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Cittadinanza iure sanguinis: la PA deve concludere i procedimenti di propria competenza entro termini determinati e certi

Tribunale di Roma, ordinanza del 7 febbraio 2020

Una interessante sentenza del Tribunale di Roma che prosegue lungo il solco tracciato dalla giurisprudenza del Tribunale stesso.

“I tre ricorrenti hanno chiesto che venga dichiarato il loro status di cittadini italiani in virtù della comune discendenza da cittadino emigrato in Brasile ed ivi deceduto senza mai rinunciare alla cittadinanza di origine.
La linea di discendenza viene documentata puntualmente attraverso certificazioni anagrafiche – ove straniere – tradotte e munite di apostille. Dall’esame di tale documentazione non figurano passaggi per linea femminile intervenuti prima dell’entrata in vigore della nostra Carta Costituzionale.
La circostanza è rilevante, in quanto nessun ostacolo normativo poteva opporsi – neppur ratione temporis – alla trasmissione della cittadinanza italiana sulla base della legge vigente al momento in cui i singoli discendenti sono venuti al mondo; in altre parole la trasmissione è avvenuta indipendentemente dai successivi portati della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, che hanno determinato dapprima a veder cadere il criterio di trasmissione unicamente maschile, e quindi a considerare applicabile il sistema adeguato ai valori costituzionali anche ai discendenti nati prima dell’entrata in vigore della Costituzione Italiana.
Se dunque non ad una lettura giurisprudenziale ma alla applicazione della normativa vigente si deve la trasmissione della cittadinanza, la domanda deve essere vagliata sotto il profilo dell’interesse ad agire, posto che in linea di principio la richiesta dovrebbe essere vagliata ed evasa favorevolmente in via amministrativa senza necessità di ricorso al giudice.
A tal proposito va considerato che le Amministrazioni statali, ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 241 del 07/08/1990 devono concludere i procedimenti di propria competenza entro termini determinati e certi.
Ebbene, gli attori hanno dato prova di avere presentato nel 2018 al Consolato Generale d’Italia a Porto Alegre, territorialmente competente per la rispettiva residenza – la richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, domanda che non ha ricevuto ad oggi alcun riscontro; essi hanno inoltre dato contezza delle liste di attesa relative alle richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana presso detta rappresentanza diplomatica: ne emerge che la prospettiva di attesa per il primo esame delle domande è di oltre 10 anni dalla presentazione.
Ebbene, si può affermare che simili coordinate temporali si sostanzino in un diniego di riconoscimento del diritto vantato dai richiedenti, giustificando così il loro accesso alla via giurisdizionale”.

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Tribunale di Roma, ordinanza del 7 febbraio 2020