Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

a cura dell'Avv. Marco Paggi

Bonus bebè – Discriminatoria l’erogazione ai soli cittadini italiani

La previsione è contenuta nel decreto anti-crisi. Intanto il Tribunale di Brescia boccia il ricorso del Comune

Una recente ordinanza del Tribunale di Brescia sezione lavoro che porta la data del 26 gennaio 2009 ha trattato la questione di un ricorso contro la discriminazione lamentata nei confronti del Comune di Brescia da molte associazioni locali, dal Coordinamento immigrati di Brescia e dall’ ASGI, che ha prestato assistenza ad alcuni cittadini immigrati extracomunitari che risultavano esclusi, cosi’ come gli stranieri comunitari, dall’applicazione di una delibera del Comune che istituiva una sorta di bonus bebè a livello comunale.
La discriminazione lamentata attraverso il ricorso era rappresentata dal fatto che questo bonus di mille euro per i nuovi nati era limitato unicamente ai nuovi nati figli di cittadini italiani.
Questa limitazione era stata introdotta proprio con lo scopo dichiarato di incentivare la natalità’ degli italiani visto che, secondo il Comune di Brescia, i cittadini stranieri sono già fin troppo prolifici e quindi ci sarebbe stato il bisogno di livellare il tasso di natalità’ incentivandolo con questo contributo economico di mille euro.

Il ricorso e’ stato accolto dall’ordinanza in quesitone riconoscendo le argomentazioni sottoposte e quindi accertando la discriminazione.
Il giudice non ha mancato di sottolineare che, pur essendo evidente la rilevanza politica della questione in discussione, egli deve solo applicare la legge. Non ha mancato anche di sottolineare, facendo in qualche modo una concessione all’atteggiamento psicologico degli amministratori comunali che hanno votato la delibera, che è difficile riscontrare una volontà’ discriminatoria nella scelta del comune di Brescia, ma ha aggiunto poi che non basta ciò per escludere la realtà’ discriminatoria oggettiva del comportamento denunciato, perché risulta evidente che, la suddetta scelta, determini in concreto una disparità’ di trattamento tra cittadino e straniero a svantaggio di quest’ultimo. Ciò che conta ai fini del giudizio è l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto tra l’atto e il pregiudizio tanto da rendere inscindibile l’atto in quanto tale e l’evento prodotto, ovvero la discriminazione. Ebbene nell’ordinanza del Tribunale di Brescia non si manca di sottolineare che in realtà la finalità dichiarata, quella di incentivare la natalità, di per se non si giustifica, innanzitutto perchè questo bonus bebè non avrebbe potuto in nessun modo favorire la natalità’ dei cittadini residenti a Brescia, visto che questa prestazione di assistenza sociale, deliberata a novembre 2008, è destinata ai nati nel 2008. In sostanza la delibera aveva un’efficacia retroattiva quindi non poteva fungere da stimolo. E poi, soprattutto, perchè la somma di mille euro proposta una tantum non e’ certo sufficiente per incentivare nessun cittadino italiano dotato di un minimo di razionalità a procreare. E’ quindi fin troppo evidente che l’obiettivo di questa delibera non era tanto quello di produrre il risultato di una maggiore natalità per gli italiani ma, di fatto, quello di sancire una discriminazione, di dare un segno. Lo stesso sindaco di Brescia, intervistato, ha ribadito questo concetto: la volontà era dare un segno ai cittadini italiani che ci occupiamo di loro in modo prevalente e che abbiamo più a cuore il loro interesse di quello degli stranieri. Un modo eufemistico per confermare una volontà discriminatoria oltre che un provvedimento oggettivamente discriminatorio.

Dal punto di vista giuridico non c’è molto da aggiungere, essendo fin troppo evidente la discriminazione ed essendo peraltro in linea il ragionamento del giudice di Brescia con la giurisprudenza della Corte Costituzionale che più’ volte ha bocciato provvedimenti legislativi a livello regionale e nazionale improntati ad una discriminazione e che stabiliscono, di fatto, in modo irragionevole, delle differenziazioni, ovvero discriminazioni di trattamento.

