Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da il Manifesto del 26 febbraio 2010

Centro AD ALTA TENSIONE

A ISOLA CAPO RIZZUTO È GUERRA CON I «NIGRI»

di Raffaella Cosentino

Autobus di linea che non si fermano se alla piazzola ci sono immigrati. Ancora discriminazioni stile Alabama degli anni Cinquanta , questa volta nel quartiere Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto. A ridosso dell’ex aeroporto militare oggi Cara – Cie (Centro di accoglienza per richiedenti asilo e Centro di identificazione e di espulsione). Dopo la tragedia degli africani della Piana di Gioia Tauro, si squarcia il velo su altri episodi di razzismo, altre Rosarno. Sempre nel ventre molle di un Calabria in cui lo Stato e l’Europa sembrano solo giganti lontanissimi. Un territorio calabrese disagiato che l’assenza delle istituzioni ha trasformato in una polveriera di incidenti e gravi episodi di intolleranza tra italiani e immigrati. Dopo la Statale 18 della Piana, teatro degli scontri e dei linciaggi degli africani delle clementine, è di nuovo una strada a raccontare l’esodo degli stranieri: la 106 jonica, la «via della morte» per i tanti incidenti automobilistici fatali. E’ stato proprio il doppio investimento di un richiedente asilo somalo, la sera del 17 ottobre scorso (mentre a Roma si svolgeva il grande corteo antirazzista), travolto da due diversi pirati della strada, a fare emergere il comportamento razzista degli autisti. Le testimonianze di tanti immigrati, tra cui l’interprete somalo della questura, sono state raccolte da Antonio Anastasi del «Quotidiano della Calabria». Il cronista ha raccontato che nei mesi scorsi gli autobus non si fermavano nel tratto da Sant’Anna a Isola Capo Rizzuto, costringendo i richiedenti protezione umanitaria ad andare a piedi per 10 chilometri su una statale buia e senza marciapiedi, percorsa dalle auto a velocità elevata. «E’ una tratta non servita dai bus navetta del Cara, che arrivano solo a Crotone», spiega Anastasi. Grazie alle sue denunce, ora gli autobus della ditta Romano si fermano. «Si configurava un’interruzione di pubblico servizio, ma la direzione delle autolinee ha richiamato gli autisti con un atto ufficiale, minacciando provvedimenti disciplinari», dice ancora Anastasi che ha raccolto sia le lamentele dei passeggeri per comportamenti indecorosi degli immigrati, sia i racconti degli stranieri sui tanti gesti razzisti di cui sono vittime sui bus. Da chi si tura il naso a chi apre il finestrino «per non sentire la puzza dello straniero». Ma a Sant’Anna basta parlare con gli abitanti per capire che cova una rabbia pericolosa. Alimentata da incomprensione, paura, assenza delle istituzioni. I residenti si barricano in casa perché si sentono minacciati dalla presenza massiccia di gente povera e straniera. Centinaia di richiedenti asilo che di giorno vanno alla fermata dell’autobus o a comprare da mangiare in un piccolo negozio di alimentari. In autunno raccolgono lumache e le vendono sul ciglio della 106. Parcheggiati per mesi in attesa che la commissione territoriale esamini la loro richiesta di protezione umanitaria. Eccoli di nuovo sulle strade della Calabria «i nigri» (così li chiamano tutti a Sant’Anna). A 200 chilomentri da Rosarno, anche qui i cittadini si sentono «abbandonati dalle istituzioni». Mal sopportano «l’invasione degli stranieri» che dal 2007 possono possono entrare e uscire liberamente dal Centro.
Dopo la chiusura della Pertusola e della Montedison a metà degli anni Novanta, il Centro di Sant’Anna, attivo dal 1999, è diventato la nuova «fabbrica», la più grossa fonte di occupazione di tutta la provincia. Centinaia di posti di lavoro gestiti dalle Misericordie d’Italia, sede di Isola Capo Rizzuto. Il quartiere ha fame di lavoro, ma si sente esasperato. Non capisce le storie, le culture e le differenze di gente che viene dall’Iraq, dall’Afghanistan, dalla Turchia, dall’Africa. Che non parla italiano, come a S.Anna non parlano inglese o francese. «Dovremmo fare come a Rosarno, quando escono, i negri, sono pericolosi», dice Pasquale Pullano, idraulico di mezza età. Racconta che sono entrati in casa e hanno rubato la borsa a sua moglie.
