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dal Gazzettino di Pordenone del 2 agosto 2007

Clandestini, indagini al call center

Nei locali di viale Oberdan si compilavano i moduli e si pagava il servizio. Denunciata la titolare

Nessuna sanatoria . È finita con un patteggiamento (7 mesi) e una richiesta di giudizio abbreviato il processo per direttissima che ieri mattina ha visto due immigrati clandestini poco più che ventenni comparire davanti al giudice monocratico pordenonese Piera Binotto per la “retata” di lunedì nella zona della stazione ferroviaria. Nel frattempo la polizia della Questura cittadina prosegue nelle indagini sui “kit facili”: nei guai è finita anche la titolare del call-center di viale Oberdan nel quale venivano compilati i kit dietro la richiesta di 25 euro.

Ieri mattina in tribunale la convalida del doppio arresto, maturato in precedenza per la flagranza di reato, i due africani si sono visti contestualmente rimettere in libertà ecolpire da un provvedimento di espulsione dall’Italia. I legali degli imputati hanno tuttavia scelto strategie difensive diverse. Per il primo, il sudanese Abdul Rasak Lamni, l’avvocato pordenonese Cinzia De Roia ha proposto al pm Francesco Giannone un patteggiamento di 7 mesi, poi accettato. Lo stesso pubblico ministero, oltre al reato per il quale era scattato l’arresto originario (inosservanza dei dettami della legge Bossi – Fini), aveva contestato agli extracomunitari anche la falsa identità e la mancata esibizione dei documenti. Il sudanese ha ammesso di essere arrivato a Pordenone da Napoli, attirato da una sorta di tam – tam fra immigrati che ipotizzava permessi facili. L’avvocato padovano Elisabetta Costa, che difendeva il nigeriano Chindey Duru per gli stessi capi d’imputazione, ha invece chiesto l’aggiornamento dei termini a difesa (in sostanza un rinvio del procedimento per approfondire i contenuti delle carte processuali) e, in parallelo, il giudizio abbreviato. Duru, scarcerato come Lamni, verrà quindi giudicato nei prossimi giorni. Entrambi, in ogni caso, dovranno lasciare l’Italia.

Il dibattimento, protrattosi per quasi due ore, è stato complicato dal fatto che i due imputati conoscevano pochissimo l’italiano. È stata quindi necessaria la presenza di due interpreti, uno di lingua araba e l’altro per l’inglese, con continue interruzioni e traduzioni. Lo stesso Duru, in ogni caso, ha dichiarato di essere giunto da Padova nel Friuli Occidentale perché qualcuno (testualmente: «una voce») aveva segnalato la possibilità di ottenere facilmente una sorta di sanatoria in materia d’immigrazione, con il contestuale permesso di soggiorno.

Le indagini della polizia stanno andando avanti con l’obiettivo di chiarire se dietro al tam-tam che sta chiamando molti clandestini ci possa essere un’organizzazione più complessa. Per il momento non è maturata questa ipotesi: si tratterebbe, in sostanza, di un “richiamo” che si è velocemente diffuso in tutta Italia tra alcune comunità di africani che stanno continuando ad arrivare. Il percorso – seguito attentamente dai poliziotti prima del “blitz” che lunedì ha portato a fermare 15 clandestini – si svolgeva nel raggio di poche centinaia di metri dalla stazione ferroviaria. Parecchi dei clandestini, una volta arrivati in treno, si avviavano nel “call center” di viale Oberdan, proprio di fronte alla stazione. Lì ricevevano qualche informazione e venivano “aiutati” a compilare il kit con la modulistica per la richiesta del permesso. La polizia ha accertato che la compilazione veniva svolta con la richiesta di denaro (25 euro a kit). Ed è per questo che la titolare, una donna nigeriana di 32 anni, è stata denunciata per favoreggiamento alla permanenza di clandestini nel territorio nazionale. La tappa successiva era l’ufficio postale di via Candiani, nel quartiere Cappuccini, dove i kit venivano consegnati. In cambio la “ricevuta” che consente una permanenza provvisoria regolare in attesa della chiamata da parte della Questura. Ciò che ha meravigliato la polizia è il fatto che la maggioranza di stranieri si trova in Italia da 4 o 5 anni: stranieri che avrebbero potuto usufruire in passato di vere sanatorie, ma che vengono attratti invece dalla finta regolarizzazione.
R.P.


