Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Bloccati alla frontiera francese: il viaggio dei rifugiati non finisce dopo il salvataggio

Sergi Cámara, Desalambre, El Diario - 17 ottobre 2016

Foto: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara

Rischiano la vita in mare per raggiungere le coste europee. Calpestare la terra ferma per loro significa essere sopravvissuti. Il loro viaggio, però, non termina in Italia. Dopo aver pagato una cifra come 2000 euro per attraversare il Mediterraneo in un’imbarcazione sovraffollata, molti migranti e rifugiati che partono dall’Eritrea, Somalia o Sudan cercano di riunirsi con i propri parenti in nord Europa. In Germania, Svizzera, Gran Bretagna o Francia.

La seconda parte del loro viaggio clandestino inizia proprio da Ventimiglia, che dista a soli 12 km dalla frontiera francese. Alcuni rischiano la vita attraversando a piedi le montagne che delimitano il confine tra i due paesi. Altri optano per il treno.

FOTO: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara

Nelle vicinanze della stazione, la polizia blocca chi tenta di salire clandestinamente sui treni diretti a Nizza o Marsiglia. Riuscirci è solo il primo passo. Dall’altro lato della frontiera, li può aspettare un controllo della polizia.

FOTO: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara

Sulla banchina si gioca la loro lotteria personale. Se la polizia dovesse fermarli durante una delle abituali retate, i migranti verrebbero trasferiti in altre città italiane, da dove proverebbero nuovamente a raggiungere Ventimiglia, tornando così al punto di partenza.

FOTO: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara

L’attesa nel centro

Il centro d’accoglienza Parco Roja nella periferia di Ventimiglia, aperto nel luglio di quest’anno, offre ospitalità ai migranti durante i loro primi giorni in Italia, evitando così che dormano per strada. Al suo interno, i 60 moduli abitabili hanno resistito al calore della nostra estate e si stanno preparando per superare i mesi invernali. Sebbene siano stati progettati per ospitare circa 360 persone, in realtà ne accolgono almeno un centinaio in più.

I migranti e rifugiati ospitati nel centro dispongono di assistenza sanitaria, grazie a una convenzione con alcuni ospedali e medici della zona, che visitano quotidianamente Parco Roja. “I casi più comuni sono raffreddori e dolori alle gambe, poiché camminano molto. Molti cercano di entrare in Francia a piedi, ma vengono rispediti in Italia dalla polizia francese. Dopo qualche giorno, riprovano nuovamente ad attraversare il confine, il tutto camminando.” racconta Valter Muscatello, coordinatore della Croce Rossa e responsabile del centro.

FOTO: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara

Nel centro ci sono solo uomini. Le donne e i bambini sono ospitati nella Chiesa di Sant’Antonio, mentre alcuni minori non accompagnati vengono trasferiti in una struttura specifica.
Alcuni non possono o non vogliono proseguire. Altri capiscono che il loro viaggio termina lì. Le richieste di asilo politico in Italia o i rimpatri assistiti, chiesti dagli stessi migranti per tornare al loro paese d’origine, vengono gestiti dal comune. Le autorità confermano che diverse persone provenienti dal Sudan sono state rimpatriate dall’Italia a fine agosto.

FOTO: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara

Per altri, il centro è solo una pausa nel loro cammino. Mentre aspettano il momento adatto per riprovare ad attraversare il confine francese, i migranti passano il tempo come possono. Lavano i panni, giocano a calcio, leggono, pregano o fanno una partita a calcio-balilla “Anche i rifugiati collaborano con le pulizie del centro.” Spiega Valter.

All’interno dei container climatizzati, ci sono zone con internet e telefoni, dove i migranti hanno diritto a tre minuti al giorno per contattare le loro famiglie nel loro paese d’origine. Sulle pareti sono affisse diverse fototessere con i volti di chi purtroppo non ce l’ha fatta, persone che si sono perse durante il viaggio e di coloro che cercano i propri amici o la propria famiglia. L’iniziativa fa parte del programma della Croce Rossa Italiana “Restoring Family Links”.

FOTO: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara

Un furgone della polizia è sempre presente nelle vicinanze del centro “in caso di incidenti”, nonostante il responsabile assicura che non ci sono mai stati problemi “è solo per scrupolo. Non è mai successo nulla” aggiunge Valter.
I migranti e i rifugiati possono rimanere dai sette a dieci giorni nel centro di Parco Roja. Dopo di che, devono andarsene. Quelli che non riescono a lasciare Ventimiglia, finiscono a vivere per strada.

FOTO: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara

La riva del fiume diventa così la loro nuova casa, senza però né soffitto né pareti. Nonostante siano stati rispediti diverse volte dall’altro lato della frontiera dalla polizia francese, i migranti continuano ad aspettare la loro occasione per provare ad attraversare il confine. Nel mentre, vivono senza un tetto sulla testa.

FOTO: Sergi Cámara
FOTO: Sergi Cámara

Filemon è scappato dall’Eritrea, uno dei paesi da dove viene la maggioranza dei migranti, insieme alla Siria e al Sudan. Il giovane di 17 anni è fuggito dal regime che li costringe ad arruolarsi nella leva obbligatoria per almeno 8 anni.
Giunto in Italia, Filemon spiega che il costo del viaggio ha mandato in bancarotta la sua famiglia “Dall’Eritrea sono andato in Etiopia, da lì in Sudan e poi in Libia” racconta. Una volta raggiunta la costa libica, i trafficanti gli chiesero 2200 dollari per raggiungere l’Italia in una nave fatiscente con altre 700 persone, attraverso il percorso più mortale del mondo.

La mia famiglia è rovinata, i miei genitori hanno dovuto vendere la casa. In tutto il viaggio mi è costato 7000 dollari. È molto dura.” conclude il giovane. I suoi piedi calpestano il suolo di un’Europa che l’ha accolto in modo diverso dalle sue aspettative. In attesa di poter raggiungere il nord, Filemon vagabonda per Ventimiglia.