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Dal Bollettino News Europa a cura di Chiara Favilli

Commento ad alcune novità sulla legislazione europea

Ingresso e soggiorno di cittadini non comunitari per ricerca attività di lavoro subordinato o autonomo

È stata approvata dall’Europarlamento una risoluzione in relazione alla proposta di direttiva sulla spinosa questione del rilascio di permessi d’ingresso nell’Unione Europea anche per un soggiorno temporaneo di 6 mesi per ricerca lavoro.

Si è trovato l’accordo sulla proposta di prevedere il rilascio di un permesso temporaneo per i cittadini non comunitari che entrano con lo scopo di trovare un occupazione o per frequentare corsi di formazione professionale.
Per l’appunto, con tale risoluzione, approvata per iniziativa di una relatrice spagnola, gli eurodeputati hanno chiesto la modifica di una proposta di direttiva fatta a suo tempo dalla Commissione Europea, in materia di armonizzazione dei permessi di soggiorno nei 15 paesi dell’unione Europea.

Infatti l’Europarlamento ha chiesto che “venga lasciata la possibilità agli stati membri di concedere permessi temporanei, fino a 6 mesi, finalizzati alla ricerca di un impiego o alla formazione”.
Tempo fa avevamo criticato la scelta della legge Bossi Fini di abrogare l’istituto dello sponsor in Italia (per ricerca lavoro, meccanismo che permetteva, secondo quote annuali incluse nei decreti sui flussi, di entrare per ricercare un attività regolare).
Sappiamo bene che nessun datore di lavoro assume un lavoratore straniero che non ha mai visto né conosciuto. Sappiamo bene che praticamente tutte le autorizzazioni all’assunzione dall’estero formalmente rilasciate, riguardano persone che sono già presenti in Italia, irregolari, che hanno la fortuna di trovare un datore di lavoro che intraprende questa rischiosa e farraginosa procedura.

La scelta di abrogare lo sponsor contrasta evidentemente con le proposte attualmente in esame a livello comunitario, proprio sulla possibilità di affidare agli Stati membri, con leggi interne, la regolamentazione dell’ingresso per ricerca lavoro.
Dunque, se verrà approvata la proposta di direttiva al riguardo, il lavoratore immigrato avrà la possibilità di convertire, una volta trovato lavoro, il permesso provvisorio in permesso rinnovabile, sena dover uscire dallo stato europeo in cui si trova.
Naturalmente ci auguriamo che gli Stati membri seguano questa importante indicazione, augurandoci un ravvedimento anche da parte del legislatore italiano, ovvero che sia reintrodotta la possibilità di ingresso in Italia per ricerca lavoro.

Approvata la direttiva sull’accoglienza dei richiedenti asilo

Il Consiglio dell’Unione Europea Affari generali e relazioni esterne del 27 gennaio 2003 ha formalmente approvato la proposta di direttiva recante norme minime per l’accoglienza dei richiedenti asilo dell’aprile 2001, dopo che nel Consiglio del 28 novembre 2002, era stato raggiunto l’accordo politico.
La direttiva prevede che ai richiedenti asilo in attesa della conclusione dell’esame della propria richiesta sia garantito un alloggio, cibo, vestiario e un sostegno economico per le spese giornaliere oltre a cure mediche, informazioni e accesso alla scuola.
Gli aspetti della direttiva più deboli sono quelli relativi all’accesso al lavoro ed al trattamento dei familiari. In altre parole continua ad essere impedito, durante tutto il tempo di attesa, l’accesso al lavoro regolare. Questo significa che, nel tempo medio statistico di oltre un anno di attesa in Italia, queste persone non hanno la possibilità di lavorare in regola ma sono di fatto costrette al lavoro nero.

Altra questione non risolta è la possibilità di farsi raggiungere dai propri cari, poiché si prevede che la procedura di ricongiunzione familiare non possa avere luogo per tutto il tempo di perfezionamento della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato.
Questa direttiva europea sull’asilo dovrà essere trasposta negli ordinamenti nazionali entro gennaio 2005.

