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Cassoni e containers

Un tour in tre tappe sui luoghi del lavoro bracciantile a Saluzzo

Photo credit: Giacomo Vittone

Un silenzio diffuso

Hub è un termine assai di moda e, nella sua accezione più diffusa negli ultimi tempi, sta ad indicare un centro vaccinale. Desta curiosità il fatto che l’hub di Cuneo sia stato allestito al Movicentro, ovvero nei pressi della stazione ferroviaria, e quello di Saluzzo al PalaCRS (noto anche come “PalaMucca” perché vi si svolge la tradizionale esposizione bovina) presso il Foro Boario.
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Entrambi luoghi legati alla presenza stagionale dei braccianti africani: il sottopasso della stazione di Cuneo più volte occupato e sgomberato l’anno scorso, l’area del Foro Boario nel 2020 presidiata dall’esercito per impedire accampamenti abusivi, le porte del PAS chiuse causa Covid.

Sarà un caso, resta il fatto però che entrambi i luoghi saranno così presidiati in queste settimane che tradizionalmente vedono l’arrivo dei primi aspiranti lavoratori delle campagne senza fissa dimora. Per loro la salute non è un diritto, il Covid una brutta rogna che peggiora una condizione di precarietà insostenibile.
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Mentre si fa un gran parlare delle gelate tardive che avrebbero compromesso dal 50 al 90% del raccolto annuale, la solita indifferenza e diffidenza circonda gli uomini infreddoliti a piedi o in bici che cominciano a spostarsi in città e nei paesi limitrofi.
Abbiamo fatto un giro nei siti dell’accoglienza diffusa e degli insediamenti informali.

A Manta l’area lungo il muro del cimitero è vuota, a Verzuolo i containers sono fatiscenti, grossi cavi elettrici scollegati pendono da un albero, una bombola del gas è stata dimenticata l’inverno scorso. A Lagnasco fanno impressione i cassoni blu del Lagnasco Group che sovrastano, da un lato, i containers dell’accoglienza ufficiale con i vetri rotti e i letti ancora con foto e nomi di chi li ha occupati fino a novembre inoltrato, adesivi gialli e neri lì dall’anno scorso, beffardamente, comunicano che l’ambiente è stato sanificato. Dall’altro lato, verso il cimitero, i cessi e le docce aperti e la tettoia con resti di fuochi dove erano accampate abusivamente 70 persone sempre disponibili alla chiamata del padrone.

Ormai neanche più il Covid può considerarsi un’emergenza e le gelate non saranno certo un deterrente per l’arrivo di lavoratori provenienti da altri ghetti d’Italia.
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Warning

Verranno rimossi tutti gli oggetti abbandonati su suolo pubblico (sacchi, borse, ecc.). Vi invitiamo a portare via gli effetti personali.” Il solito, odioso, avviso trilingue non firmato ammonisce i braccianti. Appiccicato ai muri dell’edificio di proprietà comunale ingabbiato con discutibile gusto carcerario là dove da anni i portici offrivano riparo a decine di uomini giunti a Saluzzo per la raccolta. L’intervento, ironicamente spacciato per ristrutturazione edilizia, pare faccia parte di un più ampio progetto di riqualificazione della zona ma Intanto si comincia con le gabbie! Al di là della reale utilità dell’operazione, il pensiero non può non correre alla presenza dell’esercito al Foro Boario l’anno scorso, ai muri nella stessa area l’anno precedente, alle puntuali ordinanze anti-bivacco, alle ruspe, etc… “Warning” anziché “Welcome”.
Una signora gentile porta da mangiare ai gatti che si aggirano per la strada antistante.

Mentre ci spostiamo verso il centro notiamo degli enormi manifesti sui quali campeggia un distinto signore in tenuta da contadino con una cassetta di frutta in mano e la scritta: “Se ti facciamo domande è perché meriti risposte”. La campagna promozionale del Censimento Generale dell’Agricoltura. Non sembra essere questa garbata motivazione a muovere gli uomini in divisa al lavoro in questi giorni per controllare i primi arrivati che si riuniscono a piccoli gruppi nei soliti luoghi per creare relazioni e cercare una sistemazione per la notte.
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Il parco di Villa Aliberti, verdissimo sotto un bel sole primaverile, è assai frequentato fino al tardo pomeriggio: bambini che giocano, pensionati e migranti africani che chiacchierano sulle panchine, gente che porta a spasso il cane. Incontriamo un signore del Ghana appena giunto a Saluzzo dalla Calabria per cercare lavoro: non parla italiano, deve fare una ricarica del cellulare ma non sa dove andare, ci dice di essere ospite di conoscenti. Una ragazza che abita nel palazzo affacciato sul parco teme che si ripeta quanto accaduto l’anno scorso: “E’ una vergogna che tutte queste persone siano costrette a dormire all’aperto. Dopo tanti anni non si è ancora trovata una soluzione.” è la sintesi del suo discorso. “Ma non tutti la pensano così – aggiunge – C’è chi li vorrebbe semplicemente mandare via, perché la loro presenza dà fastidio.” E la destra, neanche troppo nascosta dietro un sedicente comitato di quartiere, prova a cavalcare l’onda.

