Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Audizione del Sottosegretario di Stato all’Interno on. Alfredo Mantovano sul diritto di asilo

Sig. Presidente, Onn. Senatori,
ringrazio per l’opportunità che mi viene offerta di illustrare lo stato dei lavori in tema di diritto di asilo. Il mio intervento ruoterà attorno a tre cardini: – l’opera che, a legislazione non ancora modificata, svolge la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato; – i regolamenti e le direttive in corso di discussione a livello comunitario; – i disegni di legge sul diritto di asilo dei quali si sta dibattendo alla Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati.

1. L’impegno del governo. Il Governo italiano si sente fortemente impegnato ad assicurare il riconoscimento dei diritti inviolabili di chi fugge da scenari di persecuzioni o di guerre. Ciò ovviamente presuppone saper discernere tra chi ha diritto a tale status e chi viene nel nostro Paese per motivi economici o per altre ragioni. Credo che sia superfluo ricordare la distinzione, che – in ossequio al diritto internazionale e comunitario – la nostra legislazione opera fra coloro che entrano irregolarmente in Italia: il mero accesso irregolare qualifica una condizione di clandestinità, alla quale non può non seguire l’espulsione. Dall’eventuale accoglimento di richieste di asilo deriva invece l’applicazione della disciplina recata dalla Convenzione di Ginevra: in base all’articolo 1/A della Convenzione è rifugiato chi, temendo di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione del suo paese.

2. Il lavoro della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato. Finora su questo fronte ha operato in Italia un’unica Commissione centrale, delegata a esaminare le domande di riconoscimento dello status di rifugiato. La Commissione valuta, caso per caso, la storia personale di ciascun richiedente asilo attraverso un’accurata intervista, alla luce della realtà politica del paese di origine del richiedente.
Per avere un’idea dei numeri, la Commissione nel corso del 2003 ha esaminato 11.319 istanze d’asilo: di esse 555 sono state accolte, 3358 sono state respinte, 7348 hanno riguardato stranieri che si sono resi irreperibili, 44 domande sono ancora sospese in attesa per un supplemento di istruttoria, in 14 casi i richiedenti asilo hanno formalmente rinunciato prima di essere convocati dalla Commissione; fra le domande respinte, tuttavia, per 828 casi è stato concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Nel 2002 le domande esaminate sono state 17193; di esse 1270 sono state accolte e 15755 respinte: in 678 casi i richiedenti hanno però beneficiato di protezione umanitaria. Come è noto, il permesso di soggiorno per motivi umanitari viene riconosciuto in via temporanea per un anno (rinnovabile con verifica periodica) nei casi in cui non si riscontra nel paese di origine una persecuzione diretta e personale, ma vi è una situazione di disagio reale (ad es., una generica situazione di belligeranza).
Le aree di provenienza dei richiedenti asilo sono state soprattutto l’Iraq e la Turchia, con prevalenza di richiedenti appartenenti all’etnia curda. Nell’ultimo anno vi è stato un sensibile incremento dei provenienti dai Paesi del nord Africa e dell’Africa centrale (in prevalenza Congo, Liberia, Sierra Leone, Somalia, Etiopia ed Eritrea). Si è invece registrata una progressiva flessione, fino al quasi completo esaurimento, dei richiedenti dall’area balcanica: sembra essersi esaurito il preponderante rilievo che negli anni precedenti aveva assunto, all’interno dei flussi migratori, la presenza di appartenenti all’area della ex Jugoslavia e di albanesi provenienti dal Kosovo.
L’80% delle domande respinte sono di stranieri che, per i motivi più diversi, non hanno portato a termine la procedura, rendendosi irreperibili. E’ difficile in questi casi non immaginare un uso strumentale della richiesta di asilo: l’opera dell’Alto Commissariato sui rifugiati è preziosa in questa direzione, perché aiuta in modo incisivo al corretto discernimento; questo spiega anche perché, come si vedrà più avanti, nella legge nazionale in discussione alla Camera, è prevista una presenza stabile di rappresentanti dell’UNHCR all’interno delle nuove Commissioni territoriali.
Per fronteggiare il fenomeno degli sbarchi sulle coste italiane, e il conseguente notevole numero di domande di asilo presentate soprattutto nelle regioni del Sud e in Sicilia, nel corso del 2003 la Commissione si è recata otto volte in missione nei luoghi di sbarco, dove ha proceduto ad esaminare direttamente 1.607 richieste di asilo; di esse:
70 sono state accolte;
1.527 sono state respinte;
10 sono state sospese per un supplemento di istruttoria.
