Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

C’era una volta l’Europa

Gabriella Guido*, (Left n°34) - 20 agosto 2016

Foto: Frederic Lafargue

Sergio Leone girava nel 1984 un film capolavoro C’era una volta in America. Nel 2016 noi cittadini europei, insieme ai 61 milioni di profughi del mondo assistiamo invece impotenti ad un bruttissimo film, che potrebbe intitolarsi C’era una volta l’Europa.

Da anni oramai le sequenze e le immagini sono le stesse e si succedono senza soluzione di discontinuità. Sbarchi, naufragi, morti in mare, uomini, donne e bambini sopravvissuti, su imbarcazioni fatiscenti, o su rotte balcaniche, la corsa di fronte alla chiusura delle frontiere con gendarmi e barricate, treni di deportazioni, un padre che passa un neonato di notte sotto il filo spinato, che almeno lui si salvi, Aylan tre anni un corpicino inerme sulla spiaggia turca che ha commosso il mondo, lo sgombero di Idomeni e poi i migranti accovacciati sugli scogli di Ventimiglia nel 2015 e poi di nuovo nel 2016 con l’aggiunta delle cacciate dalle chiese, luoghi di riparo e ricovero contro manganelli e procedure che servono a identificare, schedare e respingere, con l’Austria pronta a chiudere il Brennero, possibile via di fuga verso Paesi che ancora vengono visti come civili e democratici, eppoi i summit internazionali, i meeting e i Consigli d’urgenza a Malta, a Bruxelles, a Strasburgo, eppoi Frontex, Easo, e le grandi organizzazioni internazionali che pattugliano il Mediterraneo insieme alla Marina militare italiana mentre – flashback – la neosindaca di Lampedusa, eletta tre anni fa si chiedeva: «Quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?». Grande quanto un sogno, una speranza, o l’unica occasione per sopravvivere, quella che ha portato e continuerà a portare milioni di esseri umani a pagare a caro prezzo il viaggio verso un’Europa che sapeva di salvezza.

Un’Europa che si voleva fondata sui principi di solidarietà, sull’eguaglianza dei diritti, che affermava, probabilmente convinta: «Ogni individuo ha diritto alla vita». Che, citando gli articoli della Carta di Nizza, nessuno può subire tortura, o trattamenti disumani e degradanti, che sancisce il diritto alla libertà e alla sicurezza. Che all’art. 18 riconosce la Convenzione di Ginevra del 1951 e nero su bianco garantisce il diritto all’asilo e lo status di rifugiato. E mentre alle frontiere esterne i conflitti sono sempre più cruenti, ingestibili nonostante le tante rotte politiche ed economiche che si incrociano in Libia, Siria, Egitto, Libano, tanto per citarne solo alcuni, l’Europa sigla un accordo commerciale di svendita dei diritti umani con la Turchia perché impedisca l’ingresso dei migranti in Grecia, Paese diventato una prigione a cielo aperto per oltre 57mila di profughi, il 46% dei quali donne e bambini. Bloccati e reclusi nel limbo di finte procedure umanitarie che non funzionano ma che i politici europei sbandierano ai quattro venti. E, nel frattempo, lo sgretolarsi del patto dei paesi membri, con Brexit.

Mentre oggi, in Italia, agosto 2016, le cronache riportano l’“emergenza” a Milano per tremila migranti presenti nei pressi della stazione, pronti a prendere un treno e attraversare la frontiera, e a Como se ne contano poco più di cinquecento ma quanto basta per paventare l’invasione e l’emergenza umanitaria e sanitaria. A Ventimiglia un poliziotto in borghese urla ai migranti “pezzi di merda” per cacciarli via dalla strada e dai cronisti, mentre il capo della polizia da quel marciapiede dichiara: li collocheremo altrove, intendendo Cie e centri di detenzione, e ricorda il poliziotto morto d’infarto per cause naturali e non certo per colpa dei manifestanti.

Attivisti cha da Udine a Ventimiglia a Roma e fino in Sicilia collezionano fogli di via e capi d’imputazione, a volte solo per aver accompagnato i richiedenti asilo al centro Caritas più vicino.

E – altro flashback – il Sottosegretario all’Interno Morcone, a settembre del 2015 dalle pagine di questo prezioso settimanale, dichiarava che il sistema dei centri di accoglienza straordinaria sarebbe stato superato, che il modello è sicuramente un altro. Ma ancora qui siamo, niente è cambiato anzi molto è peggiorato, come ha avuto modo di denunciare la Campagna LasciateCIEntrare a seguito di continui monitoraggi realizzati da una straordinaria rete di attivisti da anni attivi sui territori e che incontrano i migranti nei centri di tutta Italia, Centri denunciati alle istituzioni da LasciateCIEntrare, poi chiusi dalla Guardia di finanza o dalla commissione di inchiesta, centri ancora gestiti da cooperative in odor di mafia, perché i soldi sono tanti e i migranti, “rendono” e il business non si ferma… Per nessuno.

Ma d’altronde le prefetture si ritrovano con solo il 25% dei Comuni di tutta Italia disposti all’accoglienza, il restante 75% dice quindi No alla presenza di rifugiati. La soluzione saranno gli incentivi, quindi contante cash per i Comuni disastrati o l’obbligatorietà? Intanto, dati alla mano, la fatidica relocation per svuotare Italia e Grecia non ha certo funzionato, nonostante le rosee previsioni e convinzioni. E mentre il nostro inossidabile ministro dell’Interno prefigura hotspot galleggianti, a Bruxelles ci si organizza per l’avvio del corpo di polizia delle frontiere esterne che servirà a contrastare l’arrivo dei migranti.

Insomma, una pessima regia per un brutto film con attori veri. Nei titoli di coda appare una scritta di nuovo conio al posto del classico “The End”: scorre e leggiamo “Migration Compact”, nessuno davvero la comprende, ma alla proiezione a Bruxelles strappa l’applauso finale. Forse sono davvero convinti sia qualcosa di meglio della parola fine.

Migration Compact

È la proposta presentata dal governo italiano all’Unione europea per controllare i flussi di migrazione nel Mediterraneo. Prevede accordi tra l’Ue e i Paesi di origine e transito delle migrazioni (soprattutto africani): soldi e aiuti in cambio dell’impegno a bloccare le partenze. E ancora l’affidamento ai Paesi di transito della decisione sul diritto alla protezione internazionale.