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Comitato etico per pratica clinica pediatrica

Comitato etico per la pratica clinica pediatrica – Il “ddl Sicurezza” e la tutela della salute dei minori

Un comunicato del Dipartimento di Pediatria dell'Ospedale di Padova

Il Comitato Etico per la Pratica Clinica Pediatrica del Dipartimento di Pediatria di Padova
(unico Comitato etico con tali competenze nella Regione Veneto) nell’ambito dei propri fini
istitutivi di sensibilizzazione alla dimensione etica delle decisioni diagnostico-terapeutiche e
dell’erogazione dei servizi sociosanitari che riguardano i bambini, gli adolescenti e le loro famiglie,
ha avviato una riflessione sul Disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”,
approvato dal Senato della Repubblica Italiana il 5 Febbraio 2009 (ddl S-733) ed attualmente in
corso di esame alla Camera dei Deputati (con la denominazione C-2180).
Fra le norme introdotte da tale Decreto, due in particolare rivestono un significato
importantissimo per le possibili conseguenze sulla salute dei bambini:
a) l’abrogazione del divieto di segnalazione dei soggetti non in regola con le norme sul
soggiorno (art. 45, co. 1, lett. t, che abroga integralmente l’art, 35, co. 5 del Testo Unico
sull’Immigrazione, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286);
b) l’introduzione del reato di clandestinità (art. 21, che introduce l’art. 10 bis nel Testo Unico
sull’Immigrazione, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286).

Apparentemente l’abrogazione del divieto di segnalazione dei soggetti non in regola con le
norme sul soggiorno, lascia il personale sanitario libero di decidere se segnalare o meno, ma la
contestuale introduzione del reato di clandestinità verrebbe a comportare, per il medico, il dovere di
referto (1) all’autorità giudiziaria quando esso presti la sua opera nei confronti di persone clandestine.
Per i professionisti tenuti al referto, tuttavia, resterebbe immutata la libertà di decidere, in
quanto il referto può essere omesso quando la sua presentazione esponga la persona assistita a
procedimento penale (art. 365 c.p.). Solo per il medico che assista un bambino il dovere di
segnalazione non verrebbe ad avere alcuna possibilità di deroga, poiché i minori di anni 14 non
possono essere sottoposti a procedimento penale, in quanto non imputabili.

Il Pediatra pertanto avrà l’obbligo di denunciare il fatto di aver prestato assistenza ad un
minore che risulti figlio di clandestini senza avere alcuna possibilità di omettere il referto (che non
verrebbe ad esporre a procedimento penale la persona assistita bensì i genitori).
Sono allarmanti le prevedibili conseguenze di questa scelta:
– la possibilità di essere denunciati agirà come forte deterrente per l’accesso alle strutture
sanitarie da parte dei genitori,
– sarà favorito il ricorso a cure alternative, con la creazione di circuiti di servizi “clandestini”
incontrollati.

Diversa è la situazione di soggetti imputabili (maggiorenni) per i quali sussiste la facoltà di
non segnalare. Tuttavia questo Comitato non può ignorare – nell’ottica della propria competenza – l’inevitabile ripercussione del decreto sulle donne in gravidanza, tra le quali è prevedibile il
diffondersi di un giustificato timore a recarsi presso strutture o professionisti sanitari.
La mancata assistenza alla donna in gravidanza comporta un rischio per la salute del feto e
del neonato e un possibile peggioramento degli esiti neonatali già oggi più sfavorevoli tra i figli di
stranieri, specie tra gli irregolari. Tutti gli indicatori sanitari infatti confermano la maggiore
vulnerabilità dei minori figli di immigrati, sia in quanto bambini (fascia a maggior rischio e la più
sensibile ai determinanti di salute), sia per lo svantaggio socio economico della famiglia, che
comporta fattori di rischio ambientale più pesanti.

Inoltre i danni dovuti alle mancate cure possono
avere ripercussioni sulla salute futura, perché si tratta di soggetti in evoluzione.
Un altro importantissimo problema che emerge dall’esame del Disegno di legge in
discussione riguarda le conseguenze dell’art. 45, lett. f) di modifica all’art. 6 del Testo Unico del
1998, che esenta dall’obbligo di presentare il permesso di soggiorno in occasione di provvedimenti
riguardanti gli atti di stato civile o per accedere a pubblici servizi.
L’approvazione del Disegno di Legge, nell’attuale formulazione, elimina, dalle eccezioni
all’obbligo di esibizione del permesso di soggiorno, la registrazione/iscrizione degli atti di stato
civile o l’accesso ai pubblici servizi. Sarà così ostacolata l’iscrizione/registrazione di nascita dei
figli di cittadini stranieri irregolari. La mancata ufficializzazione della presenza del nato potrà così
lasciare spazio a pesantissimi illeciti che vanno dalle adozioni clandestine fino al rischio di traffico
d’organi. Sarà contrastato l’accesso a tutti i servizi pubblici sociali e scolastici, rendendo
impossibile qualunque forma di tutela del minore.

Il Disegno di Legge, ponendo le premesse per la condanna dei minori all’“invisibilità”,
rappresenta la base per la violazione di tutti i diritti fondamentali dei bambini, ponendosi in
evidente contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione italiana, dalla legge istitutiva del Servizio
Sanitario Nazionale, dalle Convenzioni internazionali a tutela del minore, in particolare dalla
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989, sul tema del diritto
alla vita e alla salute per i minori.
Il Comitato Etico per la pratica clinica pediatrica del Dipartimento di Pediatria di Padova
esprime viva preoccupazione (i) per il rischio che venga minato alla base il principio fondamentale
su cui si basa il nostro sistema sanitario, ossia il diritto alla salute quale prima espressione del
rispetto per la dignità di ogni essere umano; (ii) per le possibili conseguenze negative di tale
Decreto (se definitivamente approvato nell’attuale stesura) sul sistema della prevenzione in generale
e sulla salute dei bambini e delle donne in stato di gravidanza in particolare.

Nota:
(1) La contestuale veste pubblica dei medici operanti nelle strutture del SSN qualifica gli stessi come pubblici ufficiali e/o
incaricati di un pubblico servizio da cui deriva il dovere di denuncia dei reati prevista dagli art. 361 e 362 c.p. Non
intendiamo, in questa sede, entrare nel merito della distinzione tra referto e denuncia (né tra delitti e contravvenzioni) e
svilupperemo il discorso facendo riferimento al dovere di referto, così come richiamato dalla norma abroganda e
all’ipotesi di reato soggetto al dovere di segnalazione. Qualora si ritenesse sussistere il dovere di denuncia, i medici non
potrebbero esimersi dal segnalare la situazione di clandestinità non essendo prevista, per la denuncia, l’esimente propria
del referto che consente al professionista sanitario di non presentare il referto quando ciò possa esporre a procedimento
penale la persona assistita.