Il Tribunale di Brescia si è poi pronunciato nuovamente il 24 febbraio respingendo il ricorso contro l’ordinanza presentato dal Comune.
Ma la cosa più interessante è il fatto che, a seguito dell’ordinanza che ha intimato al Comune di Brescia di rimuovere gli aspetti discriminatori e addirittura di rimettere in termini i cittadini stranieri comunitari ed extracomunitari per poter esercitare, alla stregua dei cittadini italiani, il diritto di ottenere questo bonus, la stessa amministrazione ha reagito rimuovendo la delibera, anzi, dichiarando espressamente che troverà un altro modo per tutelare in modo prevalente i cittadini italiani a scapito dei cittadini stranieri. Anche la finalità di questa nuova iniziativa, la rimozione della delibera per tutti, non è stata quella di adeguarsi ai principi vincolanti enunciati nel provvedimento giudiziario del 26 gennaio 2009, ma esattamente quello di poter seguire il medesimo scopo posto alla base della delibera, con altri mezzi.
Le norme di livello comunitario che sono state violate sono molteplici: il divieto di ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità ed il principio, di cui all’art. 24 della direttiva 38 del 2004 dell’UE , in base al quale ogni cittadino dell’unione che risiede nel territorio di uno stato membro ospitante, gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale stato. In realtà non c’è solo una lesione del diritto comunitario, che com’è noto tutela solo la libertà di circolazione e di stabilimento dei cittadini comunitari, ma anche una lesione dei diritti degli extracomunitari in generale, a partire da coloro che sono titolari di un pds CE di lunga durata, regolato dalla direttiva 109 del 2003 e dal successivo decreto legislativo 109 del 2007, per quanto riguarda l’Italia, che prevede parità di trattamento sotto il profilo della fruizione di tutte le prestazioni sociali, di accesso a beni e servizi, di accesso all’erogazione degli stessi, della possibilità di godere dell’assistenza sociale. Anche per quanto riguarda i cittadini extracomunitari muniti di un normale pds è evidente che c’è una violazione della legge 143 del 1975 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, pur recepita con legge dello stato nell’ordinamento italiano, che sancisce la stessa parità di trattamento e le stesse opportunità tra lavoratori nazionali e stranieri regolarmente soggiornanti. Ciò è espressamente previsto per tutte le prestazioni di sicurezza sociale che includono anche quelle di assistenza sociale regolate dalla legge nazionale o da interventi, come in questo caso, di livello locale.
E’ curioso sottolineare come nella versione italiana della convenzione 143 del 1975 dell’OIL, il termine “sicurezza sociale” venga erroneamente tradotto – anche se la cosa non sembra casuale – con il termine ben più restrittivo di previdenza sociale. Per previdenza sociale si intendono quelle prestazioni che si basano su un rapporto di contribuzione obbligatoria nei confronti degli istituti di assicurazione sociale, mentre per prestazione di assistenza sociale si intendono quelle prestazioni non basate su un pregresso rapporto di lavoro e di contribuzione obbligatoria, ma sulla mera esistenza di circostanze e requisiti previsti dalla legge, da regolamenti o da provvedimenti delle amministrazioni locali.
Le prestazioni di previdenza sociale e quelle di assistenza sociale, messe insieme, formano la categoria delle prestazioni di sicurezza sociale e non vi è dubbio che la convenzione 143 del 1975 dell’OIL facesse riferimento proprio a queste nel suo testo ufficiale che vale, dal punto di vista giuridico, a tutti gli effetti. Il testo ufficiale formulato in lingua francese si fa riferimento alla parità di trattamento nella fruizione di tutte le prestazioni di sécurité sociale. Non solo nel testo, ma anche nel diritto dei paesi francofoni, questo termine indica le prestazione contributive ma anche quelle di assistenza sociale. In inglese lo stesso termine, social security, indica le prestazione contributive e anche quelle di assistenza sociale.

In ogni caso il Comune di Brescia ha reagito, oltre che impugnando l’ordinanza del Tribunale, sezione del lavoro di Brescia, anche rimuovendo la delibera e quindi assumendo un atteggiamento indispettito rispetto alla pronuncia del giudice, togliendo il diritto a questa prestazione anche ai cittadini italiani.

Rispetto a questa condotta l’Associazione per gli Studi Giuridici per l’Immigrazione (ASGI) non ha mancato tempestivamente di inoltrare alla Commissione Europea una doglianza scritta e ampiamente argomentata con la quale si chiede di richiamare il Governo italiano e per esso il comune di Brescia all’imprescindibile rispetto dei principi e delle norme comunitarie: Naturalmente la doglianza inoltrata alla Commissione Europea si fonda sulle norme del diritto comunitario e quindi sulla tutela dei cittadini comunitari e dei loro familiari ma tutta la questione è molto più ampia e coinvolge anche la tutela e i diritti riconosciuti a livello internazionale nei confronti dei cittadini extracomunitari. Per questa seconda parte non è possibile rivolgersi ed ottenere provvedimenti da parte della Commissione Europea e quindi, nell’istanza già inoltrata, si chiede, in caso di mancato adeguamento da parte del Comune di Brescia e di mancato intervento da parte del Governo italiano, di avviare una procedura di infrazione come previsto dall’art. 126 del trattato dell’Unione Europea.

Il bonus bebè previsto dalla legge finanziaria
Le stesse argomentazioni sollevate nei confronti del Comune di Brescia sono valide anche per il rimborso delle spese occorrenti per l’acquisto di latte artificiale e pannolini per i neonati di eta’ fino a tre mesi previsto dalla legge n. 2 del 2009, il cosiddetto decreto anti-crisi. La disposizione del decreto anti-crisi fa infatti riferimento all’art. 81, comma 29, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel quale si prevede l’istituzione di un Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare destinato però solo ai cittadini.
Ricordiamo come già nel 2006 il Governo italiano inciampò sulla questione di un bonus previsto per i nuovi nati (per il secondo figlio in quel caso) destinato ai soli cittadini italiani ma di cui avevano usufruito anche moltissimi cittadini stranieri ai quali venne rinviata erroneamente una lettera che invitava a richiedere il contributo.