Allarme clandestini scattano i primi arresti
In centinaia arrivano illusi dalla finta sanatoria

Nell’ultimo mese stanno arrivando a centinaia. Da diverse città italiane. Sono stranieri clandestini, tutti africani , a cui qualcuno ha fatto la falsa promessa che a Pordenone si possono avere i “kit” per ottenere il permesso di soggiorno attraverso una sanatoria , che ovviamente non esiste. E così questa sorta di “catena di Sant’Antonio” dell’immigrazione clandestina sta portando in città immigrati irregolari da tutta Italia. Un modo, forse, per trovare la possibilità di prolungare di qualche mese – proprio attraverso il kit e la ricevuta che consente di ottenere provvisoriamente la possibilità di restare nel territorio fino all’eventuale regolarizzazione – la permanenza in Italia. Ma gli immigrati irregolari, anziché trovare il modo per ottenere i documenti regolari, si imbattono nella polizia che li denuncia o li arresta. Nella sola giornata di lunedì i poliziotti della Questura cittadina ne hanno fermati quindici davanti alla sede delle Poste. L’allarme era stato lanciato venti giorni fa. Non si esclude che per la compilazione dei “kit” ci sia qualcuno che obbliga a pagare 25 euro.


Centinaia le richieste durante le ultime settimane
Nei patronati

«Stiamo continuando a rispondere a una decina di richieste di chiarimento ogni giorno. Immigrati che ci telefonano o che vengono in ufficio per informarsi su come funzione questa “virtuale” sanatoria che in realtà non esiste. Noi cerchiamo di indicargli la strada prevista dalla normativa. Ma è difficile fare fronte a questo meccanismo che si è innescato nell’ultimo mese». Beppino Nosella è un operatore del patronato della Uil e da tempo si occupa del “pianeta immigrazione”.

Ma come può essere accaduta una cosa del genere? «Molto probabilmente – è la spiegazione dell’operatore sindacale – si è diffusa tra le comunità una notizia non corretta. Forse dovuta più a ignoranza, cioé alla non conoscenza esatta delle normative e a una interpretazione sbagliata della legge. Solo che nelle comunità degli stranieri, soprattutto tra gli africani , vi è una rete molto molto fitta. E quindi quando questo tipo di informazione è partita ha fatto velocemente il giro del Paese. Ed è per questo che nelle ultime settimane stanno arrivando in città, e vengono anche nei nostri uffici, molti stranieri che dicono di avere sentito che qui ci si può realizzare».

Non è escluso che qualche associazione etnica, magari in buona fede, abbia diffuso nelle comunità a livello nazionale questo tipo di notizia. Ma c’è anche la possibilità – e in questo senso l’allarme era stato lanciato un paio di settimane fa dall’Associazione Immigrati di Pordenone – che dietro a questo massiccio arrivo in riva al Noncello di immigrati clandestini vi sia qualcuno che magari “vende” i kit irregolari (si era parlato del costo di 25 euro per ogni certificato) che in realtà non servono assolutamente a mettersi in regola. «Sappiamo – aggiunge l’operatore della Uil – che nelle stesse comunità è cominciata un’azione di “controinformazione”, nel senso che si cerca di dire che non esiste alcuna possibilità di sanatoria a Pordenone. Alcuni annunci sono stati anche affissi all’esterno delle chiese e dei luoghi di incontro delle comunità africane di immigrati. Ma è chiaro che per diffondere un’informazione corretta ci vuole del tempo. Per ora, a chi chiede informazioni, possiamo solo consigliare la strada della normativa che è quella da seguire».
(d.l.)