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Cittadinanza – Il padre delle mie figlie è divenuto cittadino italiano. Siamo divorziati. Le mie figlie minorenni possono ugualmente divenire cittadine italiane?

Risposta a cura dell'Avv. Francesco Di Pietro

Domanda:
Sono una mamma di 51 anni di origine Albanese e vivo in Italia dal 21 Marzo 1991.
Mi sono sposata nel 1992 in un Comune in Provincia di Lecco con mio marito, anche lui di origine Albanese.
Sono nate due figlie che ora hanno rispettivamente6 e 4 anni.
Dal 1999 siamo separati e 2003 divorziati.
Nel fratempo il padre delle figlie è diventato cittadino Italiano per naturalizazione, invece le mie figlie si considerano ancora albanese.
Attualmente il padre vive a Udine.

Se le mie figlie sono nate e risiedono inninterrotamente da anni in Italia ed il loro padre è italiano possono avere la cittadinanza italiana?

Risposta:
La legge n. 91/1992, all’art. 14, disciplina l’acquisto della cittadinanza italiana da parte del figlio minore di chi, a sua volta, abbia acquistato (o riacquistato) la cittadinanza italiana.
La previsione normativa è incentrata sul solo minore, ed ha come fine l’assicurare a questi il possesso della stessa cittadinanza dei suoi genitori (anche solo di uno).
Quindi, se un genitore acquista la cittadinanza italiana, essa si estenderà automaticamente al figlio minore.
Le condizioni perchè ciò avvenga sono:
– in primo luogo, che il figlio sia ancora in minore età alla data dell’acquisto della cittadinanza da parte del genitore.
– in secondo luogo, che il minore conviva con il genitore che acquista la cittadinanza italiana.
Il regolamento di esecuzione alla legge n. 91/1992, D.P.R. 572/1993, all’art. 12 precisa che la convivenza deve essere “stabile ed effettiva ed opportunamente attestata con idonea documentazione”.

Non rileva, ai fini dell’acquisto della cittadinanza da parte del minore, il fatto che questi abbia già un’altra cittadinanza.
Nè rileva il fatto che minore e genitore convivente risiedano all’estero.
Inoltre, il figlio, al compimento della maggiore età, potrà rinunciare alla cittadinanza italiana, se è in possesso di altra cittadinanza.

In riferimento al caso in esame, sembra che sia soddisfatto il primo requisito della minore età.
Ma, da quanto riportato, non sembrerebbe che le figlie ed il padre siano conviventi alla data dell’acquisto, da parte di quest’ultimo, della cittadinanza italiana.

Quindi, ad una prima analisi, non sembrerebbe presente il requisito della convivenza richiesto dalla citata normativa.

Occorre però chiarire l’esatta portata di tale requisito,anche alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale.

Negli ultimi anni, si sono registrati diversi casi in cui gli ufficiali di stato civile non avevano ritenuto possibile estendere l’acquisto della cittadinanza italiana anche al figlio minore del genitore separato che acquistava la cittadinanza italiana (ad es, per naturalizzazione).
Questo nei casi in cui il neo cittadino italiano non era un il genitore affidatario, e dunque non conviveva con il figlio, ma, pur conservando la potestà genitoriale, risultava titolare soltanto di un diritto di visita, ovvero pur essendo titolare di un affido condiviso con l’altro genitore, era presso quest’ultimo che il figlio veniva a risiedere anagraficamente.
Sulla tematica si registra Corte App. Salerno, decr. 20 agosto 2009 n. 32, che interpreta il requisito della convivenza di cui all’art. 14, legge n. 91/1992 e di cui all’art. 12, D.P.R. 572/1993.

La vicenda sottoposta al Giudice riguarda un cittadino straniero, figlio di padre libanese e madre egiziana, separati giudizialmente, che era stato affidato alla madre, con diritto di visita da parte del padre; il quale, successivamente alla separazione, aveva acquistato la cittadinanza italiana per naturalizzazione durante la minore età del figlio.