Motivi di tensione costante sono le violazioni della proprietà con i piccoli furti di abiti stesi ad asciugare in giardino. «Erano in cinque, sono dovuto scappare sennò gli dovevo sparare», esclama. Parole pesanti che sono di casa al circolo Uisp in piazzetta, dove si radunano i residenti. Gianfranco Leone è un altro abitante. «Solo il buonsenso ci ha salvati – dice – di spunti per scontri ce ne sono stati tanti». Un’altra analogia con Rosarno, le aggressioni a una donna e a un uomo del posto a maggio del 2009. Dell’accaduto esistono due versioni. Una pro e una contro immigrati. Pare che un gruppo di stranieri abbia chiesto un passaggio in auto per uno di loro ferito. Insultati dall’uomo alla guida, si sarebbero scagliati contro il proprietario della macchina e contro una donna venuta in suo soccorso. Ma per gli abitanti c’è stata una violenza senza motivo da parte degli immigrati. I gruppi di stranieri che camminano insieme è la cosa che più spaventa il quartiere. «Hanno messo in difficoltà la nostra contrada – spiega Leone – siamo 1500 persone su 27 chilometri quadrati, quando il centro era pieno ci siamo ritrovati pari numero con loro.
Abbiamo dovuto chiudere il circolo perché arrivavano ubriachi, occupavano i campetti». Al centro delle proteste anche i bivacchi e la prostituzione delle nigeriane (con i clienti calabresi) a Villa Margherita, un parco botanico. «Il giorno stesso del ferimento dei due residenti, abbiamo bloccato la 106 in modo spontaneo – racconta – fino a una telefonata del prefetto che ci rassicurava un suo intervento con il governo». Sono seguiti un consiglio comunale all’aperto in piazza a Sant’Anna con il senatore Giuseppe Esposito del Pdl e una visita del sottosegretario Nitto Palma per il governo. La promessa fatta di dimezzare gli immigrati da 1500 a 700 è stata mantenuta con la politica dei respingimenti in mare. Quella di illuminare la strada no. Avevano chiesto qualche lampione della luce per il tratto di 106 vicino all’ingresso del Cie. Ma non hanno mai avuto risposta. «E’ pericoloso, per noi e per loro – continua Leone – ci sono stati diversi feriti in incidenti dovuti al buio».
In estate ha preso forma un tentativo di avvicinamento con una festa etnica in piazza e una partita di calcio «S.Anna contro Ospiti del centro». Leone, che aveva organizzato l’iniziativa insieme al parroco, è rimasto deluso dai suoi stessi concittadini. «La contrada non ha partecipato e nemmeno gli operatori della Misericordia sono stati presenti con le loro famiglie», dice amareggiato. Ma l’insofferenza per il Centro più grande d’Europa con 1458 posti ha raggiunto anche Crotone, a 15 chilomentri di distanza. Attualmente ci sono 682 richiedenti asilo e 50 detenuti nel Cie, riaperto a febbraio 2009 dopo la rivolta e l’incendio di quello di Lampedusa. In città i richiedenti asilo andavano a fare accattonaggio. A marzo 2009 è arrivata un’ordinanza antibivacco del sindaco Peppino Vallone, che vieta anche di «mendicare con insistenza e petulanza». Nìguri, stranieri a Sant’Anna è il film documentario uscito un mese fa, di cui è autore Antonio Martino, 32 anni, film maker originario del quartiere.
Nìguri è costruito su una lunga serie di interviste «ai bianchi e ai neri», ai calabresi e agli ospiti del centro. «Non sai a chi dare ragione – spiega Martino – sono da comprendere gli abitanti che sono stati invasi e hanno visto gli aspetti peggiori della globalizzazione, ma anche questi poveri fantasmi. Molti di loro a cui non viene accordato l’asilo politico sono quella gente rifiutata che approda nella Piana di Gioia Tauro». Un film dopo la Libia delle carceri di Gheddafi e prima di Rosarno. «La tensione, nel momento clou degli sbarchi, quando nel centro c’erano 2000 persone, è stata altissima, si è sfiorato il morto», dice l’autore calabrese. Anche lui è rimasto deluso dai vicini di casa. «Ho provato a organizzare una proiezione e un dibattito nel quartiere, ma i due comitati dei cittadini non hanno risposto – racconta – è lo stesso atteggiamento di diffidenza verso ciò che non si conosce attuato nei confronti dei migranti». Luci per la strada e un proiettore in piazza. Potrebbero bastare a illuminare il buio di Sant’Anna? «L’esasperazione degli animi deriva da una visione criminogena dello straniero fomentata da un’ondata mediatica- dice Carmen Messinetti del Coordinamento migranti Cgil provinciale – unita a un approccio emergenziale del fenomeno e all’assoluta latitanza e indifferenza delle istituzioni». Secondo Messinetti: «Dopo la giusta decisione governativa di rendere liberi l’ingresso e l’uscita dal centro di accoglienza, è mancata la creazione di centri di aggregazione e culturali, di servizi – continua la sindacalista – questo ha creato un’esplosione di rabbia della popolazione, con la destra che, cavalcando l’ottica di esclusione dello straniero, ha rafforzato a Sant’Anna il bacino di voti per la vittoria alle elezioni provinciali”.