Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
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Carovana No CPT verso Bari il 10 e 11 luglio

Per la libertà, contro la barbarie

Sbaglia chi afferma che i CPT vanno chiusi perché in questi anni non hanno funzionato.
I CPT devono essere chiusi, cancellati dalla legislazione e dalla storia, perché purtroppo hanno funzionato benissimo.
L’introduzione della detenzione amministrativa, senza reato e senza processo, per i migranti in condizione “irregolare” è infatti servita a ridefinire in termini di discriminazione e di esclusione lo statuto della cittadinanza e dei diritti-doveri ad essa collegati, non solo nel nostro Paese, ma nell’intero spazio politico e giuridico della cosiddetta “Fortezza Europa”.
L’istituzione dei Centri detentivi è servita a reintrodurre la possibilità giuridica e materiale di interdire la libera circolazione e di deportare, in forma sia individuale che collettiva, donne e uomini privati di ogni fondamentale diritto.
Le violenze e gli abusi, che costellano la quotidiana gestione di questi luoghi dello “stato d’eccezione”, non sono incidenti di percorso, ma le prevedibili conseguenze dell’arbitrarietà poliziesca ad essi connaturata.
Inoltre il “salto di qualità” che oggi osserviamo attorno all’istituzione totale CpT è evidente: oggi essi costituiscono un dispositivo di disciplinamento del precariato migrante, quindi insistono, con estrema violenza, sulla volontà di controllo e regolazione della forza lavoro che attraversa l’Europa.

Se oggi può prodursi lo straordinario evento del forum di Bari del prossimo 11 luglio, con il pronunciamento corale dei presidenti di tredici regioni italiane, è perché fin dalla loro istituzione nel nostro Paese, avvenuta con l’approvazione da parte dell’allora maggioranza parlamentare di centrosinistra della legge Turco-Napolitano sull’immigrazione, i CPT hanno incontrato sul loro percorso straordinarie resistenze.
La resistenza di migliaia di migranti ha affermato un insopprimibile desiderio di libertà, praticando, spesso con successo, il legittimo diritto alla fuga.
Così come la resistenza di centinaia di attiviste e attivisti dei movimenti ha affermato il primato della giustizia sul Diritto, praticando in forme e modi diversificati la legittima disobbedienza nei confronti di una legge ingiusta.

A partire dal 24 ottobre 1998, quando a Trieste l’iniziativa dei movimenti ha ottenuto, dopo le cariche della polizia e l’ingresso di decine di testimoni nell’area proibita di Porto Vecchio, la chiusura di uno dei primi CPT creati dall’allora governo D’Alema, in una sequenza ininterrotta di delegazioni, denuncie pubbliche, manifestazioni, blocchi, smontaggi e sabotaggi materiali.
Da quella straordinaria prima iniziativa di Trieste, le resistenze si sono moltiplicate e articolate: in mille forme, dalla Sicilia a Torino, da Roma a Milano, molte realtà da fuori hanno attaccato il “normale” funzionamento dei moderni lager. Da dentro, i rinchiusi, hanno espresso in ogni modo il rifiuto della loro condizione imposta: dagli scioperi della fame alle rivolte, dal passaggio di informazioni con l’esterno alle evasioni. E’ nata proprio tra le sbarre dei lager una nuova soggettività migrante, che organizza nel sabotaggio del meccanismo dei CpT, il proprio “esodo” dalla società del controllo e dello sfruttamento.

Spesso il calendario si diverte a giocare scherzi, che producono paradossali effetti simbolici e pratici: il prossimo 13 luglio, solamente due giorni dopo il Forum di Bari, si svolgerà a Trieste il processo d’appello nei confronti di otto attivisti che hanno già subito condanne a pesanti pene detentive, un anno di carcere per quell’episodio, per la loro azione a favore dell’umanità. Ma sono decine i processi e le inchieste in corso, con centinaia di imputati ed indagati per reati connessi alle campagne contro i CPT. Così come sono centinaia i procedimenti a carico di migranti che si sono ribellati a quel circuito detentivo.

Diventa perciò naturale portare a Bari la richiesta di una generale amnistia per i reati commessi da quanti all’esterno si sono generosamente battuti contro questa barbarie e da quanti all’interno hanno cercato di resistervi, come necessario corollario della rivendicazione della chiusura di questi luoghi illegittimi e della legittimità di tutte le forme di conflitto, messe in campo per ottenerla.

