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Bologna – Un anno dall’apertura del CPT di via Mattei

Intervista all'Avv. Anna Tonioni sulle condizioni di trattenimento nel CPT

Domanda: Durante le tue visite al CPT di Bologna, che idea ti sei fatta del trattamento riservato agli immigrati?

Risposta: Sono entrata diverse volte come avvocato di fiducia o d’ufficio per udienze di convalida di trattenimento.
La struttura è, come tutti questi centri, un luogo dove si verifica una totale sospensione dei diritti delle persone che vi vengono trattenute, nonostante formalmente esista un’udienza di convalida del trattenimento presieduta da un giudice del Tribunale.
Il centro di Bologna è aperto da poco, tuttavia l’esperienza degli ultimi mesi, soprattutto dall’entrata in vigore della Bossi Fini, è assolutamente negativa. Provo a dare qualche dato per capire il numero di persone che passano da questi posti e di come sono trattate. Al cpt di Bologna da ottobre a febbraio sono state fatte 930 udienze di convalida.
Le persone identificate e rimpatriate sono state 929. Sto citando dei dati che sono stati forniti dal Prefetto di Bologna all’onorevole Titti De Simone e all’onorevole Zanotti a seguito di una specifica istanza presentata quattro mesi prima. I trattenuti sono stati 903 di cui 722 uomini e 120 donne. Se si guarda alla nazionalità degli stranieri rimpatriati, possiamo dire orientativamente che la maggior parte di loro erano tunisini, rumeni, marocchini e algerini. Ci sono poi chiaramente presenze di ucraini, turchi, senegalesi, polacchi, eccetera. Secondo quanto riferito dalla Prefettura di Bologna, i rilasciati per mancata identificazione nei termini di legge sono 360. Si dice anche che gli stranieri che hanno fatto richiesta di asilo politico siano stati 12 come pure i ricoveri ospedalieri.
Si tratta di dati molto interessanti, soprattutto se confrontati con il numero degli arresti che sono stati fatti a Bologna per violazione dell’art. 14 comma 5 ter e comma 5 quater del T.U. che rappresentano oltre il 60% degli arresti complessivi dell’intera procura di Bologna.
Il cpt è un luogo dove nonostante esistano dei diritti astrattamente scritti ( tutela dell’unità familiare, alla libertà di culto, al rispetto delle diversità di genere, all’esigenza di esprimersi nella propria lingua), una “carta dei diritti”consegnata al trattenuto appena entra, non sono per quello che io ritengo, assolutamente garantiti.

Faccio un esempio: secondo la convenzione in corso con la Croce Rossa – per la quale ottiene un finanziamento di oltre 2 milioni e mezzo di euro – dovrebbe essere garantita all’interno del centro l’informazione legale, l’interpretariato, la consulenza medico specialistica e la mediazione culturale ma nella realtà non esiste che al momento dell’ingresso al CPT il trattenuto venga immediatamente edotto di tutti i diritti e men che meno che venga portato immediatamente davanti ad un esperto giuridico messo a disposizione dalla Croce Rossa. Le persone che vengono trattenute riescono ad incontrare il responsabile legale solo se chiedono di poterlo incontrare, il che chiaramente accade molto di rado. Questa è una delle ragioni per cui su oltre 900 trattenimenti ci sono state solo 12 richieste di asilo politico e, da quanto mi risulta, nessun programma di reinserimento ai sensi dell’articolo 18 del T.U. è mai stato attivato.
L’informazione legale quindi non c’è, e neppure l’interpretariato. Alle udienze di trattenimento esiste un interprete, ma se devo dire la verità è molto difficile averlo a disposizione durante i colloqui con i trattenuti. Altra questione è quella della consulenza medica: secondo quello che ci dice la Prefettura di Bologna l’ambulatorio medico è aperto 24 ore al giorno, peccato però che nel mese di marzo non tutti i giorni è stata garantita la presenza di un medico. Nel mese di marzo, ad esempio, la dottoressa responsabile è presente dalle 11 alle 15 solo il giorno 3, 6, 11, 14, 18, 21, 25 , ciò significa non solo che non esiste un’assistenza 24 ore al giorno ma che non c’è neppure per tutti i giorni.
Un’altra questione che mostra come siano assolutamente calpestati i diritti di queste persone è ad esempio la negazione del diritto a vedere i propri familiari od amici. E’ prevista la possibilità che all’interno del centro possano accedere i familiari e i trattenuti. Tuttavia la mia esperienza personale è che la domanda per incontrare un familiare non viene mai evasa prima di 3/4 settimane. E considera che il trattenimento è di 30 giorni prorogabile per ulteriori 30.

