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Cassazione: i Giudici devono valutare le diverse circostanze che determinino una situazione di “vulnerabilità” e analizzare, in caso di significativo legame, anche il Paese di transito (Libia)

Corte di Cassazione, ordinanza n. 2960 del 7 febbraio 2020

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2960 del 7.2.2020, accogliendo i primi motivi del ricorso presentato da un cittadino del Gambia e ritenendo assorbiti gli altri, ha annullato la precedente sentenza della Corte di Appello di Bari con cui era stata rigettata la domanda di protezione internazionale.

La decisione rimarca l’importanza della necessità di analizzare, in sede amministrativa o giudiziale, le condizioni del paese di transito del richiedente protezione, allorquando la parte abbia evidenziato un legame significativo con tale Paese.

Inoltre sottolinea la necessità di analizzare la protezione umanitaria in maniera autonoma e distinta dalle forme di protezione internazionale e su base soggettiva.

La Corte, in particolare, afferma che anche se l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al Paese di origine o alla dimora abituale ma solo ove si tratti di un apolide, tuttavia se il richiedente evidenzi e alleghi una connessione tra il transito attraverso un Paese (nella specie la Libia) si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, tale elemento non può costituire di per sé una circostanza irrilevante ai fini dell’esame della sua domanda di protezione, tanto più che possono (dir. UE n. 115 del 2008, art. 3) esservi accordi comunitari o bilaterali di riammissione, o altra intesa, che prevedano il ritorno del richiedente in tale Paese (arg. ex Cass. 6 dicembre 2018, n. 31676; Cass. 20 novembre 2018, n. 29875; Cass. 6 febbraio 2018, n. 2861).

Inoltre, afferma la Corte di legittimità, il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, in relazione alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di “vulnerabilità”, da effettuarsi su base oggettiva e, se necessario, previa integrazione anche officiosa delle allegazioni del ricorrente, in applicazione del principio di cooperazione istruttoria, in quanto il riconoscimento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie deve essere frutto di una valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, attesa la strutturale diversità dei relativi presupposti (vedi, per tute: Cass. 18 aprile 2019, n. 10922).

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Corte di Cassazione, ordinanza n. 2960 del 7 febbraio 2020