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Campagna LasciateCIEntrare: visita a due CAS siti ad Amendolara (CS)

Foto: LasciateCIEntrare

Amendolara, 22 ottobre 2016
Delegazione costituita da: Luca Mannarino (attivista), Emilia Corea (Ass. La Kasbah), Francesco Formisani (attivista), Luana Amendola (attivista), Maurizio Alfano (attivista).

Foto: LasciateCIEntrare
Foto: LasciateCIEntrare

Sono i dannati della nostra terra, dei nostri tempi, delle nostre “miserie”. Percorrono autostrade nascosti nelle pance degli autoarticolati, navigano mari in tempesta, scompaiono nelle acque buie di un cimitero chiamato mediterraneo. Li discerni solo se davvero vuoi vederli, altrimenti sono “invisibili”, fantasmi che si aggirano in terre straniere, davanti ai supermercati o fermi ai semafori a elemosinare le briciole di un opulento occidente.

Molti dimorano all’interno dei non-luoghi dell’accoglienza, negli incubatori governativi di negazioni e vulnerabilità dei quali molto spesso abbiamo scritto e denunciato il malaffare. E’ strano l’universo dei centri di accoglienza temporanea.
Ci si può imbattere in imprenditori ostili, operatori impreparati, gestori arroganti o intrallazzini. O in situazioni in cui i rapporti di potere si mimetizzano subdolamente con il volto dolce e paternalistico delle istanze umanitarie. E, sempre più spesso, ci chiediamo: perché lo facciamo, perché nonostante la pioggia incessante di minacce e di querele continuiamo a denunciare il malaffare legato alla pseudo accoglienza nei C.A.S. del nostro territorio? Forse, solo, per un tentativo estremo di resistere all’imperante assuefazione alla disumanità di questa nostra inquietante “civiltà”, quella in cui i diritti umani affogano letteralmente nelle acque del mediterraneo.

In data 22 ottobre ci siamo recati in visita a 2 Centri di accoglienza temporanea ubicati nel comune di Amendolara, antichissimo centro di 3000 abitanti della provincia di Cosenza. Lo spostamento di masse consistenti di popolazione ha segnato la vicenda umana e storica anche di Amendolara, il paese dei mandorli.

Abitata sin dal neolitico, passando dagli enotri, dagli achei e dalla dominazione romana, Amendolara è, dunque, la risultanza di mescolanza di culture, di un groviglio di radici ancestrali, di un ibridismo culturale, a dimostrazione del fatto che da sempre l’umanità è migrante! A maggior ragione fanno gelare il sangue i racconti di vita quotidiana all’interno del piccolo centro dell’alto Jonio da parte di alcuni richiedenti asilo con i quali ci siamo intrattenuti a parlare. “La gente ha paura di noi”, affermano, “a molti facciamo schifo, capita che qualcuno sputi a terra quando si trova a passare vicino a noi. Se entriamo in chiesa la domenica e proviamo a sederci vicino ad altri fedeli, questi si scansano da noi”.
A conferma di quanto riferito dai migranti, leggiamo sui quotidiani locali che nel centro vige una sorta di coprifuoco per cui, vox populi, è rischioso passeggiare per le strade del paese dopo le ore 21 perché “branchi di extracomunitari” sono pronti ad assaltare i malcapitati. Li abbiamo incontrati questi “branchi”, ci siamo soffermati un intero pomeriggio a parlare con loro, ad ascoltare le loro storie, a leggere sui loro corpi i segni delle violenze subite negli inferni delle carceri libiche. Abbiamo visto occhi spaventati di ragazzi sbarcati in Italia qualche mese fa, abbiamo ascoltato voci di uomini che ci dicono che è meglio morire in mare che vivere all’interno di terre insanguinate dalla violenza, meglio morire in mare che approdare in un paese che respinge, rifiuta, nega la possibilità di ricucire esistenze annientate dalla sofferenza e dal dolore.

Il Centro di accoglienza straordinaria posto all’interno dell’ex Hotel Enotria, gestito dalla Cooperativa Senis Hospes, ospita poco meno di 100 richiedenti asilo (Nigeria, Mali, Costa d’Avorio, Guinea, Burkina Faso, Etiopia, Egitto, Somalia, Ghana), tra i quali 10 donne, due minori non accompagnati e due nuclei familiari con minori a carico.

Al nostro arrivo veniamo accolti dalla direttrice del centro che inizia a raccontarci della solita ottima accoglienza che la struttura riserva ai suoi ospiti. Il dialogo viene, poi, bruscamente, interrotto dall’altrettanto solita telefonata del presidente della Cooperativa il quale ci chiede di allontanarci dal centro in quanto sprovvisti di autorizzazione. Ci soffermiamo, quindi, a parlare con i ragazzi all’esterno della struttura. Tra le principali criticità, ancora una volta, registriamo la mancanza di un’adeguata assistenza sanitaria. Molti dei richiedenti asilo intervistati raccontano di essere affetti da patologie più o meno importanti.

