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Commento ai temi trattati durante l’estate 2004

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Centri di trattenimento al di fuori della Comunità europea
I fatti di quest’estate, ed in particolare la nota vicenda della nave Cap Anamur, nonché il precedente e successivo afflusso sulle coste italiane di moltissimi richiedenti asilo, hanno portato a proposte addirittura deliranti.
Il ministro tedesco Otto Schilly ha proposto di costituire dei centri di trattenimento nel nord Africa, dove dovrebbero essere create delle agenzie formate da funzionari degli Stati membri dell’Unione europea, cui sarebbe stato attribuito il compito di decidere chi fra i richiedenti asilo africani può entrare in Europa.
La proposta sviluppa un’originaria idea avanzata dal Regno Unito nel 2003 che era stata accolta criticamente da alcuni Stati dell’UE, compresa la Germania. Successivamente al caso Cap Anamur, la posizione di questo paese sembra però essere cambiata visto che, secondo lo stesso ministro tedesco, la proposta non ha finora sollevato reazioni negative da parte degli altri Stati membri. Anche il nuovo commissario europeo Rocco Buttiglione avrebbe affermato – in un’intervista ad una radio tedesca – che “si tratterrebbe di una buona idea, che permetterebbe ai rifugiati di entrare in Europa in modo legale”. Germania ed Italia stanno inoltre lavorando ad un progetto comune, fortemente voluto dal ministro dell’Interno Pisanu, che sarà illustrato ad un incontro dei cinque grandi (si fa per dire!) – Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Spagna – che si terrà a metà ottobre a Firenze. Il progetto è volto a valutare complessivamente la lotta all’immigrazione clandestina considerando tutti e 25 gli Stati membri.
Viene da chiedersi come si pensi di riempire questi centri di accoglienza – anche se il termine più calzante sembra essere quello di centri di detenzione – per candidati africani alla richiesta d’asilo nei paesi europei. Fa incuriosire e sorridere immaginarsi un afflusso volontario di persone che si avviano verso dei centri di permanenza temporanea che dovrebbero essere aperti verosimilmente sulle coste africane e gestiti, non si sa con quale trasparenza sulle garanzie del rispetto dei diritti umani, da parte di preposti dei paesi membri.
È facile dubitare che persone le quali intendono esercitare il diritto di asilo in Italia o in altri paesi dell’UE, possano con fiducia e serenità rivolgersi a questi centri di permanenza, mentre ancora si trovano in prossimità dei paesi da cui stanno fuggendo. È assai più verosimile ritenere che scelgano la strada per la libertà, finché possono conservarla almeno a livello individuale, per cercare le loro sorti direttamente in Europa.
Ma evidentemente la prospettiva è un’altra: in pratica si sta parlando di una sorta di campi di concentramento che verranno riempiti e gestiti da polizie di altri paesi ancor meno sensibili al diritto di asilo ed in base a rapporti di “cooperazione” dagli interessanti risvolti economici. Che questo abbia a che fare con lo spirito ed il testo della Convenzione di Ginevra lo lasciamo giudicare ai lettori…

Le modifiche alla legge Bossi Fini
La stampa ci ha inoltre informato del fatto che è stata approntata una bozza di decreto legge relativa agli aggiustamenti che necessariamente il governo deve apportare alla legge Bossi – Fini, relativamente all’esecuzione del provvedimento di espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera. Come è noto la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità della normativa di cui alla legge stessa (art. 13, comma 5bis e art. 14, comma 5, quinquies), nella parte in cui omette la garanzia del controllo della magistratura nell’ambito della restrizione alla libertà personale che si opera allorquando si cattura un clandestino e si esegue immediatamente il provvedimento di espulsione, senza consentire alcun esame da parte dell’autorità giudiziaria e alcun esercizio del diritto alla difesa.
Il decreto legge avrebbe individuato la soluzione che consisterebbe nel demandare al giudice di pace la competenza dell’esame del diretto interessato; allo stesso spetterebbe il potere di convalidare o meno il provvedimento restrittivo della libertà personale e, successivamente, l’esecuzione dell’espulsione immediata. Ci si augura si tratti di un esame effettivo che comporti cioè l’audizione personale dell’interessato con l’assistenza di un difensore di fiducia o di ufficio.
E’ comunque evidente che si vogliono affidare questioni che attengono direttamente la libertà personale degli individui ad un giudice che normalmente si occupa di questioni di rilevanza minore, laddove tutti gli altri provvedimenti concernenti la libertà personale degli individui sono affidati, dalla legge italiana, al giudice ordinario.
Questo fa pensare ad un giudice per i poveri e ad un giudice normale per i cosiddetti cittadini normali o benestanti, e ciò non può che suscitare qualche preoccupazione. Peraltro, come si è potuto apprendere successivamente, vi sono anche ulteriori problemi di carattere finanziario, considerato che mancano i soldi per finanziare l’intervento dei giudici di pace e per finanziare l’ulteriore trattenimento delle persone precedente l’esecuzione dell’espulsione presso i centri di permanenza temporanea. Si stima un fabbisogno di 4,1 milioni di euro per i giudici di pace; tuttavia, i ministeri non si sono ancora messi d’accordo per recuperare, nei rispettivi stanziamenti di bilancio, i fondi necessari per dare operatività a questo decreto legge, che potrebbe essere immediatamente operativo a partire dal giorno della pubblicazione, a condizione che vi siano i soldi per far fronte alle spese relative.