Nel 2002 la Commissione si era recata 10 volte nei luoghi di sbarco.
Contemporaneamente, grazie alla disponibilità ed all’impegno dei componenti supplenti, è stato possibile assicurare anche il pieno svolgimento delle sedute nella sede centrale a Roma.

3. I lavori in corso in sede europea. Sullo scenario europeo è in atto un processo di armonizzazione delle normative degli Stati membri. Com’è noto, il Trattato di Amsterdam (sottoscritto il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999) ha mutato il procedimento comunitario per l’adozione di misure per l’immigrazione e l’asilo. Tali materie, una volta di stretta pertinenza intergovernativa, ora sono inserite nel cosiddetto Primo Pilastro dell’Unione Europea: sono quindi regolate con gli strumenti della “Direttiva” e del “Regolamento”. Entro 5 anni dall’entrata in vigore del Trattato, il Consiglio Europeo ha il mandato di adottare norme in materia di asilo che incideranno direttamente negli ordinamenti nazionali, nella prospettiva (temporalmente assai vicina: entro il prossimo 1° maggio) della loro armonizzazione.

Il quadro comunitario oggi è il seguente:
1. E’ stato adottato il Regolamento CE n. 343/2003 del Consiglio del 18 febbraio 2003 che stabilisce i criteri ed i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo. Il regolamento ha aggiornato la normativa stabilita dalla Convenzione di Dublino, prevedendo una riduzione di tempi per le procedure, con un adeguamento al sistema “EURODAC” (sistema europeo di confronto delle impronte digitali dei richiedenti asilo e clandestini rintracciati negli Stati membri).
2. Con il decreto legislativo del 7 aprile 2003, n.85, è stata recepita in Italia la direttiva 2001/55/CE relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in ambito comunitario; il provvedimento prevede la suddivisione degli oneri tra gli Stati membri interessati all’afflusso, e stabilisce misure uniformi per il trattamento dei profughi, anche al fine di assicurare loro un trattamento comunque dignitoso.
3. Il 6 febbraio 2003 è stata pubblicata sulla G.U. delle C.E. la direttiva del Consiglio n.2003/9/CE recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri. Tale direttiva dovrà essere recepita nell’ordinamento nazionale entro il 6 febbraio 2005.
4. E’ in discussione la proposta di direttiva sulle condizioni minime per il riconoscimento a cittadini di paesi terzi o apolidi, dello status di rifugiato o di persona che necessita di protezione internazionale. Il riconoscimento è previsto ai sensi della Convenzione di Ginevra ovvero con forme di protezione sussidiaria (vale a dire qualitativamente e quantitativamente di minore contenuto rispetto alla Convenzione di Ginevra). La prima parte attiene alla definizione stessa di rifugiato e di protezione sussidiaria e alle condizioni che devono essere verificate perché possa concedersi una protezione internazionale. La seconda parte attiene invece ai diritti che dalla concessione dei diversi tipi di protezione derivano per il soggetto beneficiario e per i membri della famiglia. Gli articoli in discussione non presentano particolari problemi per l’Italia, in quanto rispondono ai criteri applicativi e all’interpretazione seguita dalla nostra Commissione Centrale. Il recepimento della direttiva imporrà l’emanazione di un testo organico, che regoli ogni forma di protezione attraverso una unica procedura: ma su questo, come si è detto, è già impegnato il Parlamento (in questo momento la Camera- v.oltre).
Circa i diritti riconosciuti ai beneficiari di protezione, il testo proposto è conforme alla legislazione nazionale per quanto riguarda i rifugiati, mentre per i beneficiari di protezione sussidiaria la direttiva prevede la concessione di diritti più limitati rispetto a quelli che oggi la legislazione nazionale riconosce ai titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ciò consentirà, una volta che la direttiva sarà approvata e in fase di recepimento della stessa, di scegliere da parte del singolo Stato dell’UE se conservare tali prerogative, come la direttiva permette di fare agli Stati che intendono assicurare standard superiori, o eventualmente affievolirli.
