Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
//

Certo che ci sono proteste: gli Stati Uniti stanno abbandonando le persone nere

di Keeanga-Yamahtta Taylor, editorialista - New York Times, 29 maggio 2020

Un manfestante a Minneapolis. Kerem Yucel/Agence France-Presse - Getty Images

Pronti o meno, la vita sta tornando ad una sorta di normalità negli Stati Uniti, e la normalità include inevitabilmente agenti di polizia che uccidono un uomo nero disarmato in stato di fermo e le conseguenti proteste per strada. Il paese sta tornando alla sua routine.

Questa volta è il turno di Minneapolis. Migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro l’uccisione di George Floyd da parte di un agente di polizia, che ha tenuto il ginocchio sul collo di Floyd per 8 minuti mentre lui era bloccato e ammanettato per terra. Le richieste d’aiuto, nelle quali Floyd ripeteva di non riuscire a respirare e chiamava il nome della madre morta, sono state ignorate. Gli altri tre agenti di polizia presenti sembravano provare un totale disinteresse per la vita che stavano violentemente stroncando di fronte a una folla inorridita.

Alcuni funzionari del Minnesota hanno denunciato la brutalità del fatto. Jacob Frey, sindaco di Minneapolis, ha dichiarato: “Essere neri in America non dovrebbe rappresentare una sentenza di morte”. Altri, inclusa la senatrice Amy Klobuchar, probabile futura compagna di corsa di Joe Biden, hanno espresso una serie di reazioni pubbliche ormai diventate luoghi comuni: shock, orrore, promesse di indagini e richieste di mantenere la calma. Con un raro atto di rimprovero i quattro agenti coinvolti sono stati licenziati.

Ma il solo fatto che Floyd sia stato arrestato, addirittura ucciso, per un’irrilevante accusa di contraffazione nel bel mezzo di una pandemia che ha tolto la vita ad un afroamericano su duemila, è l’agghiacciante conferma che la vita dei neri negli Stati Uniti ancora non ha valore.

È facile comprendere le ragioni dei manifestanti a Minneapolis. (Se guardate attentamente si possono vedere tra loro anche centinaia di bianchi; l’ingiustizia è ben chiara anche a loro.) La stagione primaverile ha causato almeno 23.000 morti tra gli afroamericani per la pandemia. Il coronavirus si è fatto strada tra le comunità nere, evidenziando e accelerando le ingiustizie sociali da tempo radicate che hanno di fatto reso le persone nere più vulnerabili alla malattia.

Questa incredibile perdita di vite umane si è verificata mentre le restrizioni erano al loro apice e il distanziamento sociale raggiungeva il suo momento più estremo. Cosa succederà quando il paese riaprirà completamente, nonostante il continuo aumento di casi? Mentre la maggior parte dei funzionari pubblici bianchi cerca di tornare alla normalità il più velocemente possibile, le discussioni sulle devastanti conseguenze della pandemia per i neri passano in secondo piano; conseguenze che dovranno essere accettate come una “nuova normalità” con cui convivere o di cui morire.
Se ci sono mai stati dubbi su quanto la classe lavoratrice afroamericana sia ritenuta sacrificabile, ora le cose appaiono ben chiare. È evidente che la violenza di stato non è più appannaggio esclusivo della polizia.

Non sono solo gli alti tassi di mortalità a far crescere la rabbia, ma anche i numerosi casi in cui cure sanitarie sono state negate agli afroamericani perché infermieri e medici non credevano ai loro sintomi. Altrettanto folle è la supposizione che gli afroamericani abbiano una qualche responsabilità personale per il fatto di morire in numeri così elevati.

Invece di usare questa enorme crisi per cambiare le condizioni che alimentano il rapido aumento di morti tra gli afroamericani, gli agenti armati continuano a svolgere la loro meschina e noncurante azione di controllo. Anche istruzioni apparentemente innocue riguardo il distanziamento sociale sono diventate l’ennesima scusa per attaccare gli afroamericani. A New York le persone nere rappresentano il 93% degli arresti legati al coronavirus. E anche a Chicago sono state riportate simili disparità su base razziale. In un momento in cui, in nome della tutela della salute pubblica, i dipartimenti di polizia hanno assicurato un numero minore di arresti per arginare la diffusione del virus nelle carceri locali, gli afroamericani sono rimasti e rimangono nel mirino. In fin dei conti, perché mai la polizia stava arrestando George Floyd con l’accusa di contraffazione, un “crimine” legato alla povertà e commesso spesso da disperati lavoratori a basso salario?

Quando manifestanti bianchi armati fino ai denti, in Michigan e altrove, minacciano dei funzionari eletti, il presidente li elogia chiamandoli “bravissime persone” e tutti fanno finta di niente. Non vengono di sicuro soffocati a morte per strada. Al contrario, dopo che il governatore del Minnesota ha armato la Guardia Nazionale giovedì sera, il presidente ha dichiarato che coloro che protestano contro la violenza della polizia potranno essere attaccati con le armi. I manifestanti a Minneapolis sono stati accolti con gas lacrimogeni e proiettili lanciati dalla polizia, anche se allo stesso tempo una parte dei funzionari pubblici ha dichiarato di simpatizzare con il movimento. Questa doppia morale è parte del problema che affligge Minneapolis ed è anche uno dei motivi per cui il potenziale per lo scoppio di una situazione del genere è presente in ogni città.

