Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Carta del 20 novembre 2007

Chi non può uscire e chi non entra nel Cpt

Nel Cpt (Centro di permanenza temporanea) di Gradisca di Isonzo, in provincia di Gorizia, c’è chi non può uscire e chi non può entrare. I migranti, per il semplice fatto di non avere un documento valido per l’espatrio, non possono uscire. Ieri mattina, noi di Carta non siamo potuti entrare. Nonostante la richiesta fatta alla prefettura, la nostra visita all’interno è stata rifiutata per una non meglio specificata «incompletezza della procedura».
Ad entrare invece ce l’ha fatta il consigliere regionale friulano dei Verdi, Alessandro Metz, che poco più di un mese fa, dopo la dura repressione del disperato tentativo di fuga di un cinquantina di detenuti, aveva organizzato una visita d’ispezione ed era stato lasciato fuori.
Nell’ultimo mese sono sempre più numerose, le rivolte nel Cpt, e sempre più dura la reazione della polizia, che lancia i lacrimogeni contro chi è nelle gabbie, comprese le donne e una bambina di otto mesi, che devono dormire ogni notte nell’adiacente Centro di prima accoglienza.
E allora ecco il via a un’altra visita, lunedì appunto, dopo che il presidente del Consiglio regionale, Alessandro Tesini, decide di entrare. Altri consiglieri e giornalisti si accodano. Obiettivo: svelare i segreti imprigionati tra le mura del Cpt. Noi aspettiamo il resoconto dei visitatori al termine della visita.
Se di solito è noto come il Cpt sia colmo di migranti, durante le visite istituzionali esso appare poco più che vuoto. Alle domande poste dal consigliere Metz a Paolo Zotti, il direttore del centro, quest’ultimo replica dichiarandosi «non competente» in merito. Più loquace il capo di gabinetto della prefettura di Gorizia, Pietro Giulio Scarabino, che nega che all’interno del Cpt siano rinchiusi dei richiedenti asilo. A detta degli avvocati delle associazioni per i diritti dei migranti, invece, proprio nell’ultima deportazione di massa sarebbero stati espulsi degli egiziani che avevano chiesto asilo politico. «Il permesso di soggiorno è un diritto soggettivo – spiega Metz–la situazione di ogni persona va vagliata caso per caso e non si spiega una deportazione di massa, fatta solo perché le persone in questione provengono dallo stesso paese».
Nell’adiacente Centro di prima accoglienza la situazione non è più rosea. Da qui i migranti possono uscire dalle 8 di mattina alle 20 di sera, ma devono rientrare ogni notte. Non hanno molti vestiti e si lamentano per il freddo. Già, pare che i vestiti che vengono dati loro in dotazione, i migranti li vendano per racimolare qualche spicciolo. Per ovviare a questo problema è stata trovata una soluzione: dar loro meno vestiti, così non possono più venderli, anche se a Gradisca la stagione fredda è già inoltrata. Anche le ragazze del Cpa durante il giorno lavorano. Si dice in giro che ci sia un «giro» che le coinvolge nella prostituzione. Su questo, il dottor Scarabino ammette che ci sono indagini in corso.
«La presenza del Cpt ha innescato dei business in questo territorio–spiega Metz–in primis quello delle cooperative che, dopo aver deciso di svolgere un ruolo attivo all’interno della struttura, hanno visto incrementare non poco il proprio fatturato annuo».
Intanto a dicembre scadrà l’appalto della Minerva, la cooperativa che gestisce il Cpt di Gradisca. Pare che siano già avviate le procedure per la prossima gara d’appalto e che gli enti locali abbiano suggerito i nomi di dieci soggetti che vi parteciperanno. Oscure invece le sorti del Cid, il Centro di identificazione inserito all’interno nella struttura, sul quale ancora tutto tace. «Questa visita–conclude Alessandro Metz–svela l’inutilità di questi luoghi. Si dice che i Cpt siano necessari per motivi di sicurezza. Non è così. Le persone qui detenute non hanno commesso alcun tipo di reato e dopo 60 giorni di detenzione vengono rilasciate sul territorio con un foglio di via che rappresenta per loro un inizio di clandestinità. E’ così che si mette a rischio la sicurezza e la loro incolumità fisica».
Elena Placitelli