Sulla proposta è stato raggiunto un consenso politico da parte delle delegazione degli Stati membri, con l’eccezione della Germania, che intende riconoscere garanzie minori ai titolari della protezione sussidiaria. Le motivazioni tedesche, oltre che di natura economica, derivano dal timore che la posizione accordata ai titolari di protezione sussidiaria incentivi il radicamento nello Stato membro per una categoria di persone che, al contrario, dovrebbe fare progressivo rientro nel Paese di origine, non appena siano rimosse le cause contingenti che hanno determinato il pericolo.
5. E’ all’esame del “Gruppo Asilo” la proposta di direttiva del Consiglio sugli standard minimi delle procedure negli Stati membri per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato, che sta rivelando particolari difficoltà in sede di negoziazione: tant’è che, dopo le discussioni sorte all’indomani della sua presentazione, il Consiglio Europeo di Laeken del dicembre 2001 diede mandato alla Commissione di riscriverne il testo. Le difficoltà derivano dagli ostacoli tecnici e politici collegati all’armonizzazione delle procedure di esame delle istanze di asilo che, per alcuni Stati membri, sono ormai consolidate nell’esperienza di applicazione. Sotto la presidenza italiana, dal luglio del 2003, è iniziata la discussione dei capitoli cruciali relativi alle procedure e agli appelli.
La proposta modificata della Commissione conserva la distinzione fra procedura ordinaria e procedura accelerata, così come richiesto dal Consiglio Europeo, ma solo come eventuale, e quindi rimessa alla discrezione degli Stati membri. Non viene posta alcuna distinzione contenutistica e di regole fra le due procedure, tranne nel termine per quella accelerata, fissato in tre mesi, prorogabili a sei: un termine molto più largo del precedente termine di 65 giorni, previsto nella prima versione. Nella prima versione erano inoltre stabilite forme manifeste di strumentalità, sindacabili prima dell’esame di merito: provenienza da Paese sicuro, evidenza di false generalità, domanda di asilo presentata dopo un provvedimento di espulsione, domanda di asilo contenente gli stessi dati già presenti in una precedente domanda respinta. Accanto a essi, la Commissione ha aggiunto altri motivi per esaminare la domanda di asilo con procedura accelerata; motivi che attengono alla condotta personale del richiedente asilo (omissione di informazioni pertinenti, inadempienza dei doveri di correttezza durante la procedura) e che possono essere riscontrati solo mentre la procedura è in corso.
Fra gli ostacoli che hanno impedito di portare a termine la discussione della proposta di direttiva va citato anche il discorso degli appelli e dei Paesi sicuri. La proposta di direttiva, così come riformulata dalla Commissione, non prevede il numero di gradi di giudizio di appello che devono essere riconosciuti al richiedente che si è visto rifiutare il riconoscimento dello status di rifugiato davanti all’autorità accertante. Essa si limita ad affermare (art. 38) il principio del diritto ad un “effettivo rimedio” davanti ad un “giudice” (Court or tribunal, i.e. Judicial body): tale decisione si basa sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo e della Corte di Giustizia europea, sull’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che sancisce il diritto a un effettivo ricorso e a un giudice indipendente ed imparziale, e su alcune decisioni della Corte di Giustizia Europea che sanciscono l’obbligatorietà di un rimedio giudiziario quando vengono messi in discussione diritti fondamentali.
Tale soluzione è, però, difficilmente accettabile da quegli Stati membri che prevedono una procedura tutta amministrativa per i ricorsi o che prevedono un intervento del giudice solo su questioni di legittimità. Oltre alla questione dell’organo decidente, nel corso del negoziato è sorto anche il problema dell’effetto sospensivo dell’appello. Le richiamate decisioni giurisprudenziali hanno fatto sì che la Commissione, nella riscrittura della proposta di Direttiva, che pure prevede casi nei quali il ricorso non produce effetti sospensivi sull’espulsione, si è trovata nella necessità di assicurare comunque un controllo del giudice sull’allontanamento del richiedente asilo in pendenza di ricorso. La costruzione della Commissione prevede, però, il principio generale della sospensività dell’appello, e solo in via derogatoria la possibilità di effettuare l’espulsione in presenza di appello sotto il controllo di un giudice. Ciò ha provocato l’opposizione di quei Paesi, come la Spagna, che hanno nel dettato costituzionale il principio della legalità delle decisioni amministrative, e solo in via derivata la possibilità per un giudice di sospendere l’effettività della decisione amministrativa.