Controllo frontiere e immigrazione clandestina

Fra le misure adottate dal Consiglio del 19 dicembre, in materia di gestione delle frontiere esterne e lotta all’immigrazione clandestina, è stata ribadita la “necessità di effettuare rigidi controlli alle frontiere esterne in particolare in entrata”. Naturalmente, per l’uscita dagli stati non ci sono problemi…..anche se è sempre più frequente (soprattutto da parte della polizia di frontiera austriaca) la prassi di formalizzare il provvedimento di espulsione in uscita: infatti, quando un cittadino non comunitario, senza documenti, è in transito e sta uscendo, verso il proprio paese di origine, ciò nonostante può essere colpito da un provvedimento di espulsione (che in base all’accordo di Schengen produce effetti in tutta l’U. E.).
Nella misura adottata dal Consiglio si sottolinea che ad ogni ingresso debba essere apposto un timbro da parte delle autorità di frontiera che attesti, oltre alle altre informazioni richieste dal manuale comune, la data di tale attraversamento della frontiera. Nel caso in cui il passaporto del cittadino di Paese terzo sia privo di tale timbro occorre procedere ad una valutazione della legittimità del soggiorno della persona in questione. In altre parole, l’indicazione che viene data (e che sarà assunta da tutti i paesi membri) è di far sì che la polizia di frontiera metta SEMPRE il timbro di ingresso al momento dell’entrata nello spazio Schengen. Quindi, quando poi lo straniero si presenta munito del passaporto per la richiesta del permesso di soggiorno, per controllare se il suo ingresso in territorio Schengen è stato regolare si prescrive di andare a verificare il timbro, e si suggerisce quasi che, in caso di mancanza del timbro di ingresso, si debba o si possa presumere un ingresso irregolare.
Sappiamo però che molti posti di polizia di frontiera non applicano sempre la prassi di mettere i timbri di entrata.
Esempio pratico: la frontiera tra Italia e Slovenia nei giorni di intenso traffico. Peraltro, sia i croati che gli sloveni entrano con le carte d’identità e su quelle non si mettono comunque i timbri.
Di conseguenza, l’indicazione dell’obbligo dei timbri, potrà dar luogo a molta confusione e soprattutto potrà permettere a molti uffici di polizia di presumere un ingresso irregolare quando invece si tratta di presumere più spesso una inefficienza dei controlli di frontiera.

Diritto di asilo: la schedatura di Eurodac

È operativo a partire dal 15 gennaio 2003 il sistema di rilevazione delle impronte digitali per i richiedenti asilo previsto dal regolamento Eurodac.
Eurodac è un sistema informativo tra i paesi che applicano la Convenzione di Dublino, in materia di concessione dello status di rifugiato, con cui vengono stabilite ulteriori misure per garantire la effettività dei principi della Convenzione.
Ricordiamo che, in base alla Convenzione di Dublino, i richiedenti asilo potranno di regola avere un’unica chance nello spazio europeo per accedere alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, il che implica in pratica l’impossibilità per la stessa persona di fare domanda in più Paesi diversi. Dunque, per assicurarsi che il richiedente asilo inoltri la domanda una sola volta, è stato adottato il programma Eurodac.

Il programma prevede l’archiviazione delle impronte digitali dei richiedenti asilo e il loro scambio tra i paesi aderenti, proprio per poter verificare se, magari sotto un nome diverso, la stessa persona inoltra la domanda in più paesi.

Espulsioni: accordo sconcertante tra Svizzera e Senegal

La Svizzera ha concluso un accordo con il Senegal volto ad espellere verso questo Paese ogni cittadino dell’Africa occidentale di nazionalità incerta e la cui domanda di asilo sia stata rigettata. A quanto pare, dunque, il Senegal ha dichiarato di accettare qualsiasi cittadino africano di presunta provenienza da quell’area, senza porsi alcun problema. Saremmo curiosi di sapere quali sono le altre condizioni pattuite tra Svizzera e Senegal perché bisogna pur pensare che il paese di “accoglienza” abbia avuto qualche vantaggio nel concludere questo tipo di accordo.
È sconcertante che si riesca a negoziare le espulsioni all’ingrosso dei richiedenti asilo verso un paese che non è il loro paese.

Sarebbe interessante sapere quali garanzie di tutela dei diritti fondamentali il governo senegalese riserverà a queste persone sgradite alla Svizzera. Con quali criteri il Senegal potrà preoccuparsi di rinviare queste persone ai loro paesi di origine?