro di identificazione di Caltanissetta. Si trova invece ospitato nel centro di accoglienza di Ragalmuto, in provincia di Agrigento, il solo della zona destinato ai richiedenti asilo. Per lui le procedure seguiranno il cammino «standard». Il motivo? E’ stato l’unico a dichiararsi da subito nigeriano, e questo l’ha reso più credibile agli occhi del Viminale rispetto agli altri suoi compagni, che si dichiarano sudanesi. Aspetterà quindi che la Commissione centrale lo convochi per l’audizione e nel frattempo se vorrà potrà restare a Ragalmuto. La sorte degli altri, invece, è appesa a un filo e finora vige un certo pessimismo. La stessa deputata di Rifondazione Comunista Tiziana Valpiana, che ieri ha avuto la possibilità di visitare i naufraghi nel Centro di identificazione, ha detto che la Commissione «è molto rigida». Per questo si è adoperata affinché i profughi possano avere l’assistenza di due legali, in caso di diniego della loro richiesta.

In mattinata ha fatto loro visita anche Tana De Zulueta, senatrice ex Ds nonché vicepresidente della Commissione rifugiati del Consiglio d’Europa. «Sono spaesati, frastornati», ha riferito all’uscita. Non sanno neanche cosa sia la Sicilia e l’unica cosa che associano all’Italia è Roma perché c’è la Chiesa. Da quando è stato permesso loro di sbarcare vivono una situazione di stress continuo. La Commissione ha ritenuto di non farli immischiare alle altre persone finché sono in corso le audizioni – ha raccontato ancora De Zulueta – per cui non possono mangiare con gli altri in mensa. Sono stati interrogati più volte dalla Commissione e la cosa che trovo più inaccettabile è che non abbiano avuto la possibilità di accedere ad un’adeguata tutela legale».

Si trovano quindi da soli ad affrontare una situazione più grande di loro, sulla quale il governo italiano ha deciso di dimostrare a tutti – compresi i partner europei – di saper usare il pugno duro. E questo nonostante sia innegabile che i 37 abbiano davvero subito un naufragio. Sia la persona ospitata a Racalmuto che i 36 rinchiusi a Caltanissetta, sono chiari nel dire che hanno rischiato di affogare. «Hanno creduto di morire in mare, su questo non c’è dubbio», dice ancora De Zulueta. Anche il ragazzo nigeriano ha raccontato che in mezzo al Mediterraneo è stato un miracolo vedere apparire all’orizzonte la Cap Anamur. Non a caso tutti loro nutrono un senso di gratitudine nei confronti dell’equipaggio; tutti hanno pianto quando hanno saputo degli arresti.

Nel frattempo associazioni, centri sociali e partiti della sinistra seguono passo passo l’evoluzione della vicenda. A Caltanissetta un picchetto è presente dalla mattina alla sera di fronte al centro di identificazione, ubicato dentro un centro di permanenza per immigrati irregolari (Cpt) in una strada secondaria sulla quale passano soltanto macchine a grande velocità. Davanti alle sbarre sono stati appesi striscioni in solidarietà con i richiedenti asilo e con la Cap Anamur.

Ad Agrigento ieri pomeriggio decine persone hanno sfilato fino alla questura per chiedere la liberazione dei tre membri dell’equipaggio e la concessione del diritto di asilo ai profughi. Il sentimento più diffuso è l’incredulità per tutto quello che è accaduto. «Sembra che il mondo si sia capovolto», osserva Alessandra, una delle ragazze che l’altro ieri è stata presa a calci e pugni dalla polizia di fronte al Cpt agrigentino dove ancora si trovavano rinchiusi i naufraghi, mentre all’interno scoppiava una mini rivolta per la quale ieri sono finiti in manette 15 immigrati. In questa situazione l’unico raggio di sole è stata la sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittimi due punti della Bossi-Fini. «Dal mio punto di vista è un segno della provvidenza» commenta padre Gaspare, comboniano -. Tutti hanno capito che la sentenza potrà offrire qualche garanzia in più se i naufraghi riceveranno un diniego. Anche il comune di Venezia ci mette del suo: domani arriverà Beppe Caccia con l’intenzione di «prendersi i naufraghi», dichiarati ospiti onorari della città lagunare.