Anche sotto i portici del palazzo vicino, nei giorni scorsi, erano comparse delle reti per impedire l’accesso ad un inesistente cantiere. Sono state misteriosamente rimosse in brevissimo tempo.

La nostra visita si conclude nel parcheggio del cimitero in fondo al quale c’è la ex casa del custode che non ha ancora trovato un nome che ne indichi la ormai storica destinazione a centro di accoglienza per i braccianti e, da quest’anno, info point del progetto FAMI Buona Terra. Dall’altro lato della strada campeggia il logo giallo della Coldiretti sul muro grigio della sede saluzzese. L’ingresso del parcheggio sotterraneo adesso e sgombro ma l’anno scorso era pieno di cartoni, coperte e biciclette.
Any abandoned item on public property will be removed…

Fuori terra

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Oltre il guard-rail di una delle tante rotatorie che immettono in città, non passa certo inosservata la distesa pulita e ordinata di vasi in plastica che si perdono a vista d’occhio nella campagna circostante. Un impianto all’avanguardia per la produzione fuori terra di mirtilli, 21 mila piante con sistema di copertura e irrigazione all’avanguardia che hanno sostituito i vecchi susini che prima affondavano le loro magre radici su un terreno esausto.

L’agricoltura industriale ormai ha definitivamente rinunciato al rapporto con la terra, a Saluzzo come altrove… contano il know-how, la tecnologia, i brevetti, le ricerche di mercato, gli investimenti e gli incentivi. Il fattore umano passa in secondo piano, la manodopera è un elemento imprescindibile ma anche l’unico sul quale l’imprenditore può facilmente speculare a proprio vantaggio.

I mirtilli, ma i piccoli frutti in generale (lamponi, ciliegie, fragole), hanno sostituito altre produzioni meno redditizie, le pesche in particolare, anticipando al mese di giugno l’inizio della stagione della raccolta che si prolungherà fino a novembre con i kiwi e le varietà di mele tardive. I terreni più favorevoli sono quelli alle pendici della valle Po, zone fresche e terreni acidi, ma ormai gli impianti si stanno allargando verso la pianura e con l’aiuto della chimica si può facilmente modificare la struttura del terreno o addirittura fare a meno del terreno stesso.

La “Via dei Boschi” che da Saluzzo conduce in valle Po, in questi giorni, è particolarmente trafficata da uomini in bicicletta che vanno cercando un ingaggio, la sagoma del carcere che spunta dai campi di mais e il Monviso coperto da nuvole nere. Nel cortile di una cascina tre lavoratori africani aspettano con dei fogli in mano che arrivi il padrone per fargli il contratto: la fotocopia dei documenti e del codice fiscale, la paga oraria è quella che tutti sanno, l’importante è presentarsi nel luogo e all’ora stabiliti, non importa dove ha passato la notte il lavoratore.
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Alle porte di Martiniana Po, 700 abitanti con una presenza straordinaria di cittadini stranieri, cinesi e africani soprattutto, due braccianti spingono le loro biciclette cariche di borse della spesa per una strada in salita che porta verso la parte alta del paese. In questi giorni molti nuovi arrivati hanno trovato ospitalità da amici o amici degli amici a Saluzzo e nei paesi vicini ma ormai le case sono strapiene e chi non ha i ganci giusti è costretto a dormire all’aperto, cercando di non dare troppo dell’occhio. Pochi fortunati hanno ricevuto la chiamata dal datore di lavoro e trovato ospitalità in azienda.

In mezzo ai frutteti che assediano la capitale del glorioso Marchesato, oggi lo chiamano il Distretto del Monviso, si elevano enormi capannoni con le insegne delle maggiori aziende che producono e commercializzano le eccellenze locali. Non passano certo inosservate le montagne di cassoni in plastica che di qui a poco si riempiranno di albicocche, pesche, mele, kiwi. Ogni azienda ha il proprio colore distintivo, blu, rosso, verde, grigio, giallo, e il colore dominante sembra quasi un’ostentazione del potere di mercato.

Cassoni scintillanti, puliti, per la frutta e qualche containers per la manodopera: la stagione sta per iniziare.