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Australia: parla un consulente sanitario dei centri di detenzione di Nauru e Manus

di Ryan Essex, The Guardian del 29 giugno 2015

È ora di dire la verità prima che mi imbavaglino: i centri di detenzione per immigrati in Australia rovinano la vita

Dopo aver lavorato per molti anni come consulente sanitario nei centri di detenzione per la International Health and Medical Services (IHMS), ogni commento riguardo la mia precedente occupazione potrebbe rivelarsi illegale dopo mercoledì. Ciò è dovuto alla disposizione di segretezza contenuta nel Border Force Act, un inquietante disegno legislativo che è sul punto di entrare in vigore e che molto probabilmente porterà a pesanti conseguenze.

Secondo le disposizioni di questa nuova legge, coloro che lavorano o hanno lavorato nei centri di detenzione per immigrati, nel momento in cui dovessero “fare rapporto o divulgare” informazioni riguardo il proprio impiego, potrebbero essere accusati di atti illegali, punibili fino ai due anni di carcere. Ci sono un paio di cose però che vanno dette prima che questa voce di dissenso, seppur modesta, mi possa portare davanti ad un giudice.

Eccomi quindi che, fortunatamente, posso ancora parlare dei danni che ho visto commettere con i miei occhi nei centri di detenzione nei confronti degli immigrati. Uomini, donne e bambini erano vittime lì dentro. Ho visto famiglie che venivano separate illegittimamente e richiedenti d’asilo la cui assistenza sanitaria è stata sovvertita e negata perché non in linea con gli obbiettivi del Dipartimento per l’Immigrazione.

Non c’è mai stata una chiara descrizione di che cosa prevedesse la figura del consulente sanitario, quindi era facile ritrovarsi molto spesso a condurre un numero indefinito di mansioni cliniche, a seconda che fosse più ortodosso lavorare o gestire episodi che sono diventati all’ordine del giorno, come seri atti di autolesionismo e proteste. Ci si può prendere carico di queste cose ingenuamente, per almeno un breve periodo, fino a quando non diventa più chiaro che ci si destreggia tra complicità e sostegno in un sistema dove è spesso più proficuo risolvere i problemi con eccessi amministrativi e burocrazia.

Ora mi sorprendo raramente quando si verifica un occultamento o un abuso. Sono stato testimone in prima persona della segretezza, dell’autoritarismo e dell’ipocrisia. Ho visto immigrati che hanno fatto cadere le recinzioni per tentare la fuga, avendo come unica opzione il rimpatriare, dato che non sarebbero stati in grado di sopravvivere nell’entroterra australiano.

Ho visto i danni che Nauru e Manus hanno causato: il trasferimento al centro di detenzione di Villawood di immigrati ormai psicotici, letteralmente a pezzi e sconfitti, dopo aver esaurito ogni alternativa in quelle due isole in mezzo al mare. Vi potrei raccontare dell’autolesionismo che ho visto e lo dovrei mettere a verbale ancora una volta, proprio perché potrebbe essere l’ultima: la detenzione prevista per gli immigrati ha un impatto devastante sulla salute mentale con conseguenze durature nel tempo.

Ma la stragrande maggioranza delle vittime che ho incontrato nei centri di detenzione era tollerante e di indole forte – chi l’avrebbe mai pensato?

Molti colleghi hanno parlato apertamente prima di me e hanno offerto molte più testimonianze dei centri di detenzione. Se non fosse stato per loro, non si saprebbe fino a che punto sono arrivate le condizioni dei centri di detenzione, sia di quelli che si trovano nelle isole che quelli nell’entroterra. Esempi lampanti sono state le denunce sulla natura compromessa dell’assistenza sanitaria, osservato dai dottori dell’Isola di Natale, o l’impatto devastante che i centri hanno sulla salute mentale, reso noto da Peter Young, o l’abuso di bambini, denunciato dallo staff di Save the Children.

I titoli di giornale che sembrano diventare sempre più schioccanti col passare delle settimane dimostrano che si tratta di un’area di competenza che richiede trasparenza e controllo. Un’area che non dovrebbe aiutare i trafficanti di uomini né tanto meno incoraggiare gli immigrati clandestini a “farsi un giro in barca”. Sarebbe invece necessario fornire protezioni basilari per un gruppo già considerato vulnerabile. Quando donne e bambini sono presumibilmente vittime di abuso sessuale e si verificano livelli epidemici di autolesionismo, non è una risposta razionale rendere un sistema segreto ancora più segreto e zittire quelli che sollevano preoccupazioni legittime.

Purtroppo questo è quello che i centri di detenzione sono diventati, ovvero un’anomalia nella società odierna. Mentre altre istituzioni e azioni politiche si sono evolute col tempo, questo invece rimane un sistema nel quale siamo felici di flirtare con l’idea di mandare operatori sanitari in galera per aver parlato delle loro esperienze. In un Paese che in questo momento parla di salute mentale, siamo felici di ignorare livelli epidemici di autolesionismo e suicidio considerati “manipolatori” o “che cercano di attirare l’attenzione”. E in un Paese dove c’è supporto universale per la Commissione Reale sulle risposte istituzionali agli abusi sessuali sui minori, siamo felici di fare ostinatamente finta di niente riguardo ai suoi centri di detenzione per immigrati.

Qualunque sia la tua posizione nel dibattito sui richiedenti d’asilo, il Border Force Act ti dovrebbe preoccupare. Questa legislazione ha implicazioni per i medici con esperienze lavorative nei centri di detenzione. Sorgono domande sull’intera professione medica, il coinvolgimento e la loro presa di posizione riguardo a questioni etiche e di diritti umani. Nelle ultime settimane alcuni gruppi di medici hanno avuto giustamente da ridire circa questa legge chiedendo che tutti i professionisti sanitari siano autorizzati a parlare apertamente sulle condizioni all’interno dei centri di detenzione e di dichiarare la loro lunga presa di posizione contro la detenzione obbligatoria. In risposta a questo, una portavoce del Ministero dell’Immigrazione ci ha ricordato che esistono meccanismi appropriati e di protezione per coloro che desiderano denunciare la cattiva condotta e la “cattiva amministrazione” dei centri.

Questa “cattiva amministrazione” è stata discussa, contestata e criticata da professionisti sanitari, accademici, avvocati ed esperti di diritti umani per più di vent’anni. La democrazia può funzionare propriamente solo con responsabilità e trasparenza. Spero solo che più persone si faranno avanti dopo il primo luglio e semplicemente parleranno apertamente di ciò che hanno visto. Il fatto che questo possa ora essere illegale o considerato “clamoroso” dimostra unicamente quanto ci sia da nascondere.

Ryan Essex è un dottorando presso l’Università di Sydney e dedica la sua ricerca alla sanità, questioni etiche e ai centri di detenzione per immigrati.