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Bologna – Accoglienza non fa rima con emergenza! Presidio davanti alla Protezione Civile nella Giornata Mondiale del Rifugiato

Il prossimo 20 giugno si celebrerà in tutto il mondo la giornata mondiale del rifugiato. In questo momento di grandi trasformazioni nel Nordafrica, di conflitti ed instabilità, l’Italia è la meta di chi fugge dall’incertezza del futuro o da una guerra che il nostro paese concorre a produrre. Da febbraio ad oggi, da Lampedusa a Ventimiglia, il Governo ha risposto alla domanda di protezione ed accoglienza di queste persone istituendo per decreto lo stato di emergenza, affrontando la questione degli arrivi e delle presenze dei migranti, provenienti dalla Tunisia o dalla Libia, in un’ottica di eccezionalità e temporaneità.
Tra dichiarazioni sempre più discriminatorie, conferenze stampa e Cabine di Regia, tutta l’operazione (per cui il Governo ha promesso 100 milioni di euro!) viene affidata alla Protezione Civile, suggellando il passaggio dell’accoglienza da materia sociale a materia di catastrofe. I migranti tunisini arrivati prima del 5 aprile ricevono un permesso per motivi umanitari della durata di sei mesi, per gli altri si aprono i cancelli dei vecchi e nuovi CIE, dove continua una esasperata battaglia per la libertà repressa e criminalizzata.

Ma guardiamo la situazione in regione. Sono numerosi i cittadini tunisini che pur avendo il permesso di soggiorno per protezione temporanea dormono per strada, nei giardini, in stazione. Alcuni di questi hanno serie problematiche sanitarie che non sono state prese in carico, con gravi conseguenze in termini di salute. Sono esclusi dal Piano di Accoglienza, nonostante la Regione avesse dichiarato che poteva accoglierne circa 4mila. Ma non ne facciamo un problema di numeri, è invece un problema di obiettivi: quali sono le prospettive di un’accoglienza progettata in questo modo? Che tipo di integrazione hanno in mente alla Cabina di Regia se anche per i beneficiari del Piano di Accoglienza gli unici servizi previsti sono il vitto e l’alloggio, nonostante vengano spesi circa 40 euro al giorno per ognuno? E’ evidente che l’unico piano sembra piuttosto quello di derubricare l’accoglienza a questione di ordine pubblico e sicurezza, come dimostrano le decine di permessi umanitari già revocati.

Nel frattempo sono stati trasferiti in città e in regione anche i migranti in fuga dai bombardamenti in Libia, e quanto sperimentato dai cittadini tunisini si ripropone anche per loro, con la differenza che sono accompagnati a presentare la domanda di asilo anziché la richiesta del permesso di soggiorno umanitario. Ma il quadro non cambia: è la Protezione Civile a decidere ogni cosa tramite ordinanze, non c’è margine per mettere in discussione le disposizioni, e gli enti locali, laddove coinvolti, si limitano a dover provvedere alle richieste.

Enti locali, cooperative ed associazioni, ma anche i singoli operatori e i volontari sono impegnati a dare il massimo per garantire i servizi ai migranti, mettendo in rete risorse ed esperienze, ma il problema è alla base: manca un accordo chiaro su quali prospettive, durata, obiettivi abbia questa accoglienza (in magazzini, dormitori, ex caserme, parrocchie) e soprattutto su quali diritti siano previsti per le persone a cui è indirizzata, dal momento che non vengono inoltre garantiti alcuni diritti che già dovrebbero esserlo, come quello all’assistenza sanitaria. Partiamo ad esempio da una domanda semplice: perché dare per scontato che la condizione giuridica più appropiata per ognuno di loro sia quella del richiedente asilo? Forse conoscendone le biografie e le aspettative potremmo scoprire che molti potrebbero non corrispondere all’identikit del potenziale rifugiato, ignorare questa ipotesi rischia di trasformarsi in grave errore con conseguenze nefaste per il futuro di queste persone, che si troverebbero esposte ad un rifiuto di protezione internazionale e alla conseguente espulsione.

Prima che sia troppo tardi deve essere quindi istituita una tutela giuridica che garantisca protezione immediata ed attenzione alle loro storie individuali. Nessuna categorizzazione a priori, dunque, perché le persone che vengono denominate profughi o richiedenti asilo non sono categorie univoche o numeri da smistare, ma donne e uomini con progetti ed aspirazioni individuali, ai quali in primis va consentito di praticare una libera scelta sulla propria vita.
Aderiamo all’appello promosso da Rete Welcome, Arci, Brigate per la solidarietà attiva, Rete per autorganizzazione popolare e Rete antirazzista campana, Comitato Primo Marzo Roma affermando che la logica della finta emergenza è nefasta, per i migranti, per tutti noi e per la costruzione della cittadinanza che viene.

Invitiamo cittadine/i, associazioni, cooperative, operatori a festeggiare la Giornata Mondiale del Rifugiato nell’unico modo oggi possibile: chiedendo protezione, diritti ed accoglienza degna per tutti i migranti in fuga, dal Nord Africa e non solo.

Invitiamo tutte/i a partecipare all’iniziativa per chiedere

– che la materia dell’accoglienza passi subito sotto il controllo diretto degli Enti Locali, affinché possano riattivare progetti sociali qualitativi coordinati insieme ai soggetti che nelle città sono interessati ad includere
– che venga subito rilasciato a tutti i nuovi migranti provenienti dalla Libia un permesso per protezione umanitaria a prescindere dall’esito della valutazione della Commissione Asilo
– che venga riconosciuto il diritto al permesso per motivi umanitari anche ai cittadini tunisini arrivati dopo il 5 aprile
– che vengano garantiti diritti e percorsi di inclusione certi e definiti

Welcome! Indietro non si torna! Libertà di scelta per tutti i migranti!

Sportello Migranti TPO – Centro sociale TPO – Rete Welcome

Associazione Sokos
Associazione Al-Sirat
Comitato per la solidarietà con i popoli del nord Africa e medio Oriente in rivolta
Invitiamo ad aderire: [email protected]