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CPR di Torino – Il dissidente turco Deniz Pinaroglu in sciopero della fame

La ricostruzione della sua storia tratta da The Black Post

In seguito ad una richiesta di aiuto, inviataci su uno dei nostri canali social da Deniz Pinaroglu, abbiamo dato voce (dopo averla attentamente tradotta) alla sua lettera di denuncia, indirizzata ai media e alle autorità pubbliche. Il ragazzo turco è detenuto nel CPR di Torino, da ormai circa un mese. Dalle ore 21 del primo settembre ha cominciato lo sciopero della fame, le sue condizioni destano preoccupazione. I suoi compagni di cella che lo vedono ogni giorno, attraverso degli audio inviati dal suo telefono, hanno espresso altrettante preoccupazioni per il suo deperimento fisico.

Ma facciamo un passo indietro: abbiamo ricostruito il suo percorso attraverso la mediazione di una sua connazionale.

Deniz Pinaroglu è un trentacinquenne turco. Come giornalista ed attivista politico di sinistra si oppone al regime di Erdogan. E’ stato accusato in Turchia di aver hackerato dei siti del governo e trattenuto in prigione, dove ha subito violenze psicologiche e fisiche. Tuttavia non è stato mai condannato per questo crimine. Dopo un periodo trascorso in prigione viene liberato, ma non per molto.

Dopo il tentato colpo di stato del 15 luglio, in piena rappresaglia, diretta sopratutto verso i giornalisti, Deniz viene accusato nuovamente di aver insultato il Capo dello stato, definendolo un dittatore, e di aver invitato il popolo a ribellarsi.

Per sfuggire ad una nuova prigionia Deniz ha deciso dunque di scappare. Si è diretto verso l’Europa con mezzi di fortuna, per lunghi tratti semplicemente camminando. Arrivato nei Balcani, precisamente in Bosnia, ha provato ad attraversare il confine croato, così da poter essere in territorio europeo. Il primo tentativo andò fallito e venne rispedito in Bosnia dalle autorità croate. La seconda volta invece si nascose in un tir per passare il confine. In questo tir, nascosti lì con lui, c’erano una famiglia iraniana e dei minori afghani.

Superato il confine italiano, il tir venne fermato a Piacenza per alcuni controlli. Lì la polizia scoprì le persone nascoste e venne portato in questo centro di detenzione a Torino, un CPR, dove avrebbe dovuto passare solo pochi giorni, a detta del poliziotto. Nella sua prima apparizione davanti al giudice Deniz è stato lasciato da solo, senza un’interprete, senza nessuno in grado di tradurgli e fargli capire cosa stesse succedendo. In seguito ha dovuto firmare una richiesta d’asilo in Italia per ovviare all’immediato rimpatrio.

Ieri, dopo la segnalazione, un garante dei diritti umani di LasciateCIEntrare si è recato in loco per prendersi cura del suo caso e assegnargli un avvocato. Sperando in un processo veloce e trasparente, sopratutto tenendo conto del suo sciopero della fame ancora in corso, continueremo a restare in contatto con Deniz e ad aggiornarvi con ulteriori sviluppi.

La lettera di Deniz Resit Pinaroglu

Alla stampa e alla pubblica opinione,

Sono Deniz Resit Pinaroglu, un richiedente asilo dalla Turchia. Sono detenuto da un mese in un campo chiamato CPR a Torino. Sono stato soggetto di una serie di abusi e di pratiche contro la legge. Un poliziotto di Piacenza mi ha fermato e portato qui, in questo campo, ormai due mesi fa. Mi disse che sarei dovuto stare qui solo per 2 giorni. Senza fornirmi un avvocato ed avermi messo a disposizione un traduttore, mi hanno fatto firmare dei documenti in italiano, e mi hanno portato al CPR.

Nella mia prima apparizione davanti a un giudice, è stata decisa la mia permanenza nel campo, senza neanche dare un’occhiata al mio caso.

Ero in cerca di asilo, ma non in Italia. Una volta fermato mi dissero che nel caso in cui non avessi fatto la richiesta di asilo, sarei stato rimpatriato in Turchia, dove sono stato accusato di alcuni crimini, che qui non sono considerati tali. Mi hanno costretto dunque a firmare una richiesta di asilo. Sebbene io abbia comunicato anche il mio indirizzo di residenza, in seguito alla richiesta di asilo, il giudice ha deciso di continuare a tenermi recluso nel campo. I poliziotti e gli altri rifugiati, che sono attualmente prigionieri, mi dicono che il mio periodo di detenzione potrebbe andare da i 6 ai 12 mesi, e nessuno mi ha ancora comunicato quando potrò lasciare il campo. Ho dovuto lasciare il mio paese date le ingiustizie compiute dal mio governo, e per le assurde accuse mosse contro di me. Ora sono detenuto senza alcun titolo dalle autorità italiane. Per protestare contro questa situazione illegale, ho iniziato uno sciopero della fame dal 1 settembre alle ore 21:00. Le condizioni e il cibo qui sono terribili: il bagno, il luogo dove mangiamo e dormiamo, sono un unico ambiente non distinto. Per impedirci di documentare queste condizioni disumane, hanno rotto le fotocamere esterne dei nostri telefoni non appena siamo arrivati. Per un mese ci hanno fatto mangiare pollo secco e pasta fredda. Molte persone soffrono di attacchi di panico e si fanno male tra di loro, o a loro stessi. Le persone sono sottoposte sistematicamente a pressioni psicologiche. Coloro che arrivano sani, lasciano il campo con problemi di salute e mentali.

La richiesta da parte mia, e dalle persone qui, è che chiunque sia in contatto con le istituzioni o con organizzazioni, e si trovi di fronte a questo testo, possa informarle al più presto, invece di rimanere in silenzio ed essere complice in questo crimine contro l’umanità, aiutateci.

Dichiaro di essere in sciopero della fame, fino a quando qualcuno sentirà la mia voce, e sarò libero.

Coloro ce hanno deciso di detenermi qui, sono responsabili di tutti i problemi d salute che avrò in seguito allo sciopero.

– Gli audio sono disponibili al seguente link [ clicca qui ]