Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 20 giugno 2004

Australia, un kit anti-immigrati

SIDNEY

L’ultima del governo Howard prevede la diffusione di un kit destinato ai cittadini aussie contenente informazioni sul traffico di clandestini e su «cosa il governo sta facendo per combattere la piaga dell’immigrazione dei sans-papier» – qualche centinaio di arrivi l’anno, addirittura poche decine nel 2003, in un paese ricco, vastissimo e sottopopolato. A pochi mesi dalle elezioni politiche la propaganda elettorale ha già avuto inizio e la maggioranza conservatrice non ha cambiato tattica: nel novembre del 2001, sulla scia dell’esplosione di panico generata dall’attacco alle torri gemelle e grazie alle spudorate menzogne sui reietti del cargo norvegese Tampa, Howard e i suoi gregari ribaltarono l’esito delle politiche convincendo gli elettori australiani che sarebbe stato meglio sprangare i confini.

Oggi, a quasi tre anni di distanza, in Australia si continua a giocare a porte chiuse sulla pelle di pochi disperati in cerca di asilo. Nessuno entra più in Australia. E qualcuno vorrebbe uscirne. Gli asylum seekers detenuti negli isolotti del Pacifico di Nauru e Manus per esempio. Proprio qui, a Nauru, sta per arrivare – se il governo non si metterà di traverso – le due navi partite il 15 maggio da Sydney. L’operazione, messa in piedi da un gruppo di «audaci», si chiama Flotilla2004. I due yacht sono carichi di regali per i bambini reclusi nell’isola, e di aiuti per gli uomini e le donne (quasi tutti afghani) che aspettano il verdetto da parte del governo australiano. L’attracco dovrebbe avvenire oggi, in occasione della giornata mondiale per i rifugiati. Contemporaneamente, in tutta l’Australia, si svolgeranno manifestazioni per protestare contro la politica del governo Howard.

Da un rapporto della commissione federale sui diritti umani risulta che i minori sono esposti a gas lacrimogeni, sommosse, incendi, cannoni ad acqua, tentativi di suicidio e massiccio autolesionismo. Molti di essi sono dentro da due, tre anni, in attesa della sentenza del tribunale di revisione amministrativa, in attesa che il governo acquisisca maggiori elementi sulla loro identità. E i tempi per le ricerche diventano sempre molto lunghi: i centri di detenzione devono rimanere aperti il più a lungo possibile. Come quello di Manus dove il palestinese Aladdin Sisalem è rimasto per dieci mesi unico «ospite» della struttura – assieme agli agenti e ai cuochi. Costo per il contribuente australiano:150mila dollari al mese. I contratti devono essere rispettati. Soprattutto quelli stipulati con le società alle quali è stata appaltata la gestione dei centri di detenzione, che fino all’agosto dell’anno scorso spettava all’Acm (Australasian Correctional Management), una società fittizia, che solo formalmente gestiva i centri affidati invece al management della americanissima Wackenhut (che si dice diretta da ex-agenti Cia attivi negli anni settanta e ottanta nel Centro e Sud America). Oggi la gestione dei centri è stata privatizzata e affidata alla Group 4 Falck, un gruppo danese che fornisce servizi di sicurezza in ottantacinque paesi nel mondo. Nel 2002 la Group 4 Falck ha acquisito la Wackenhut.