Un ulteriore ostacolo all’accordo sulla proposta di Direttiva è costituito dalla volontà di alcuni Stati membri di prevedere liste comuni di Paesi sicuri. Tali liste dovrebbero essere obbligatorie per tutti gli Stati membri e riguarderebbero, oltre ai paesi di origine (da cui provengono i richiedenti), anche quelli terzi (ossia gli Stati non di cittadinanza ma ai quali possono essere rinviati con sicurezza i richiedenti asilo).

4. Le norme sull’asilo contenute nella “Fini-Bossi”. La legge 189/2002 (c.d. “Fini-Bossi”) si occupa di questa delicata materia solo nella misura in cui interessa l’immigrazione clandestina, ossia in quanto della richiesta di asilo può essere facile abusare: la legge introduce una procedura abbreviata per i casi in cui è fondato il sospetto di una richiesta strumentale. All’art. 32, essa distingue nettamente le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato che comportano casi di trattenimento del richiedente in centri di identificazione o di permanenza temporanea e assistenza, dalle richieste che, invece, non comportano tale necessità. La legge prevede, a seconda del trattenimento o meno dello straniero interessato, due speciali procedure per l’esame dell’istanza: la procedura semplificata, da applicare ai richiedenti presenti nei centri, e la procedura ordinaria per gli “asilanti”, cui viene rilasciato, non essendo inviati nelle strutture, il permesso di soggiorno per richiesta di asilo.
Dettata la disciplina generale, la legge – per definire le modalità operative – rinvia a un regolamento, il cui testo è stato licenziato dal Consiglio dei Ministri ed è attualmente all’esame del Consiglio di Stato.
In particolare:
– il nuovo art. 1-bis della legge n. 39/90, introdotto dalla l. 189/2002, stabilisce, al comma 3, che il trattenimento di colui che richiede il riconoscimento dello status di rifugiato è attuato nei centri di identificazione secondo le norme di apposito regolamento. Il regolamento, a suo volta, determina il numero, le caratteristiche e le modalità di gestione di tali strutture e tiene conto degli atti adottati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, dal Consiglio d’Europa e dall’Unione Europea;
– il nuovo articolo 1-quater dispone, al comma 1, che nelle prefetture indicate dal regolamento sono istituite le Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato;
– anche il nuovo articolo 1-quinquies rinvia al regolamento per stabilire le modalità di funzionamento della Commissione nazionale e delle Commissioni territoriali.
In attuazione di tali disposizioni, il regolamento – lo ripeto: già predisposto e all’esame del Consiglio di Stato – detta una disciplina sostitutiva rispetto a quella stabilita col DPR 15 maggio 1990, n. 136, di attuazione della legge n. 39/1990. Nell’elaborazione del regolamento si è tenuto conto delle proposte formulate da enti ed associazioni di tutela, in particolare delle posizioni espresse dall’UNHCR. La previsione legislativa punta a istituire strutture destinate ad ospitare i richiedenti asilo diverse dai centri di permanenza temporanea e assistenza, che invece, come è noto, trattengono gli stranieri in via di espulsione o di respingimento: ciò vuol dire che i centri di identificazione debbano avere caratteristiche proprie e differenti rispetto ai CPT. La diversità strutturale delle due tipologie di centri comporta anche una diversa modalità del “trattenimento” da attuarsi. A sostegno di tale tesi vi è l’assenza nella legge di una norma che preveda la convalida, da parte dell’autorità giudiziaria, del provvedimento del questore che dispone il trattenimento del richiedente asilo nel centro di identificazione; convalida che è invece espressamente disciplinata dal testo unico sull’immigrazione per i clandestini in via di espulsione.
Nel prevedere speciali caratteristiche del “trattenimento” del richiedente asilo nei centri di identificazione, poste soprattutto a tutela e a garanzia di stessi richiedenti, la legge fa discendere delle conseguenze dall’allontanamento non autorizzato dal centro medesimo. L’art. 1-ter, comma 4, della legge n. 39/90, pure esso introdotto dalla legge 189/2002, considera tale allontanamento equivalente alla rinuncia alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato. La permanenza nel centro diventa quindi criterio distintivo per l’applicazione delle norme relative alla procedura semplificata ovvero per quella ordinaria, relativamente all’esame della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.
In entrambe le procedure l’organo competente è la Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato. Tale Commissione è deputata, dalla legge, a livello territoriale, a decidere sulle domande presentate ai sensi della Convenzione di Ginevra, in sostituzione del precedente ed unico organo, la Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, che viene trasformata dall’art. l-quinquies della legge n. 39/90, in Commissione nazionale per il diritto di asilo. La previsione delle Commissioni territoriali risponde meglio alle esigenze di celerità e di efficacia connesse alla nuova procedura, che a regime garantirà tempi certi di decisione dell’istanza. All’interno delle Commissioni è prevista la presenza di un rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, a tutela delle posizioni più critiche. Le decisioni delle Commissioni sono assunte collegialmente.
