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dal Piccolo del 23 maggio 2005

Bioest «parla» di immigrazione

Storie di fuga: i perseguitati politici del Camerun e i «cancellati» della Slovenia

Ultima giornata nel segno dell’animazione ieri, per Bioest, la «duegiorni» dedicata alla 12.a fiera dei prodotti naturali, delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato. La mostra-mercato approdata in città per il primo anno, trasferitasi dalla sua sede tradizionale a Trieste, ieri con le sue bancarelle disseminate in piazza Repubblica e nelle zone centrali, ha così chiuso i battenti sancendo un buon riscontro di pubblico. Le proposte sono state diverse, dedicate anche ai bambini. Nè sono mancati i confronti. Bioest s’è occupata anche della questione immigrazione.
In occasione del convegno di sabato, «Immigrazione e territorio tra percorsi di incontro e pratiche di segregazione nei Cpt». Un convegno che ha «ascoltato» esperienze crude e difficili. All’attenzione due storie diverse, ma che raccontano lo stesso destino: quello di trovarsi stranieri nella propria patria, di doverla abbandonare perché di pensiero, razza, cultura diverse.
«Volevamo portare un nostro contributo sulle esperienze che viviamo come operatori dello sportello Invisibili di Monfalcone – racconta Massimo Christian -. In passato abbiamo seguito in maggior numero le vertenze sul lavoro, adesso però c’è un’altra questione che si sta aprendo: quella dei migranti che vengono da situazioni particolari e chiedono asilo politico. Questo ci fa capire che, in molti stati conosciuti come ”democratici”, Camerun, Nigeria, ex-Repubblica sovietica, sono in corso delle guerre civili non dichiarate».
Ecco la testimonianza di Blaise, che viene dal Camerun: è un perseguitato politico, uscito dalla prigione per motivi di salute e fuggito dall’ospedale in cui era ricoverato. È arrivato in Italia tramite la Libia e la Nigeria e dichiara di aver trovato qui «comprensione e ospitalità».
Ed ecco una storia a noi vicina, quella dei «cancellati» della Slovenia, raccontata da Alexander Todorovic. «Nella Slovenia, dove la guerra civile non c’è stata, è stata messa in atto una pulizia etnica ”amministrativa”: sono state cancellate dai registri pubblici quasi 18 mila persone, che si sono trovate di colpo private di tutti i diritti, senza documenti validi, senza assicurazioni sanitarie».
Preda di una vera «morte civile», che colpiva spesso solo alcuni membri di una famiglia. E che a volte, fermati come clandestini dalla polizia, venivano espulsi. Solo dopo una decina d’anni c’è stato il primo riconoscimento del fatto da parte della Corte costituzionale slovena. Ma al referendum in favore dei «cancellati» il 90 per cento della popolazione slovena ha votato no. «E così, ancora adesso, sono stati riconosciuti solo 4 mila dei 18 mila ”cancellati” – ha spiegato Todorovic – e ormai è difficile pensare ad un risarcimento adeguato per quattordici anni di sofferenze, fisiche e morali».
Elena Orsi