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Autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare di un minore

Sentenza Corte di Cassazione n. 22216 del 16 ottobre 2006

Si Ringrazia l’Asgi per la segnalazione

La Corte Suprema di Cassazione – Sezioni unite civili ha stabilito che per gravi motivi legati allo sviluppo psico-fisico del minore un cittadino straniero irregolare che ha figli con regolare permesso di soggiorno in Italia non va espulso.

La deroga ‘temporanea’ può essere concessa proprio per non creare ai figli un trauma che deriverebbe ”dalla perdita improvvisa della figura genitoriale”.

Vedi la Sentenza Corte di Cassazione n. 22216 del 16 ottobre 2006

Madre e figlia avevano regolarmente il permesso di soggiorno a differenza del padre, che, pur se in condizioni di clandestinità, aveva sempre provveduto a prestare cure e affetto alla figlia minore avviandola alla frequenza della scuola materna. Secondo la Suprema Corte, che ha accolto il ricorso del clandestino, il diritto del minore ad avere accanto il genitore rappresenta ”un interesse specifico e pressante che va tutelato, anche in deroga delle disposizioni in materia di immigrazione”. A patto che tale deroga, precisa Piazza Cavour, sia limitata ad un ”periodo determinato”.

Era stata la Corte d’appello di Ancona, nel maggio 2004, ad ordinare l’espulsione del clandestino sulla base del fatto che nel suo caso non era ravvisabile ”una situazione di emergenza nella quale si determinasse un pericolo attuale per il minore”. Il no era stato inoltre motivato con il fatto che non ”valeva il principio del superiore interesse del minore, poiché esso non poteva essere invocato per consentire la deroga alla disciplina dell’immigrazione, ma doveva trovare attuazione solo nel rispetto delle norme che lo regolavano, nell’ambito delle relazioni familiari”. Per gli ‘ermellini’ invece ”non può negarsi la decisorietà del provvedimento il quale incide sul diritto del minore ad essere assistito da un familiare nel concorso delle condizioni richieste dalla legge e, contemporaneamente, su quello del familiare a fare ingresso in Italia e a trattenervisi per prestare la dovuta assistenza”.

E poiché ”sia l’espulsione che il ricongiungimento familiare coinvolgono direttamente diritti soggettivi – sottolinea ancora la Suprema Corte – il provvedimento del giudice che decide sulla deroga ai divieti che precluderebbero l’ingresso e la permanenza del familiare non può non decidere su veri e propri diritti, paralleli e concorrenti seppure non contrapposti, del minore e del familiare e non su un mero interesse del solo minore”. In conclusione, gli ‘ermellini’ osservano che bene aveva fatto il giudice di primo grado a concedere al clandestino di rimanere in Italia in quanto ”l’autorizzazione non è stata fondata sulla mera constatazione della presenza in Italia di una figlia in tenera età, bensì sull’accertamento concreto del grave pregiudizio che alla minore sarebbe derivato dalla perdita improvvisa della figura paterna per effetto della sua espulsione”.