La l. Fini-Bossi ha inoltre il merito di aver istituito il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati ed il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, dando concretezza e stabilità ad un’iniziativa rivelatasi determinante per tradurre in concreto il principio dell’accoglienza: parlo del PNA- il programma nazionale asilo. Tale programma è stato avviato nel 2000 da un protocollo d’intesa tra Ministero dell’Interno, UNHCR ed ANCI: la “rete” ANCI ha fornito coordinamento e supporto ai servizi offerti da 64 Comuni, con una disponibilità ricettiva massima di oltre 2200 posti. Ciò è avvenuto nonostante le difficoltà nell’erogazione dei fondi, dovute alla difficile congiuntura finanziaria. E’ un sistema che si è rivelato prezioso: lo si è voluto formalizzare in una norma di legge, perché, attraverso la razionalizzazione e il coordinamento degli interventi realizzati in modo diffuso sul territorio nazionale, consente di aumentare numericamente, e di migliorare qualitativamente, l’offerta di accoglienza. Il sistema è costituito dai servizi che gli enti locali attivano per l’accoglienza dei rifugiati e di quei richiedenti asilo che non saranno avviati nei centri di identificazione. Esso ha perseguito i seguenti indirizzi:
1. la costituzione e la gestione di un sistema nazionale d’accoglienza, d’assistenza e di protezione per richiedenti asilo attraverso l’attivazione di centri di accoglienza di ridotte dimensioni, inseriti in una rete diffusa sul territorio, coordinata a livello centrale, con garanzia di vitto, alloggio, accesso ai servizi sul territorio, orientamento e assistenza sociale;
2. la predisposizione di interventi di integrazione delle persone che hanno ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato o un permesso di protezione umanitaria, attraverso un sostegno finalizzato a favorire l’accesso al mercato del lavoro e a individuare possibilità alloggiative autonome;
3. la promozione delle attività che permettano di individuare nel rimpatrio volontario e assistito uno dei possibili percorsi di uscita dall’accoglienza per coloro ai quali è stato negato il riconoscimento dello status di rifugiato, o che intendano, a vario titolo, rinunciarvi.
5. Il testo unificato delle proposte di legge sull’asilo (con gli emendamenti sui quali il Governo si è espresso favorevolmente). Il Parlamento ha ripreso da circa due mesi a occuparsi della materia in modo organico. Vi era stata una pausa nell’iter di alcune proposte di iniziativa parlamentare, in qualche misura sollecitata dal Governo, che aveva chiesto di attendere la conclusione del semestre italiano per verificare l’approvazione in sede europea delle direttive sull’asilo: ciò per non varare una legge non coincidente con le direttive in discussione. Poiché queste direttive non sono state approvate nel semestre, non c’è ragione per fermare l’ulteriore corso della legge; l’iter è ripreso, sono stati presentati degli emendamenti, e il loro numero elevato non deve far immaginare manovre ostruzionistiche: al contrario, sono testimone di un clima positivo e costruttivo. I numerosi emendamenti dipendono dall’obiettiva complessità e articolazione della materia.

Il testo unificato delle proposte di legge predisposto dal relatore, insieme con gli emendamenti sui quali il Governo si è finora pronunciato favorevolmente, afferma anzitutto le garanzie del diritto di asilo e della protezione umanitaria (articolo 1); definisce i soggetti titolari del diritto in una visione unitaria, in armonia con il principio costituzionale italiano: il diritto è riconosciuto sia a chi presenta i requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra, sia a chi versa nel “pericolo attuale e diretto di subire danni alla propria vita o sicurezza o libertà personale in conseguenza di gravi limitazioni delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana” (articolo 2).
