Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

CIE di Gradisca – La denuncia di un operatore: i migranti picchiati dalla Polizia

Perderò il lavoro ma sono felice: quel posto è fuori da ogni criterio umano

Pubblichiamo questa lettera inviata alla redazione del Progetto Melting Pot Europa da un operatore che lavorava all’interno del CIE di Gradisca fino al giorno della sua chiusura. Le sue parole e le sue sensazioni raccontano la realtà dei CIE più di ogni altro racconto.

redazione Melting Pot

Sono un operatore della cooperativa che opera all’interno del CIE. Per motivi che tutti potranno capire, non posso espormi con la firma, però non posso più tacere.
Sono preoccupato perché già siamo in ritardo di mesi nel ricevere lo stipendio e adesso che il CIE si chiude mi chiedo che fine faremo e quando prenderemo i nostri soldi. Però, anche se preoccupato della mia situazione economica, devo dire che mi si è liberato un peso che da tempo avevo nello stomaco. Non riuscivo più ad essere sereno, vedendo ogni giorno come erano trattati gli ospiti.

Mi chiedo: ma nessuno si interessa a loro? Ma come è possibile farli vivere per mesi ammassati in quelle condizioni. Ma sapete quante volte mi sono fatto la stessa domanda: in quello spazio dove l’aria rimane stagnante perché non esiste un vero ricambio, come è possibile evitare che si trasmettano malattie? Come fanno quei disgraziati a lavarsi in quelle docce dove l’acqua stagna nel pavimento? A casa mia mi hanno costretto ad inserire un impianto di aerazione nel servizio igienico perché era privo di finestre; perché per loro i WC non hanno finestre e neppure impianto di aerazione? Ricevono il pasto e lo tengono o per terra o sui tavolini, anche per ore. Ma il cibo rimane sicuro in quelle condizioni? Non hanno armadietti, mettono le scarpe e i vestiti per terra; è forse questa una condizione igienica adeguata? L’unica possibilità di respirare aria non viziata è quella di stare all’aperto dentro a delle piccole gabbie di ferro: ma se permettono ai cani di uscire in strada all’aperto, perché loro non possono loro respirare senza le sbarre?

Tutto il giorno stanno in quelle condizioni senza nessuna possibilità di poter organizzare una partita di calcio o altre cose di questo tipo. E poi pensiamo che all’uscita avranno imparato a essere cittadini rispettosi della Legge?
Mi hanno detto che nelle carceri spetta alla USL intervenire per garantire le condizioni di salute e per dare l’assistenza sanitaria. Perché al CIE no? È diverso da un carcere? Cosa cazzo fa la USL per questi disgraziati?
Sul giornale ho letto che se scappano dal CIE non possono essere per questo condannati, perché non è un reato. Allora perché sono rinchiusi? La Legge non è uguale per tutti? Per quale motivo a loro non sono concessi gli stessi diritti dei detenuti?

E poi consentitemi: tante volte li ho visti picchiati, insultati, minacciati e comunque sempre umiliati. Questo avviene da parte delle forze dell’ordine che quando intervengono vanno giù con la mano pesante.

Io proprio devo dire che sono contento: con le loro rivolte sono riusciti a far chiudere questo schifo di posto. Anche se rischierò il mio posto di lavoro, mi auguro che questo centro non riapra più, perché è una cosa fuori da ogni criterio umano. Mi ricorda troppo quello che ho letto sui lager nazisti.

La lettera è anonima ma la fonte è stata verificata