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da Liberazione del 20 gennaio 2004

Carabinieri dei Nas al Cpt di Bologna, migranti “drogati” per non ribellarsi? di Stefano Galieni

Strane sostanze nel sangue dei detenuti del centro. Scatta l'indagine della procura

Forse, finalmente, uno spiraglio di luce si sta per aprire in uno degli aspetti più inquietanti che regolano la vita dei migranti costretti nei centri di permanenza temporanea. La perquisizione effettuata venerdì scorso da un nucleo di Nas di Parma, nel centro di Via Mattei a Bologna, è durata oltre 5 ore, ancora non se ne riconoscono i risultati e la Procura è ben attenta a non lasciar trapelare indiscrezioni.

La storia inizia a dicembre, quando due cittadini equadoregni vengono rilasciati, su istanza dei legali Alessandra Ballerini e Marco Vano, in quanto il decreto che ne decretava l’espulsione veniva respinto. Nel corso dei colloqui i due lamentavano di aver sofferto, per tutto il tempo della loro detenzione, di sonnolenza, soprattutto dopo l’assunzione dei pasti e che la loro condizione risultava simile a quella degli altri reclusi. Esami clinici effettuati presso un laboratorio privato, davano risultati estremamente gravi. Nel sangue dei due venivano trovati, a distanza di 15 giorni dal rilascio, quantitativi ingenti di fenobarbitale assunto mediante un prodotto farmaceutico, Gardenale, un antiepilettico.

Il farmaco in questione non è reperibile sul mercato se non mediante apposita e documentata prescrizione medica, le tracce che lascia nel sangue non restano di solito che per 24 al più 48 ore, tanto è che chi ne fa uso corretto è costretto a non interromperne mai l’assunzione giornaliera. Il dosaggio presente risultava superiore a quello di chi, appunto ne fa uso continuato. Altrettanto forte era la concentrazione di carbamazzepina, altro sedativo. Quasi in contemporanea, un terzo recluso manifestava gli stessi sintomi, identiche anche le sostanze riscontrate nel sangue. Quanto basta per far si che partisse una denuncia nei confronti dell’ente gestore del centro. Il pubblico ministero Cieri, visti gli atti, ordinava la perquisizione a cui peraltro partecipava direttamente. Del resto sono numerose le segnalazioni che giungono in tal senso da buona parte dei Cpt: l’utilizzo, a volte volontario, a volte indotto ma spesso neanche comunicato, di sostanze sedative, sembra far parte del patrimonio comune di tali istituzioni. Un modo per evitare il ripetersi continuo e inevitabile di sommosse, rivolte, atti di autolesionismo, tentativi di fuga.

Nei giorni scorsi il Cpt di Milano è stato teatro di uno sciopero della fame di protesta dopo che uno dei detenuti aveva denunciato di aver subito un pestaggio da parte delle forze dell’ordine. Nonostante le evidenti ferite riportate gli era stato rifiutato il ricovero in ospedale. Ieri l’ennesimo dramma: sempre da Milano si stava procedendo all’imbarco forzato di un altro cittadino espulso malgrado avesse in Italia l’intero nucleo famigliare compresa una figlia di 4 anni. Per evitare il rimpatrio, appena imbarcato ha inghiottito buona parte di un flacone di medicinali, il pilota dell’aeromobile si è rifiutato di partire con un passeggero in pericolo di vita.

Da quanto denunciato, al passeggero veniva effettuata una dolorosa lavanda gastrica in una sala medica dell’aeroporto, seguiva un vero e proprio pestaggio e il ritorno nel Cpt del capoluogo lombardo dove è tuttora trattenuto. Storie del genere sono in questi giorni la normalità: arrivano da Caltanissetta, da Roma: si rimpatriano le persone senza dare il tempo di provvedere neanche al ricorso contro il provvedimento, senza pensare ai destini che si spezzano.