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CIE di Modena – Liberati Andrea e Senad: la vittoria della ragione

I due ragazzi, nati in Italia da genitori bosniaci, escono dal Cie di Modena dov'erano trattenuti da oltre un mese. Video e commento

La sentenza con cui il giudice di pace di Modena, dott. Cavazzuti, restituisce la libertà ad Andrea e Senad, rinchiusi da oltre un mese nel C.I.E. della città emiliana, apre uno squarcio dirompente sulla normativa italiana in materia di immigrazione, sottolineandone l’inadeguatezza e il carattere contraddittorio e vessatorio, che crea insicurezza e clandestinità anzichè contrastarle.

Il pronunciamento ha dichiarato illegittimo il provvedimento di espulsione, sancendo un precedente importante nel diritto italiano in materia d’immigrazione poiché viene stabilito che la legge Bossi Fini non debba essere applicata a coloro che sono nati in Italia o presunti apolidi”, ha dichiarato l’avvocato dei due ragazzi, Luca Lugari. La paradossale e triste vicenda dei due giovani, nati e cresciuti in Italia da genitori provenienti dalla ex Jugoslavia e spediti dalle forze dell’ordine tra le sbarre della struttura modenese, dopo che i genitori avevano perso il lavoro e conseguentemente il permesso di soggiorno, è sicuramente emblematica.

In Italia sono oltre 500.000 i giovani che, potenzialmente, potrebbero ritrovarsi nelle loro stesse condizioni, e la sentenza rafforza la campagna per la modifica della normativa italiana attraverso l’introduzione del principio dello “ius soli“, in contrapposizione al principio dello “ius sanguinis” che attualmente permea la legislazione in materia. Contemporaneamente, la portata del pronunciamento del giudice di pace di Modena si abbatte come un macigno sulla Legge-Bossi Fini. La stessa legge contestata, all’articolo 13, comma 2bis, prevede alcune attenuanti di garanzia in sede di espulsione lì dove stabilisce che nell’adottare il provvedimento l’autorità debba tener conto della natura e dell’effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonche’ dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine. Pur essendo questa clausola prevista per chi abbia esercitato o beneficiato del ricongiungimento familiare è abbastanza evidente che nel caso di giovani nati e cresciuti in Italia sia difficile individuare la possibilità di essere espulsi verso un paese in cui mai hanno messo piede.
In ogni caso la sentenza di Modena propone una riflessione ben più ampia di quella normativa toccando il quadro legislativo, e potremmo dire anche culturale, nella sua totalità.

Una volta in possesso del dispositivo della sentenza e delle motivazioni che accompagnano e sostengono il provvedimento, sarà cura della redazione del Progetto Melting Pot Europa approfondirne i contenuti, ma alcune riflessioni si possono fare fin da subito.

E’ presto forse per dire se ci si trovi di fronte ad un vero e proprio cambio di paradigma, è chiaro però che, anche grazie alle mobilitazioni di associazioni, comitati, movimenti, si aprono interessanti prospettive, giuridiche e sociali, per l’affermazione di un nuovo concetto di cittadinanza e, conseguentemente, di una profonda quanto necessaria ridefinizione e allargamento della sfera dei diritti.

Se le migrazioni sono, in questo momento di crisi espocale, un potenziale veicolo di acutizzazione della crisi stessa (per la loro intrinseca contraddittorietà, per gli squilibri sociali che comportano, per gli attriti che metteno in campo, per la frammentazione che spesso mettono in gioco), possono in ogni caso ritenersi maturi e necessari i tempi per un salto di qualità su alcuni nodi. Il successo di recenti campagne per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza, pur in presenza di un clima sociale reso pesante dall’acuirsi della crisi, sono lì a dimostrare che, come spesso accade, il paese reale, non quello che si vorrebbe disciplinato e imbonito dalle martellanti operazioni di comunicazione, tese a costruire un clima di diffidenza e di paura nei confronti degli “stranieri”, è culturalmente più avanti degli stessi legislatori.
Riconoscere, una volta per tutte, lo status di cittadino a chi è nato nel nostro paese, garantendo la piena accessibilità ad una sfera più avanzata di diritti , significa andare materialmente oltre determinate categorie, che risultano ormai obsolete e superate, de facto e de jure, dalla realtà pur problematica del tessuto sociale.
Parleremo ancora di “seconde generazioni” o si affermerà, nell’immaginario collettivo e nella normativa giuridica, il concetto di “nuova cittadinanza”? E’ giunto il momento di mandare definitivamente in soffitta Rumbaut, senza rimpianti.

Olol Jackson, Progetto Melting Pot Europa

Il video commento di Andrea, Senad e dell’Avv. Luca Lugari all’uscita dal CIE