Diversamente dall’interpretazione data dal Giudice di prime cure (secondo il quale non poteva ravvisarsi la convivenza richiesta dalla norma, in quanto era intervenuta la separazione coniugale e vi era stato affidamento dei figli alla madre, anzichè al padre che aveva acquistato la cittadinanza), la Corte d’Appello afferma che “la ratio di detta disciplina pare risiedere in ciò, che l’effettività della convivenza garantisca la continuità di uno stabile rapporto familiare con il genitore divenuto cittadino italiano, il quale continui ad esercitare la sua potestà nelle forme di legge, così assicurando l’effettiva sussistenza del vincolo morale e spirituale normalmente rinvenibile nel rapporto tra genitore e figlio, quale presupposto evidente per la trasmissione al secondo dell’inserimento del primo nel contesto nazionale sancito in virtù della conseguita cittadinanza”.

Secondo il Giudice di secondo grado, la potestà genitoriale non viene meno in caso di separazione giudiziale dei coniugi (mutano solo le concrete modalità di estrinsecazione della stessa).

Di conseguenza, a prescindere dalla persona del coniuge affidatario, il semplice fatto che persista la frequentazione da parte dell’altro coniuge (secondo quanto stabilito nel provvedimento giudiziale) integra il requisito della convivenza stabile ed effettiva richiesto dall’art. 14, legge 91/1992, e dall’art. 12, DPR 572/1993.

Il Giudice prende atto che tra le condizioni della separazione (sancite nel decreto di omologazione) “è prevista la prosecuzione delle visite da parte del padre, con amplissime facoltà di incontri giornalieri e perfino con divieto di allontanamento della madre oltre una breve distanza, come pure le contribuzioni ed interventi diretti nella vita dei figli all’epoca minori”.

La Corte conclude che, ai fini della normativa sulla cittadinanza, il minore era sostanzialmente convivente con il padre poi divenuto cittadino italiano, e che pertanto ha diritto a conseguire la cittadinanza.

Seguendo tale impostazione, quindi, il figlio minore, nato dal matrimonio fra cittadini stranieri, che in sede di separazione giudiziale sia affidato ad uno di essi, ha diritto ad ottenere la cittadinanza italiana ex art. 14, legge n. 91/1992, anche nel caso in cui il genitore “non affidatario” sia divenuto cittadino italiano in momento successivo alla separazione.

E’ però necessario che questi continui a mantenere con il figlio un rapporto tale da configurare un’effettiva sussistenza del legame genitoriale e l’esercizio della potestà genitoriale.

Tale legame si estrinseca non necessariamente in una convivenza fisica, bensì in un vincolo morale e spirituale tra genitore e figlio: è questa l’esatta portata della “convivenza stabile ed effettiva” richiesta dalla normativa.

Quindi, tornando al caso che qui ci occupa, se, nonostante la “non convivenza fisica” tra il padre non affidatario e le figlie, vi è egualmente un legame morale tra gli stessi ed un esercizio della potestà, le stesse figlie potranno avvalersi della previsione di cui all’art. 14 legge 91/1992 e diventare cittadine italiane.

Si precisa che il precedente giurisprudenziale citato riguarda un caso di separazione coniugale, mentre nel caso sottoposto alla Redazione si riferisce di divorzio. Ma le osservazioni fatte sono valevoli anche in riferimento a quest’ultimo: è rilevante il vincolo morale tra genitore e figli, e non le vicende (separazione o divorzio) tra i coniugi.

La concreta estrinsencazione di tale vincolo morale è varia: l’esercizio del diritto di visita; l’assistenza economica e spirituale; ecc.

Varia sarà anche la prova: essa potrà consistere in quanto stabilito nel provvedimento giudiziale in relazione al rapporto tra il padre e le figlie.

Avv Francesco Di Pietro