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Carovana In Europa oltre i nuovi muri 2013 – Prima tappa Zagabria

Diritto d'asilo, detenzione e primi effetti dell'ingresso della Croazia nell'UE

CIE di Jezevo Zagabria Croazia

Prima tappa della Carovana “In Europa oltre i nuovi muri”: Zagabria.
Dopo aver goduto dei tanto attesi cevapcici e pljeskavice – la tipica carne speziata il cui gusto e presenza nei nostri stomaci non ci abbandoneranno fino al rientro – incontriamo Tea e Prince del Centro Studi per la Pace. Il Centro è un’organizzazione non governativa che promuove il cambiamento sociale collegando istruzione, ricerca e attivismo.
Il “Dobrodosli” (Benvenuti) c’è lo dà Prince, che in un croato perfetto ci racconta di esser arrivato in Croazia dalla Nigeria nel 2011. Come per molti altri migranti in fuga dalle proprie terre, la sua destinazione non era quella, bensì “qualunque luogo via dalle persecuzioni” (e quindi questo luogo non poteva essere nemmeno la Libia di Gheddafi morto da poco e della caccia al nero)
E allora la destinazione diventa, grazie a 600 euro pagati ad un pescatore, l’Europa.
L’imbarcazione su cui viaggia viene avvicinata, dopo 3 giorni di navigazione, da una motonave delle forze dell’ordine, proprio quando all’orizzonte si intravede la terra ferma.
La scritta sulla nave conferma la speranza: è l’Italia! Ma qualcuno in divisa, con un megafono, intima all’imbarcazione di tornare indietro. Puntano le armi e minacciano di affondare la barca. I profughi si trovano così a dover navigare per altri tre giorni, fino ad approdare a Spalato (Croazia). Lì Prince viene trattenuto per 3 ore, il tempo di formulare la domanda di asilo e di venir trasferito a Kutina, uno dei due centri per richiedenti asilo della Croazia (l’altro si trova a Zagabria)

Prince è uno dei 40 rifugiati che, assieme ai 48 beneficiari di protezione sussidiaria, formano il gruppo di 88 persone che ad oggi, dal 2004, anno di emanazione della prima legge croata sul diritto di asilo, hanno ottenuto la protezione internazionale.
È Tea a spiegarci che di fatto la legge non è entrata in vigore fino al 2010: da quel momento c’è stata un’impennata delle domande di asilo che la dice lunga anche sulla ripresa della cosiddetta “rotta balkanica”: 290 richieste nel 2010, 890 nel 2011 e quasi 2000 nel 2012.
Il “CARA” di Kutina aveva una capienza di 150 persone, ma le pessime condizioni igieniche, la cattiva gestione e la non accettazione del centro da parte degli abitanti delle cittadina ne hanno determinato la chiusura temporanea. Da lì, il trasferimento di tutti i richiedenti asilo al centro di Zagabria, che ha una capienza di 250 persone, ma che attualmente ne ospita solo 80.
In Croazia la percentuale di riconoscimento di una forma di protezione è molto bassa: a decidere è una commissione ministeriale formata da 7 giuristi.
Una delle difficoltà, ci dice Prince, è che le prime dichiarazioni dei richiedenti vengono rilasciate alla Polizia e, viste le drammatiche esperienze che la maggior parte di essi hanno con la polizia dei loro paesi di provenienza, c’è paura e diffidenza nei confronti della divisa, cosicché gli elementi forniti nei racconti risultano spesso vaghi e limitati.
Per chi ottiene la protezione, scarse sono anche le possibilità di trovare un’occupazione, nonostante siano state attivate alcune borse lavoro: delle 88 persone che hanno ottenuto la protezione internazionale, solo 5 hanno trovato un’occupazione. Un dato connesso anche alla significativa crisi occupazionale che da anni sta colpendo la Croazia, crisi che a sua volta contribuisce a un aumento significativo del razzismo e degli episodi di xenofobia.

Le previsioni per il 2013 indicano un ridimensionamento del numero delle domande di asilo. Tea ci spiega che dall’ingresso della Croazia in Unione Europea, è in atto un controllo serrato delle frontiere con la Serbia e la Bosnia Erzegovina in collaborazione con Frontex – l’agenzia europea per il controllo delle frontiere. Per lo stesso fine è anche prevista la costruzione di due nuovi centri di detenzione (non centri per richiedenti asilo) ai confini con i due paesi.
Un centro di identificazione ed espulsione è già attivo a Jezevo, a pochi chilometri da Zagabria. Ha una capienza di 100 persone, ma i trattenuti sono 25, di cui 15 sono richiedenti asilo. Il centro presenta le stesse caratteristiche di altri centri, in linea con le direttive e le volontà europee. Un muro di cinta alto 4 metri, l’isolamento (Centro Studi per la Pace ha l’autorizzazione per soli 4 ingressi all’anno), la gestione della Croce Rossa. Elemento nuovo (almeno per noi) è che il muro perimetrale e un cancello sul retro del CIE croato danno sul parcheggio di un autogrill lungo l’autostrada: efficiente soluzione per la deportazione.
Sui due futuri centri ai confini con Serbia e Bosnia non si hanno informazioni, ma dati i numeri di presenze al CIE attualmente in funzione, la sua capienza e il numero di espulsioni attuate (raccontate come eventi rari negli anni) appare evidente che queste nuove strutture sono destinate al flusso di potenziali richiedenti asilo. Dai prossimi incontri della Carovana Avremo maggiori informazioni su questa pressione per trattenere i migranti fuori dall’area Schengen.
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