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CPT La Verneda: una Guantánamo a Barcellona

Intervista a Hibai, Agenzia per la comunicazione sociale di Barcellona

Lo scorso sabato 11 dicembre, 22 immigrati internati nel centro permanenza temporanea per immigrati di “La Verneda” a Barcellona hanno iniziato lo sciopero della fame cominciato due giorni prima da due cittadini ecuadoriani per protestare contro la loro imminente espulsione.
Domenica 12, altri quaranta detenuti si sono uniti alla protesta, dopo aver saputo dai mezzi di comunicazione che i loro compagni avevano cominciato lo sciopero della fame. Il 18 dicembre tutti gli immigrati detenuti rifiutavano di ingerire alimenti.

La risposta della polizia non si è fatta attendere. Secondo quanto denunciato da un operatore del centro e dalle testimonianze di alcuni immigrati e dei loro familiari gli agenti di polizia in tenuta antisommossa sono intervenuti più volte per fermare la protesta picchiando brutalmente i migranti.
Guillermo C. una delle persone in attesa di deportazione, in sciopero della fame da sette giorni, ha informato per telefono che nello stesso giorno ci sono state tre aggressioni brutali, le donne sono state obbligate a spogliarsi e le minacce e gli insulti erano costanti. Guillermo, mercoledì scorso, è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale per l’evidente stato di denutrizione e le percosse subite.

Agli avvocati che hanno richiesto di poter entrare nel centro non è stato concesso l’ingresso. In un secondo momento la visita è stata accordata, ma alla presenza del direttore del CPT.

La mobilitazione convocata dall’Assemblea per la Regolarizzazione senza condizioni è iniziata non appena si è potuto sapere della protesta in corso ed è continuata per tutta la settimana.

Una cinquantina gli immigrati sono stati espulsi dal centro imbarcati su cinque voli per la Colombia e l’Ecuador.

La prossima iniziativa si svolgerà il 31 dicembre al 17.00 davanti al CPT di La Verneda.

Un tema, quello dei CPT e della libertà di movimento, che sarà al centro della mobilitazione europea del 2 aprile 2005.

Questo articolo è tratto dal sito di Indymedia Madrid.
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