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Chiacchiere e bugie: la crisi del rifugiato è una crisi d’informazione

Renate van der Zee, The Guardian - 18 agosto 2016

Photograph: Spencer Platt/Getty Images

Devi bucare il gommone prima che arrivi, o ti rimanderanno indietro.”
Se fai domanda al programma di ricollocamento, ti manderanno in Venezuela.”
In Europa non avrai bisogno di soldi, è tutto gratis.”
Sono solo tre delle tante voci di corridoio che potrebbero confondere migranti e rifugiati. Alcune, veramente pericolose, come quella del gommone; altre inducono le persone a rischiare e a fare le scelte sbagliate.

In risposta, il progetto “Mediterranean Rumour Tracker” è stato avviato per informare al meglio i migranti. I ricercatori che parlano Arabo o Farsi discutono con le persone nei campi greci, raccolgono le voci che circolano per poi verificarle ed in caso screditarle.

Con le nostre pagine Facebook abbiamo raggiunto circa 350 mila persone,” dice Stijn Aelbers dell’InterNews, l’organizzazione che ha programmato il progetto, in collaborazione con altre due ONG: Translators without Borders e ActionAid. “Pensiamo che il contatto ‘face-to-face’ sia molto importante. La gente vuole parlare con una persona reale ed essere libera di fare domande.”

Ogni tanto riusciamo a non far cadere le persone in trappola” Nayief Salameh
Migranti e rifugiati sono costantemente in movimento; questo significa che spesso i classici media non li raggiungono. Così ottengono le loro informazioni da dicerie e storie che circolano nel gruppo. Aelbers spiega: “Visto che molte di queste storie sono infondate o vere soltanto a metà, corrono già il rischio di ulteriori passi avanti, sulle basi di false informazioni.

Alcune voci si presentano “facili” perché le persone malinterpretano l’informazione che ricevono. “La voce sul Venezuela, che paese sudamericano non può essere parte del programma di ricollocamento europeo, probabilmente proviene da un traghetto greco chiamato Venizelos,” aggiunge.

Le voci possono anche danneggiare in altri modi. Ad alcuni potrebbe esser detto di non dire alle autorità di essere musulmani, inducendoli a mentire durante le procedure di registrazione, che possono causare problemi in seguito. E le voci nei campi profughi, per esempio che alcuni gruppi sono trattati meglio di altri, o semplicemente ricevono miglior cibo, possono portare a conflitti e risse.

Il concetto dell’investigazione contro queste chiacchiere non è nuovo. InterNews lo testò durante la crisi d’ebola in Libia e nel 2015 durante il terremoto in Nepal. “Le voci giocano un gigantesco ruolo in ogni crisi, perché le persone riempiranno sempre le proprie lacune con le informazioni che ottengono,” Aelbers spiega. “Quando una campagna governativa li informa che l’ebola uccide, ma vedono dei pazienti ricoverati, subito salta fuori che quelle persone sono fantasmi.

Screditando voci puoi evitare problemi enormi. Ed è sicuramente il caso della crisi del rifugiato, dove così tante persone basano le proprie strategie di sopravvivenza su false voci. In un certo senso, la crisi del rifugiato è una crisi d’informazione.”

Shabnam Mortazavi è uno dei quattro volontari che lavorano come funzionari e mediatori nei campi greci. Essere una discendente iraniana, abile nella lingua Farsi, che non solo permette la comunicazione con iraniani ma anche con afghani, un grande gruppo tra i migranti. Recentemente è arrivata nell’isola greca di Lesbos, dove visita i campi ufficiali e non.

Il mio lavoro parte con una semplice chiacchierata,” dice. “Vado da loro e chiedo come stanno e quali sono le loro sfide. Do loro delle utili informazioni e cerco di consolidare la loro fiducia. E allora iniziano a dirmi le storie che hanno sentito.”
Scrive meticolosamente tutto quello che ascolta. “Le voci sono anche un buon barometro: ti dicono quello che sta succedendo tra i migranti,” dice Mortazavi. “Le storie cambiano ogni volta. Quando i paesi balcani chiudevano i confini agli afghani, a Febbraio e a Marzo, c’erano voci costanti che sarebbero stati lasciati entrare presto. Proprio ora sentiamo molte voci di riunioni familiari e ritorni in Turchia.

Anche i trafficanti diffondono queste storie sui confini per convincere le persone ad usare i loro servizi, o far salire i prezzi. Potrebbero anche dire ai migranti che in Europa è tutto gratis, incoraggiando le persone a spendere tutti i loro soldi nel viaggio.
Dicono anche: una volta in Grecia, sarai trasportato immediatamente in Germania,” dice il collega arabo di Mortazavi, Nayief Salameh. “Ho incontrato persone che credevano a questa voce e hanno speso tutto per venire in Grecia. Ma quando sono arrivati si sono trovati bloccati in un campo.”

Ogni tanto riusciamo a non far cadere le persone in trappola,” continua Salameh. “Per esempio, le agenzie di viaggio greche, nelle isole, diffondono la voce che i migranti che prenotano un traghetto per Atene devono anche comprare un biglietto dell’autobus per la Macedonia. Era una bugia per fare più soldi – una volta arrivati ad Atene, hanno scoperto che non c’era nessun bus. E’ molto utile farlo, quando si possono screditare queste voci.”

Aelbers crede che il bisogno per il servizio di “rumour tracker” sottolinea il fallimento delle ONG di tenere i migranti informati. “Tendono ad essere piuttosto indisposti a fornire informazioni. Certe volte è giusto, perché la situazione cambia ogni giorno. Ma non è sempre nell’interesse dei migranti. Il nostro approccio è diverso. Noi lavoriamo con l’informazione data dai rifugiati.

Il motto di InterNews è che la comunicazione è sostegno. “Migranti e rifugiati si sentono spessi tagliati fuori dal mondo,” dice Aelbers. “Non ci sono così tante persone che parlano il loro linguaggio, così ancora meno sono preparate ad ascoltarle. Ed è raro vedersi qualcuno venire incontro, dicendo “Ok, scoprirò se la storia che hai sentito è vera e ti darò delle informazioni utili.