Chi oggi afferma, soprattutto da ruoli istituzionali importanti del nostro Paese, la necessità della chiusura dei CPT, perché luoghi indegni della civiltà, non può eludere il fatto che quanto viene affermato oggi è stato reso possibile da chi in questi anni ha mantenuta aperta questa contraddizione, spesso di fronte alla latitanza del ceto politico di centrosinistra.

Se vogliamo evitare di ridurre l’evento di Bari alla pur sacrosanta scrittura di uno dei punti irrinunciabili del futuro programma di governo del centrosinistra o, peggio, ad una pur comprensibile anticipazione della campagna elettorale per le politiche del 2006, è decisivo non rinviare ad allora la possibilità di rendere concreto l’obiettivo della chiusura dei Centri di detenzione. Di fronte alla lenta agonia di un governo privo del consenso della maggioranza del Paese, è del tutto credibile la pretesa che almeno i CPT realizzati negli ultimi mesi o in via di realizzazione non vengano aperti, in attesa di un deciso cambio di rotta nelle politiche di governo.

La lotta contro i CpT non rappresenta unicamente il giusto ed umano rifiuto di una inciviltà: essa è anche un nodo fondamentale della lotta generale del precariato sociale contro uno dei meccanismi più autoritari e violenti di sfruttamento messi in campo dal neoliberismo globale. La lotta contro i CpT non è quindi solo una lotta antirazzista. E’ una battaglia contro lo sfruttamento di tutt@.

Amnistia per chi lotta contro i CPT e per chi ne è stato vittima, chiusura di tutti i lager e moratoria dell’apertura di nuovi Centri di detenzione sono gli obiettivi che vogliamo portare con noi a Bari, come patrimonio comune di una Carovana di migranti, attivisti e amministratori locali che hanno condiviso nel Nordest terra di frontiera, lungo le sponde dell’Adriatico, da Trieste a Gorizia, da Bologna e Modena fino alle Marche, dove le lotte hanno finora impedito la costruzione di nuovi lager, fino ai porti del Mediterraneo, le mille forme di questa battaglia di libertà. Con la proposta che sia proprio il forum di Bari ad indire, per fine settembre su questi obiettivi, una grande giornata di mobilitazione, a Nord e a Sud, con due manifestazioni che circondino i futuri lager di Gradisca d’Isonzo e Bari San Paolo, per ottenere che proprio in quei luoghi non vengano mai messe in funzione quelle vergogne che in questi anni abbiamo conosciuto.

Noi ci saremo l’11 luglio, consapevoli di quanto, assieme a molti altri, abbiamo fatto fino a oggi, ma anche consci che ogni giorno in più di esistenza di questi luoghi di barbarie porti con sé troppe storie di vite negate e di sofferenze patite, da parte di quelle persone che, aspirando a una vita che valesse la pena di essere vissuta, si sono ritrovate rinchiuse senza un perché nelle Guantanamo italiane.

CAROVANA NO CPT – per L’AMNISTIA – per la Chiusura dei LAGER – per la MORATORIA di quelli in costruzione

Prime adesioni:

Alessandro Metz, consigliere regionale verdi Friuli Venezia Giulia
Gianfranco Bettin, consigliere regionale Verdi Veneto
Luana Zanella, deputata Verdi
Beppe Caccia, Verdi/Rete del Nuovo Municipio
Hotel Esilio occupato – Monfalcone
Ass. Difesa Lavoratori fed. RDB nordest
Ass. Razzismo Stop – Nord est
Ya Basta – Nord est
Casa delle Culture – Trieste
Officina Sociale – Monfalcone
Centro Sociale Clandestino – Gorizia
Comitato per il superamento di via Anelli – Padova
Caffè Esilio – Padova
Centro sociale Pedro – Padova
Centro sociale Rivolta – Mestre
Laboratorio Morion – Venezia
Copyriot – Padova
Casa delle Culture – Trieste
Officina Sociale – Monfalcone
CSO Clandestino – Gorizia
Ass. Nash Mir – Mestre
TPO – Bologna
Ya Basta – Bologna
Lab AQ16 – Reggio Emilia
Caffè Babele – Reggio Emilia
Ya Basta – Parma
Laboratorio occupato PAZ – Rimini
Comunità resistenti delle Marche
Ya Basta – Marche
Ya Basta – Milano
Abitanti delle Case di plastica – Milano
Action – Milano
Stefano Mencherini, autore “Mare nostrum“, regista
Rai
Ya basta! – Genova
C.S.O.A.Terra di Nessuno – Genova
Lab.Buridda – Genova
Ya Basta – Torino
Enrico Morricone, consigliere regionale Verdi Piemonte