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da www.strettoindispensabile.it del 5 giugno 2006

Baraccopoli di Cassibile: il rogo dell’ipocrisia

CASSIBILE- E’ ancora da accertare se a Cassibile il fuoco che ieri ha incenerito 60 delle baracche costruite dagli immigrati impiegati nella raccolta delle patate sia stato doloso o di natura accidentale. Intanto oggi il lavoro nei campi, per questi 300 uomini assoldati dai caporali per 5 euro all’ora, è comunque ripreso.

Un parroco di Siracusa, che da tempo si batte contro l’indifferenza e l’abbandono a cui questi lavoratori sono stati soggetti, ha voluto mettere in risalto la strana analogia tra la fine del periodo della loro occupazione ed il rogo: “E’ finita la raccolta delle patate ed è scoppiato l’incendio. Quando si dice il fato…” Padre Carlo D’Antoni qualche giorno fa aveva deciso di vivere in quella baraccopoli della vergogna. Aveva piantato una tenda, subito dopo misteriosamente rubata. Così, senza farsi scoraggiare dall’accaduto, aveva accettato l’ospitalità di Medici senza Frontiere, da un mese già presenti nella zona con un ambulatorio. Se non fosse stato per il loro intervento, non vi sarebbero neppure delle latrine e delle docce nella bidonville dimenticata di Cassino.

“E’ meglio ed è buono pensare che si sia trattato di una fatalità”, afferma con rassegnazione Don D’antoni. Già, in fondo è cosa buona e giusta non dare troppo peso alla relazione tra la fine della stagione del raccolto e la vicenda che ha portato alle cronache il bosco di ulivi, mandorli e carrubi, in cui i lavoratori in nero si accampano da anni. Almeno dieci. Quel rogo che ha incenerito solo una parte dell’accampamento, non è neppure riuscito infatti, a distruggere l’ipocrisia e la legislazione speciale che vige evidentemente a Cassibile, persino il giorno dopo. In questa località del siracusano che conta 4500 abitanti il caporalato da tempo è tollerato, così come qualche risibile strappo alla legalità per sancire il primato della patata sulla legge.

E’ sempre stato così: gli extracomunitari durante i due mesi si svegliano alle prime luci del giorno, si dirigono verso il centro del paese dove ad attenderli ci sono i caporali. Sono loro a scegliere chi mandare nei campi dalle 7 alle 3 del pomeriggio con una meticolosità professionale che ha del raccapricciante. Le operazioni di selezione del personale prevedono addirittura il palpeggiamento dei muscoli degli uomini che si presentono puntualmente in cerca di guadagno, persino l’osservazione della loro dentatura, in modo tale da verificare se riescano a portare a termine in 8 ore il lavoro che solitamente verrebbe svolto in maggior tempo.

Nessuno ha mai impedito che il fenomeno dilagasse. La presenza dei braccianti in nero è sempre stata accettata come un’anomalia necessaria, giustificata dalla volontà dei proprietari terrieri di non contrattualizzare coloro che si prestano al loro servizio. A testimonianza di questa riflessione, basta affermare come solo un terzo dei 300 immigrati in questione sia in possesso di un permesso di soggiorno. “La polizia che perlustra ogni giorno la citta’, – accusa padre D’Antoni – dalle 4 alle 7 del mattino non e’ mai passata dalla piazza di Cassibile, e quando interviene e’ per rispedire a casa qualche clandestino, mai per arrestare un caporale”.
I furti e le risse che si sono verificate hanno creato numerosi fonti di attrito con la popolazione locale, per non parlare della polemica relativa all’approvvigionamento d’acqua, poiché nella baraccopoli vengono ovviamente utilizzate le risorse pubbliche. Eppure nulla è stato fatto per tentare di rimediare ad una situazione che ha portato alla nascita di tensioni notevoli, nella quale anche il rogo di ieri, qualora fosse di natura dolosa, potrebbe trovare spiegazione.
Gli immigrati di Cassibile dunque hanno sempre rappresentato soltanto un utile problema e tutto sarebbe passato sotto silenzio anche quest’anno se non fosse intervenuto il misfatto.

Dopo l’incendio, il comune di Siracusa ha fatto pervenire agli immigrati delle coperte per superare la notte appena trascorsa. A quelle 60 persone senza più una sistemazione tuttavia il fuoco non ha soltanto portato via una baracca, ma in molti casi anche il denaro fino ad allora risparmiato. In compenso il vicesindaco ha permesso ad una trentina di loro di dormire in un edificio individuato dalla Prefettura: ma solo per una notte. La stagione delle patate sta ormai per concludersi. Il prossimo anno, come avviene sempre in Sicilia, si vedrà.

Salvatore Taranto