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Circolare Permesso di soggiorno per le vittime della tratta - art. 18

Comunicato Asgi

Permesso di soggiorno per le vittime della tratta – Art. 18 Dlgs. 286/1998

Apprezzamento e Proposte delle Associazioni e delle Organizzazioni in merito alla recente direttiva del Ministero dell’interno alle questure.

Come Associazioni e Organizzazioni che operano per la tutela dei diritti delle vittime di tratta esprimiamo apprezzamento per la circolare recentemente firmata dal Ministro Amato relativa al permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale ai sensi dell’art. 18 del Testo Unico sull’Immigrazione.

La circolare e’ intervenuta per introdurre una piena ed omogenea applicazione da parte delle questure dell’art. 18 che prevede il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno alle persone vittime di violenza e grave sfruttamento e la loro partecipazione ad un programma di assistenza e integrazione sociale.

Nonostante l’estrema efficacia di questo strumento, che tra il 2000 e il 2006 ha consentito l’accesso al programma di assistenza a 11.226 persone vittime di tratta attraverso i progetti realizzati da enti no profit ed enti pubblici coordinati dal Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità e da una apposita Commissione Interministeriale, l’articolo 18 è stato sotto utilizzato, soprattutto in maniera disomogenea, a “macchia di leopardo”.
Le questure non hanno infatti interpretato e applicato in maniera univoca la norma e soprattutto hanno mostrato una grande resistenza a concedere il permesso di soggiorno quando la vittima non era in condizione di denunciare. Proprio qui invece risiede uno dei punti di forza dell’art. 18: esso prevede in maniera esplicita che anche la persona che non sia in condizione di collaborare, ma che comunque sia stata vittima di violenza e grave sfruttamento, abbia diritto al permesso di soggiorno e al programma di assistenza. Accade ad esempio che le vittime temano ritorsioni dirette o verso i familiari da parte dell’organizzazione criminale. Il fatto di non costringerle alla denuncia dei propri sfruttatori le porta a fidarsi e ad affidarsi, superando la diffidenza verso gli altri e riconquistando la fiducia in se stesse. In questo modo non solo vengono tutelati i loro diritti, ma le forze dell’ordine possono utilizzare, per le indagini, le informazioni che le vittime, tramite le associazioni, forniscono. Nelle questure presso cui l’applicazione dell’art. 18 ha funzionato appieno, essa ha dato eccellenti risultati sia nella protezione delle vittime che nel contrasto alla criminalità. Complessivamente quello italiano è ritenuto a livello europeo e internazionale il più avanzato sistema di tutela delle vittime della tratta degli esseri umani e delle nuove forme di schiavitù, tanto da aver ispirato le più recenti disposizioni a livello comunitario ed anche la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla tratta del 2005.

La circolare è dunque quanto mai opportuna. Dare indicazioni alle questure sul pieno utilizzo dell’articolo 18 significa contribuire a superare il limitante approccio premiale.
Esso non è infatti uno strumento premiale, come nel caso dei cosiddetti pentiti: le persone vittime di tratta sono vittime e non complici della criminalità che le sfrutta; condizionare la tutela e il permesso di soggiorno alla loro collaborazione è non solo illegittimo ma anche inefficace, semplicemente perché le vittime che hanno troppo paura per se stesse o per la propria famiglia comunque (soprattutto all’inizio) non sarebbero disponibili a denunciare.
Le Associazioni e Organizzazioni, che, grazie all’“Osservatorio sulla prostituzione e i fenomeni delittuosi connessi” presieduto dal sottosegretario al Ministero dell’Interno Marcella Lucidi, hanno modo di discutere con le istituzioni le problematiche che riscontrano nel loro lavoro quotidiano, sperano che la circolare sia solo un primo passo per rendere sempre più sinergica e incisiva l’azione di tutela delle vittime della tratta e la lotta al fenomeno criminale.
Occorre ad esempio che vengano snellite le procedure per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno, che si risolvano le problematiche connesse ai provvedimenti di espulsione, e che vengano date tempestivamente indicazioni sulla iscrizione anagrafica presso i Comuni delle persone vittime di tratta appartenenti all’Unione Europea. Sarà inoltre necessario procedere in tempi rapidi all’approvazione del disegno di legge delega per la modifica della disciplina dell’immigrazione, in cui sono state recepite molte delle proposte delle Associazioni e degli Enti Locali volte ad una maggior tutela delle vittime di tratta.

Occorre inoltre considerare la complessità e le continue evoluzioni del fenomeno e riuscire quindi ad intervenire sulla tratta a scopo di sfruttamento sessuale (non solo nella prostituzione di strada ma anche al chiuso di appartamenti e locali notturni) ma anche a scopo della commissione di attività illegali o di accattonaggio (in cui sono sfruttati i minori) e a scopo di sfruttamento lavorativo in agricoltura, nell’edilizia, ecc.
Nuove forme di schiavitù che non sono confinate nei cosiddetti paesi in via di sviluppo ma sono sempre più presenti in Italia e nell’Europa occidentale.

Si tratta anche di superare una serie di pregiudizi, che portano non solo la cittadinanza ma anche gli operatori delle forze dell’ordine a vedere “la prostituta”, “l’immigrato clandestino” e non la persona dietro l’etichetta, che spesso è vittima di gravissime violazioni dei fondamentali diritti umani.

Nonostante il grande lavoro fatto in Italia in questi anni, solo una minima parte delle vittime di tratta riesce a sottrarsi al circuito dello sfruttamento. Per questo è cruciale che operatori sociali del no profit e del pubblico, forze dell’ordine e magistratura lavorino insieme, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, allo scopo comune della tutela effettiva delle vittime .

Roma, 4 giugno 2007

Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione
Associazione On the Road
ACLI
CNCA
Save the Children Italia Onlus
Gruppo Abele

[ 5 giugno 2007 ]
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