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Come avviene la conversione del pds da studio a lavoro?

Si evidenzia che la possibilità di conversione del pds da studio a lavoro è espressamente prevista dalla legge (art. 6 del Testo Unico sull’Immigrazione), ma sempre in dipendenza della disponibilità delle quote stabilite (art. 3, comma 4 del Testo Unico) nel decreto flussi. L’interessata dovrebbe, quindi, controllare con continuità il nostro sito internet, al fine di essere tempestivamente informata del momento in cui sarà possibile (in base a un nuovo decreto flussi) far presentare dal datore di lavoro la domanda di autorizzazione all’assunzione.

Si precisa che sarà possibile utilizzare le quote previste (sempre che esistano quote utilizzabili da cittadini giapponesi) a condizione che si presenti la domanda prima che le stesse si esauriscano.

E’importante sottolineare che in questo caso non sarà necessario che l’interessata ritorni nel proprio paese d’origine per il rilascio dell’apposito visto d’ingresso per lavoro ma, una volta ottenuta l’autorizzazione della Direzione Provinciale del Lavoro, convalidata dalla questura competente, potrà provvedere alla conversione del pds direttamente in Italia.

L’altro problema importante che ci viene segnalato nel quesito, riguarda il pagamento mensile dei contributi al SSN, senza che ne discenda il diritto di avere un medico di base.

Si evidenzia che, per legge, tali contributi servono per beneficiare, quando servono, delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale, normalmente erogate mediante iscrizione al Servizio stesso.

L’interessata attualmente sta pagando una assicurazione (obbligatoria), ma, nonostante ciò, non può usufruire delle prestazioni previste.

Questo contraddice con il buon senso e, a mio avviso, anche con i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico e con le norme specifiche in materia sanitaria. A questo riguardo non ci sono precedenti e personalmente posso dire che in più occasioni ho proposto a persone in queste medesime circostanze di fare quella che viene generalmente definita una “causa pilota”, cioè un ricorso al Giudice del Lavoro per chiedere che sia accertato se l’esclusione dalle prestazioni operata da parte delle USSL, nonostante il pagamento dei contributi previsti, sia legittima o meno.
Finora mi risulta che nessuno abbia intrapreso questo percorso e, quindi, anche se la magistratura dovesse ritenere che questo diritto effettivamente esiste, non abbiamo ancora avuto la possibilità di verificarlo nel concreto.

L’invito che rivolgo all’interessata è di fare questo esperimento da pioniera e, pertanto, rivolgersi ai legali di sua fiducia.
A mio avviso il diritto esiste considerato che se una parte paga è giusto che l’altra dia un corrispettivo o, diversamente, se risulta che non è possibile avere detto corrispettivo non dovrebbe sussistere alcun obbligo di effettuare il pagamento.
Si precisa che, come minimo, l’interessata può eventualmente chiedere al Giudice del Lavoro la restituzione dei contributi versati al SSN.