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Bolzano e il (nuovo) circo dell’orrore

di Ermira Kola e Matteo De Checchi

Partiamo subito da un presupposto, quando si parla di Bolzano, soprattutto negli ultimi tempi (bui), scordatevi lo scampanellio delle mucche, cime innevate, canederli e speck. L’aria è cambiata, da qualche anno, tanto che, a volte, pare di vivere in un circo dell’orrore. Altro che Heidi.

‪Domenica mattina 27 gennaio un ragazzo ghanese di 34 anni, operatore della Croce Rossa all’interno di uno dei centri di accoglienza bolzanini, dà di matto: si spoglia nudo e con una mazza da baseball inizia a danneggiare una serie di automobili parcheggiate fuori dal centro. Un vero e proprio raptus di follia. Nel giro di qualche minuto arrivano le forze dell’ordine, in massa, come consuetudine in una città militarizzata, e il ragazzo viene bloccato, portato in ospedale per le prime cure e spedito in galera nel giro di qualche ora.‬
L’episodio, di per sé, è condannabile ma inserito in un contesto di una persona molto probabilmente affetta da disturbi psichici che si sono scatenati proprio la ‪mattina di domenica‬. Questo ovviamente in un’ottica di razionalità e lucidità intellettuale e sociale che, pare, siano scomparse negli ultimi anni.

Quale occasione più ghiotta per il quotidiano locale, l’Alto Adige, che, nel giro di poche ore, rilancia la notizia con titoloni imbarazzanti acchiappa “leoni da tastiera” e, vista l’alta percentuale di commenti, che per educazione non riportiamo, decide di rilanciare la stessa notizia in Facebook per tre volte nella stessa giornata (con commenti che sfiorano il neonazismo). Si arriva addirittura a parlare di “terrore” nel quotidiano cartaceo di lunedì (28 gennaio) mettendo come foto principale l’auto della polizia imbrattata di sangue (del ragazzo). Un classico esempio di giornalismo dilettante alla ricerca di qualche like in più che non si cura dei danni che crea a livello sociale tra rigurgiti di violenza estrema, machismo da tastiera, razzismo, xenofobia e un’inusitata sete giustizialista modello Ku Klux Klan.

Suonano la carica, manco ce ne fosse stato bisogno, anche i sindacati di polizia che invocano a gran voce l’uso del taser (il ragazzo in realtà è stato fermato in pochi minuti quindi a cosa dovrebbe servire il taser?) appellandosi ai soliti slogan modello “così la città sarà più sicura” in una delle province con il minor numero di reati in Italia e video sorvegliata centimetro per centimetro.

Sorvoliamo il lancio della notizia da parte del ministro dell’interno che, per essere sempre un po’ più avanti degli altri, ha deciso di inserire anche il nome e cognome del ragazzo; stendiamo un velo pietoso sui soliti avvoltoi rappresentanti della destra locale. Restano però, a imperitura memoria, le sconvolgenti dichiarazioni del sindaco di Bolzano, Renzo Caramaschi 1.

Il sindaco della città, evitando evidentemente di informarsi, si butta nella mischia senza pensarci due volte, evocando l’immediata espulsione del ragazzo ghanese, dando così la classica risposta di pancia ad una questione molto delicata.
È certamente più difficile fermarsi e pensare, pensare che l’operatore che domenica ha compiuto quei gesti probabilmente sta male; pensare che è un nostro concittadino e che ci si augura che ognuno dei nostri concittadini stia bene e, se dovesse stare male, avrebbe diritto di ricevere tutto l’aiuto possibile.
Il sindaco si arroga facoltà che non ha, urla, come evidentemente va (troppo) di moda, slogan per accontentare le masse rabbiose.
Ma con chi si è consultato il sindaco sull’espulsione della persona in questione? O la persona in questione nel giro di qualche ora (certo, momenti difficili per chi era presente e si è trovato nella sua traiettoria) si è trasformato in poco più di un oggetto indesiderato? “Non mi piace quell’oggetto quindi lo butto via“, apoteosi del capitalismo disumanizzante e di un potere gretto e ignorante.

Non che ci aspettassimo molto di più dal sindaco di Bolzano, per questo gli riportiamo sotto, per conoscenza, il significato del termine espulsione. Nella speranza che, la prossima volta, invece di ergersi a sceriffo della città, sappia collegare prima una serie di informazioni.

(espulsióne s. f. [dal lat. expulsio -onis, der. di expellĕre «espellere», part. pass. expulsus]. – 1. L’atto, il fatto di espellere o di essere espulso; allontanamento d’autorità o con la forza da un luogo, da un ambiente, in genere come misura disciplinare: e. dalla scuola o dall’aula, da una comunità, da un partito; e. degli stranieri, provvedimento amministrativo disposto dal ministro dell’Interno, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico, o dal prefetto nei confronti di stranieri clandestini o socialmente pericolosi; anche misura di sicurezza applicata dal giudice penale nei confronti degli stranieri socialmente pericolosi condannati per gravi delitti; negli sport a squadre, e. di un giocatore dal campo, decretata dall’arbitro per gravi infrazioni al regolamento di gioco: può essere, secondo i tipi di sport, a tempo determinato (alcuni minuti), o indeterminato (per es., fino alla segnatura di una rete), o per tutta la durata della partita. 2. In senso più materiale, l’atto di emettere, di mandare fuori: e. del bossolo, nelle armi da fuoco; anche dall’organismo: l’e. delle feci, del catarro; e. del feto, nel parto.)

  1. Caramaschi è stato eletto Sindaco nel 2016 dalla coalizione di centro-sinistra https://it.wikipedia.org/wiki/Renzo_Caramaschi, ndr.)

Matteo De Checchi

Insegnante, attivo nella città di Bolzano con Bozen solidale e lo Spazio Autogestito 77. Autore di reportage sui ghetti del sud Italia.
Membro della redazione di Melting Pot Europa.