Il compito di esaminare e decidere sulle domande di asilo è affidato, in armonia con l’impostazione prescelta dalla l. 189 del 2002 (cd. Fini-Bossi) alle Commissioni territoriali che verranno istituite con regolamento nel territorio delle Prefetture maggiormente interessate dai flussi migratori: di tali Commissioni l’articolo 3 definisce composizione, attribuzioni, durata e funzionamento. Con decreto del Ministro dell’interno potranno essere istituite anche nuove Commissioni territoriali, ovvero potrà procedersi alla soppressione di quelle esistenti. Con le disposizioni di cui all’art. 4, oltre ad essere indicate la composizione, la durata ed il funzionamento della Commissione nazionale per il diritto di asilo, viene affidata alla medesima Commissione compiti di indirizzo e di coordinamento delle Commissioni territoriali, al fine di assicurare una tendenziale omogeneità dei criteri valutativi delle singole commissioni, insieme con la formazione e l’aggiornamento dei componenti delle stesse. Alla Commissione nazionale competerà inoltre la raccolta di dati statistici, e poteri decisionali in materia di revoca e cessazione degli status concessi.
La disposizione di cui all’articolo 5 disciplina le modalità di presentazione delle domande di asilo, favorendo l’accesso alla procedura attraverso forme semplici, con assistenza linguistica e legale, e con l’intervento di rappresentanti dell’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati, e di organizzazioni non governative autorizzate sulla base di progetti governativi di collaborazione: ciò al fine di illustrare correttamente i motivi del diritto di asilo che viene richiesto. Particolari disposizioni sono dettate per i minori non accompagnati richiedenti asilo (articolo 6). Le previsioni relative all’esame della domanda di asilo (articolo 7), per la loro particolare complessità, sono attualmente in fase di verifica da parte del Governo, che ha chiesto le valutazioni delle Amministrazioni maggiormente interessate.
Il procedimento unico affidato alle commissioni territoriali si articola in diversi momenti: ad una prima fase di verifica della competenza territoriale segue l’esame di ammissibilità e di non manifesta infondatezza della domanda, quindi la fase riguardante la verifica della sussistenza dei requisiti. In tutte le proposte di legge presentate, e quindi anche nel testo unificato, il procedimento garantisce i diritti nella difesa, la presenza di interpreti, l’autonomia e l’indipendenza dei commissari. Nell’ipotesi di decisione assunta a maggioranza, su richiesta di uno o più membri i quali abbiano espresso opinioni dissenzienti, nella motivazione si deve dar conto delle loro opinioni e motivazioni (art. 8). Contro la decisione della commissione territoriale sulla domanda di riconoscimento del diritto di asilo si prevede la possibilità di ricorrere al tribunale del luogo di domicilio eletto dal richiedente, con effetto sospensivo sul procedimento, seguendo un orientamento coerente con la natura del diritto di asilo come diritto soggettivo costituzionale perfetto (art.10).
Per i richiedenti, per i quali sia accertata la mancanza dei presupposti necessari per il riconoscimento del diritto di asilo e, tuttavia, si rilevi l’inopportunità di un rinvio nel paese di origine per gravi motivi di carattere umanitario, viene prevista l’impossibilità temporanea al rimpatrio. Questo provvedimento dà titolo a una autorizzazione al soggiorno della durata di due anni, rinnovabile per un identico periodo, qualora la Commissione centrale accerti la permanenza delle condizioni di impossibilità al rimpatrio con riferimento al caso concreto; decorsi quattro anni dal rilascio del permesso di soggiorno, il titolare può ottenere la carta di soggiorno, godendo degli stessi diritti previsti per lo straniero che abbia ottenuto il riconoscimento del diritto di asilo (art.9).
Gli articoli 11, 12 e 13 disciplinano il rapporto fra diritto di asilo, permesso di soggiorno e documento di viaggio, il rinnovo o la revoca del permesso di soggiorno, i casi di estinzione del diritto di asilo.
Il testo unificato si completa con il capo III, che prevede le misure di assistenza e di integrazione in favore dei richiedenti asilo, con la definizione del ruolo che devono svolgere gli enti locali. Viene ribadita l’istituzione, al Ministero dell’interno, del Fondo nazionale per le politiche e i servizi d’asilo, con la relativa dotazione (art. 15). In particolare, l’articolo 16 sancisce le garanzie del titolare del diritto di asilo e delle persone cui è riconosciuta la protezione umanitaria: dal soggiorno al diritto allo studio, dalla previdenza al lavoro, per promuovere e favorire l’integrazione del rifugiato e dei suoi familiari sul territorio nazionale. Infine sono dettate disposizioni transitorie e finali per il coordinamento con la legislazione vigente.

Con questo, sig. Presidente, ringrazio Lei e i componenti della Commissione per l’attenzione e per le osservazioni e gli interventi che seguiranno.

04/02/2004