Foto: LasciateCIEntrare
Foto: LasciateCIEntrare

Un signore ci mostra i piedi scalzi, esageratamente gonfi. Ci dice che, nonostante abbia chiesto più volte di essere accompagnato dal medico, nessuno finora ha ascoltato la sua sofferenza. Altri ci riferiscono di essere affetti da influenze stagionali, da mal di denti, da emicrania, ma che le loro richieste di assistenza sanitaria non vengono prese in considerazione dagli operatori della struttura. Raccontano che tutte le volte che chiedono agli operatori di fornire loro una medicina la risposta è sempre la stessa: “vai via, vai fuori”. Un minore di 12 anni racconta di non essere iscritto a scuola. Lo troviamo seduto su una panchina con in mano un foglio sul quale il padre ha trascritto la traduzione di alcune parole dall’arabo all’italiano. Ci guarda con occhi seri, da bambino cresciuto in fretta, ci dice “voglio andare a scuola, voglio studiare, ho bisogno di imparare la vostra lingua”.

Molte delle persone intervistate riferiscono di avere ricevuto il diniego da parte della Commissione Territoriale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato. L’assistenza legale del Centro, ci riferiscono, è inadeguata. Per questo motivo molti si sono messi in cerca di avvocati sul territorio che li aiutassero nella presentazione del ricorso del diniego avverso la commissione. Così come rilevato nella maggior parte dei CAS finora visitati dai referenti della Campagna LasciateCIEntrare, il cibo rientra tra le criticità principali. Il catering è fornito da una ditta esterna. Le persone intervistate lamentano il fatto di mangiare ogni giorno le stesse pietanze, “maccheroni e tomato”. Ci riferiscono che tutte le volte che hanno provato a protestare per il trattamento ricevuto è stata chiamata la polizia e che alcuni dei ragazzi che hanno provato a ribellarsi sono stati mandati via dal centro.

Foto: LasciateCIEntrare
Foto: LasciateCIEntrare

Ci dirigiamo in seguito verso l’Hotel Grillo, dove da qualche mese sorge un C.A.S. che un C.A.S. non è. All’interno dell’Hotel vengono ospitati, dal mese di settembre, circa 120 migranti di diverse nazionalità (Nigeria, Ghana, Mali, Sudan, Pakistan, Costa d’Avorio, Guinea), tra cui 5 minorenni. Ciò che ci fa ragionare ancora una volta sulla concezione dell’accoglienza, oltreché del rispetto della dignità umana, di talune prefetture, è la situazione giuridica in cui versa la struttura.

Tutti i ragazzi, ci racconta l’amministratore della Pamag Srl, società proprietaria della struttura, sarebbero dovuti rimanere ospiti dell’hotel per soli 3-4 giorni per poi essere trasferiti in un vero e proprio centro di accoglienza in cui avrebbero potuto ricevere tutti i servizi e l’assistenza previsti dalla legge. E invece, si ritrovano da due mesi in una struttura, pagata dalla Prefettura di Cosenza, che non eroga loro alcun servizio, semplicemente perché giuridicamente non è tenuta a farlo.

Tutti i migranti intervistati raccontano che non è stato loro fornito alcun capo di abbigliamento, molti hanno addosso ancora la tuta che è stata loro consegnata al momento dello sbarco. Alcuni indossano ciabatte spaiate, altri sono a piedi scalzi. Nessuno di loro, riferiscono, ha ricevuto il pocket-money.

Un ragazzo racconta di avere un pacemaker e di avvertire forti dolori durante la notte. Si denudano davanti ai nostri occhi per mostrarci i segni di cicatrici, piaghe, cisti. Il cibo, ci dicono, è immangiabile. Viene loro somministrato mezzo bicchiere di latte e un biscotto a colazione, pasta e pomodoro a pranzo e a cena.

Una settimana fa un richiedente asilo ospite dell’hotel è stato portato in ambulanza al pronto soccorso di Corigliano e in seguito ricoverato. Lo stesso lamentava una serie di dolori da diversi giorni, ma nessuno si era curato delle sue sofferenze. Il giorno successivo, in preda alla disperazione, i richiedenti asilo avevano deciso di dirigersi a piedi fino a Cosenza per chiedere di essere ascoltati dal Prefetto, decisione in seguito rinviata.

Ci chiediamo ancora una volta, come sia possibile che vite tanto provate dalle sofferenze subìte vengano scaricate come se fossero dei pacchi all’interno di una struttura priva di qualsiasi forma giuridica. Tuttavia, spesso i pacchi viaggiano con la dicitura “fragile” o “maneggiare con cura” quale raccomandazione affinché siano protetti e messi in mani sicure.

Nel caso delle persone ospitate nei centri di accoglienza straordinaria le “mani sicure” sono sempre le stesse, quelle che “maneggiano con cura” l’enorme business creato sulla pelle dei migranti!

Campagna LasciateCIEntrare

La campagna LasciateCIEntrare è nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e nei C.A.R.A. (Centri di accoglienza per richiedenti asilo): appellandosi al diritto/dovere di esercitare l’art. 21 della Costituzione, ovvero la libertà di stampa, LasciateCIEntrare ha ottenuto l’abrogazione della circolare e oggi si batte contro la detenzione amministrativa dei migranti continua »