Un’altra questione molto importante, è la tutela del genere. Nel cpt di Bologna gli uomini e le donne sono divisi e restano continuamente divisi. La zona delle donne è tra l’altro molto più piccola della zona degli uomini. Esiste quindi solo la possibilità di due zone, si pone dunque il problema dei transsessuali, che non si sa bene dove vangano trattenuti nel CPT di Bologna, probabilmente li mandano al Corelli di Milano dove invece esiste una sezione speciale. Anche il rispetto delle diversità di genere rimane pertanto una questione sulla carta. Le persone ovviamente non hanno nessun contatto con l’esterno, se non il telefono che hanno a disposizione con una scheda che viene consegnata loro, però la distribuzione di giornali ed altre cose è totalmente assente.
Non mi risulta nemmeno che i trattenuti siano mai stati informati della possibilità della protezione sociale e dell’inserimento in programmi per quanto riguarda prostitute eccetera.
Infine, nel caso in cui il trattenuto abbia un difensore di fiducia già da prima, questo viene chiamato non appena lo straniero entra nel centro; diversamente, se lo straniero non ha un difensore di fiducia che conosce già da prima è molto difficile che riesca a dare delle informazioni al legale che gli viene assegnato per l’udienza del trattenimento poiché l’incontro trai due avviene solitamente poco prima, dal momento che il difensore non viene nominato e notiziato al trattenuto immediatamente al suo ingresso nel centro. A me è più volte capitato di essere stata chiamata 10 minuti prima dell’udienza, ed è facile capire che acquisire dallo straniero delle informazioni circa il suo stato di salute 10 minuti prima di un’udienza rende estremamente difficile, anzi praticamente impossibile difenderlo. Di conseguenza l’udienza di convalida del trattenimento si risolve veramente in un alibi, in una tutela giudiziaria che in realtà non c’è.
Tornando all’argomento della tutela sanitaria, una delle ragioni che impedisce il trattenimento ma anche l’espulsione è la necessità per lo straniero di sottoporsi a cure mediche. La sua condizione di salute è dunque determinante ai fini dell’espulsione. Quando dunque le persone entrano nel CPT vengono sottoposte ad una visita medica, ebbene, è concretamente impossibile avere a disposizione al momento dell’udienza di convalida del trattenimento la cartella clinica dei trattenuti, cartella che risulterebbe molto utile per impostare una difesa. Se il trattenuto chiede di prendere visione della propria cartella clinica, la risposta che gli viene data è negativa.
Il CPT e’dunque un posto dove non esiste nessun rispetto dei diritti, dove le persone non sono trattenute per avere commesso dei reati ma semplicemente perché non sono in regola con il permesso di soggiorno, quindi per questioni assolutamente amministrative.

D: Quanto dura dunque il trattenimento e come viene effettuato il rimpatriato?

R: La mia esperienza mi ha portato a notare qualche combinazione nei trattenimenti. In altre parole, è molto difficile entrare al cpt e trovare indistintamente un cinese, un bielorusso, un bulgaro, un colombiano, un croato, un equadoregno, mentre è imolto più frequente trovare gruppi di rumeni, ecc. quindi non singole persone ma interi gruppi della stesa nazionalità. Probabilmente questo è dovuto al fatto che vengono eseguite retate e controlli in funzione dell’espulsione.
Credo che si tratti di un luogo dove le persone vengono recluse ai fini dell’espulsione. Sono espulsioni etniche, nel senso che c’è la “settimana del rumeno” in cui il rastrellamento avviene di lunedì perché c’è il volo il mercoledì. Tra l’altro succede anche spesso che queste persone siano rimpatriate prima dell’udienza di convalida del trattenimento. Ciò è possibile secondo la Bossi Fini – e questo punto desta enormi perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale di quella norma – ma la conseguenza concreta è che una persona può essere rinchiusa nel Centro di Permanenza il lunedì, avere l’udienza di convalida fissata il mercoledì ed essere espulsa il martedì … dopodiché può anche essere che il giudice non convalidi il trattenimento ma questa persona si trova ormai nel suo paese di origine.