La rabbia esplosa per le strade ha radici molto più profonde delle ovvie ipocrisie che emergono nel trattamento disuguale riservato ai manifestanti conservatori bianchi rispetto alla folla multirazziale di persone che si oppongono alla brutalità della polizia. Nelle ultime settimane ci sono stati l’omicidio di Ahmaud Arbery in Georgia, la feroce sparatoria da parte della polizia di Louisville che ha ucciso Breonna Taylor e l’uccisione da parte di agenti di polizia di Tallahassee di Tony McDade, un trans di colore. Questi casi sono stati ignorati fino a quando le proteste non hanno costretto la nazione a prestare attenzione, esattamente nel momento in cui tutti, costretti in casa, sono rimasti inchiodati davanti ai notiziari. Nel frattempo è stato ampiamente diffuso il caso di una donna bianca che a Central Park ha chiesto l’intervento della polizia perché un uomo nero le stava chiedendo di portare il cane al guinzaglio. Le potenziali conseguenze di quell’episodio sono state evidenziate dall’uccisione di George Floyd.

Ma ciò che risulta inequivocabile dalle aspre proteste di Minneapolis e di tutto il Paese è la sensazione che lo Stato sia complice di tali violenze o incapace di apportare cambiamenti sostanziali.

Mentre il probabile candidato presidenziale democratico scherza sul fatto che gli afroamericani che non votano per lui non sono veramente neri, la crisi nelle comunità nere è sempre più acuta e si sovrappone a episodi quasi quotidiani di violenza da parte della polizia o di altre manifestazioni oppressive da parte dello stato. Quella di Joe Biden è una battuta pensata per dimostrare il suo status di “insider” tra gli elettori neri, ma rivela invece la sua arroganza nel supporre di avere un seguito tra i giovani e la classe lavoratrice afroamericana, parlando come l’ennesimo politico benestante che non è in grado di cogliere l’enormità e la complessità della sfida.

Il simultaneo crollo della politica e dell’amministrazione hanno costretto le persone a scendere in strada – a discapito della loro salute e della salute degli altri – per pretendere i diritti più basilari, tra cui il diritto di essere liberi da vessazioni e violenze da parte della polizia.
Quali alternative ci sono alla protesta se lo Stato non svolge i suoi compiti fondamentali e i poliziotti raramente vanno incontro a conseguenze per crimini che comporterebbero anni di carcere per i normali cittadini?
Se non si può ottenere giustizia operando all’interno del sistema, allora bisogna cercare altri mezzi per cambiarlo. Questo non è un desiderio; questa è una profezia.

La convergenza di questi tragici eventi – una pandemia che uccide in modo sproporzionato le persone nere, l’incapacità dello Stato di proteggere i neri e una vera e propria caccia portata avanti dalla polizia nei loro confronti – ha confermato ciò che la maggior parte di noi già sa: Se noi e coloro che stanno dalla nostra parte non ci mobilitiamo per la nostra stessa difesa, nessun altro lo farà, di sicuro nessun organismo politico e ufficiale. I giovani neri dovranno sopportare le contusioni causate dai proiettili di gomma o l’acre bruciatura dei gas lacrimogeni, perché il governo ci ha abbandonati. Le vite delle persone nere hanno valore, solo saremo noi a darglielo.

Questo non è una novità nella nostra storia. Dopo la Seconda guerra mondiale, i cittadini afroamericani hanno visto le contraddizioni di una società che, mentre portava l’uomo sulla luna, permetteva ai ratti di dilaniare bambini neri nelle loro culle di notte. Il governo federale ha finanziato gli alloggi scadenti che sono stati consegnati agli afroamericani a causa della segregazione residenziale. Da qualsiasi parte gli afroamericani guardino, lo Stato non solo ignora le loro sofferenze, ma è anche complice del crimine.

Questa è stata la causa delle rivolte urbane nere che hanno travolto le città negli anni Sessanta, nella stessa epoca della nascita dei movimenti per i diritti civili nel Sud. Il fallimento dello Stato nel garantire tutto ciò di cui gli afroamericani avevano bisogno ha portato centinaia di migliaia di persone a prendere in mano la situazione. L’approvazione da parte della società bianca non importava allora, come non importa oggi; ciò che importava era che i meccanismi formali per un cambiamento sociale non stavano funzionando, costringendo gli afroamericani ad agire per conto proprio.

Sei anni fa le proteste a Ferguson, Mo., hanno posto le basi per l’ascesa del movimento Black Lives Matter, che affonda le sue radici in simili disuguaglianze sociali. È paradossale che questo nuovo movimento sia nato durante l’incarico del primo presidente afroamericano del Paese e nel momento di maggior presenza di afroamericani al Congresso nella storia. Eppure l’aumento di potere politico nero non ha fermato la brutalità quotidiana della polizia. Così come non ha fermato il crollo del numero di proprietari di case neri, l’espansione del divario razziale tra ricchi e poveri o la valanga di debiti degli studenti che si è abbattuta sui rapporti di credito dei millenials neri.

Non importa se le aspettative erano troppo alte per ciò che un presidente nero poteva effettivamente realizzare. Ciò che ha fatto la differenza è stato che, quando il governo ha fallito nel portare cambiamenti significativi, gli afroamericani sono scesi in piazza per dimostrare che le vite dei neri contano.