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Commento all’entrata in vigore del regolamento di attuazione sul diritto di asilo

Dal 21 aprile 2005 è diventato operativo a tutti gli effetti il nuovo “Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato” (DPR 16 settembre 2004, n. 303). Il regolamento era già stato pubblicato e, quindi, si può dire – tecnicamente – che era già in vigore, ma la sua operatività era stata espressamente rinviata alla data sopra indicata.

La procedura ora vigente prevede l’esame della domanda da parte di sette Commissioni territoriali, distribuite sul territorio nazionale, ma, soprattutto, i richiedenti asilo potranno essere sottoposti al trattenimento presso i Centri d’Identificazione (art. 5 ss.) che, a seconda dei casi, può essere facoltativo oppure obbligatorio.

I centri d’identificazione come i centri di permanenza temporanea
Si rileva che la circostanza che i centri d’identificazione non siano fisicamente separati – o quantomeno non sia facile distinguerli – rispetto ai CPT per gli espellendi, è molto preoccupante. L’assimilazione dei richiedenti asilo ai cosiddetti clandestini è talmente evidente che, dal punto di vista della prassi, sembra che ci si stia sempre più approssimando ad una assimilazione vera e propria delle due categorie.
A riguardo, una recente dichiarazione stampa di Filippo Miraglia (responsabile immigrazione dell’ARCI) sintetizza la gravità della situazione denunciando che le commissioni territoriali non si sono ancora insediate. In effetti ancora non si sa chi (non è ancora nota la designazione dei componenti designati dall’Anci – Associazione nazionale Comuni d’Italia – che dovranno essere membri a tutti gli effetti) e come dovrà esaminare le eventuali domande che saranno e potranno essere presentate. Ne discende che, non essendo ancora il nuovo impianto completamente funzionante, ci troviamo in una situazione di sospensione dei diritti. Infatti indiscrezioni fanno sapere che il Ministero dell’Interno sembra abbia dato inizialmente istruzione alle questure di non procedere al ricevimento delle domande d’asilo per una settimana, per dare il tempo di organizzare l’attività delle commissioni. Quindi, sempre in base a queste indiscrezioni, sembra che coloro che si dovessero presentare in questi giorni presso le questure, potrebbero avere come unica risposta il rinvio e, quindi, un appuntamento ai giorni successivi.

Miraglia ribadisce che la legge Bossi – Fini (L. 20 luglio 2002 n. 189), anche in relazione al diritto d’asilo, da un punto di vista politico criminalizza i richiedenti e precisa che “la concessione d’asilo in Italia è pari a circa un quinto di quanto avviene negli altri paesi europei”.
In Italia la concessione dell’asilo riguarda meno dello 0,01% della popolazione, contro lo 0,4% di media degli altri paesi europei. Ogni anno in Italia sono circa 10.000 le richieste presentate, ma teniamo conto che questo dato è decisamente in calo rispetto agli anni precedenti. Quindi, nonostante si alimenti da parte del Governo un diffuso allarme sociale rispetto al timore di invasione da parte di richiedenti asilo (addirittura con il sospetto che tra questi si possano annidare dei terroristi), le domande sono in calo!
Peraltro è interessante sottolineare quanto ha già evidenziato Miraglia e cioè che “nel nostro paese più del 90% delle domande sono respinte, mentre negli altri Stati le domande non accolte si aggirano intorno al 50%”
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Vedremo se la prassi introdotta con il nuovo Regolamento di attuazione e la prevista attività delle Commissioni territoriali modificherà questi dati, ma, francamente non ci sentiamo di essere ottimisti.

Ricordiamo, con l’occasione, che il Regolamento di attuazione in materia d’asilo, elenca precisamente – si fa per dire – i casi in cui può essere disposto il trattenimento facoltativo e i casi in cui deve essere disposto il trattenimento obbligatorio, direttamente presso i Cpt, dei richiedenti asilo.

Il Trattenimento facoltativo può essere disposto nei seguenti tre casi:
a) per verificare o determinare la nazionalità o l’identità del richiedente asilo, qualora egli non sia in possesso dei documenti di viaggio o d’identità, oppure abbia, al suo arrivo nello Stato, presentato documenti risultati falsi (art. 1-bis, dl 30 dicembre 1989, n. 416, convertito con modificazioni dalla l. 28 febbraio 1990, n. 39 – Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato)

Com’è noto, normalmente un richiedente asilo giunge privo di documenti oppure è costretto – proprio per poter espatriare clandestinamente dal proprio paese e sottrarsi alle persecuzioni – a munirsi di documenti o visti falsi.
In ogni caso, quand’anche il richiedente asilo si presentasse munito di documenti, è sempre possibile dubitare della loro autenticità e, quindi, della sua identità o nazionalità; ne discende che, come ben si può comprendere, l’utilizzo del trattenimento facoltativo di queste persone ha nella pratica una possibilità di applicazione illimitata.

b) per verificare – a piena discrezione dell’autorità di polizia di frontiera – gli elementi su cui si basa la domanda d’asilo, qualora tali elementi non siano immediatamente disponibili.

Personalmente ritengo di avere una certa esperienza in materia di “domande d’asilo” avendo assistito moltissimi richiedenti. Io stesso avrei difficoltà a riconoscere ed individuare situazioni in cui gli elementi su cui si basa la domanda d’asilo siano immediatamente disponibili, anche perché quand’anche l’interessato – cosa rarissima – disponesse di prove in senso tecnico-legale, che dimostrano la sua persecuzione, si potrebbe dubitare dell’autenticità delle stesse e, quindi, si potrebbe considerare, che questi elementi non siano immediatamente disponibili.

c) in dipendenza del procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato.

Questa formulazione è molto ambigua e, verosimilmente, si riferisce alla verifica di un procedimento per la determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di asilo nel caso in cui – in base alle norme della Convenzione di Dublino sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee del 15.06.1990 – si possa dubitare che lo Stato italiano sia competente ad esaminare la domanda stessa.

Il Trattenimento obbligatorio deve sempre essere disposto nei seguenti due casi:
a) a seguito della presentazione di una domanda d’asilo presentata dallo straniero per aver eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare.

Si tratta di una previsione veramente paradossale. In pratica si prevede che il trattenimento sia disposto sempre, obbligatoriamente, in quasi tutti i casi di richiesta d’asilo che si conoscono nella pratica, perché è notorio che i richiedenti asilo giungono in condizioni irregolari sul territorio italiano e, normalmente, non giungono attraverso uno scalo portuale o marittimo, ma con le famose carrette del mare, oppure nascosti in container, camion, stive delle navi. Pertanto, in base all’esperienza pratica, giungono sempre in situazioni che rappresentano, dal punto di vista oggettivo, una elusione, o un tentativo di elusione dei controlli di frontiera.
Dovremmo pertanto immaginare che, anche solo in applicazione di questa disposizione, il trattenimento debba essere, nella quasi totalità dei casi, obbligatoriamente disposto da parte dell’autorità di polizia di frontiera.

b) a seguito della presentazione di una domanda di asilo da parte di uno straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione o di respingimento.

Tale disposizione richiama Il caso della Cap Anamur
I richiedenti asilo che erano a bordo della nave, finché erano ancora in alto mare, avevano già preannunciato a chiare lettere – anche tramite agenzie di stampa – la loro intenzione di chiedere asilo non appena giunti sul territorio italiano. Appena scesi dalla nave però, la loro intenzione di chiedere asilo non è stata tenuta in considerazione e, invece, sono stati considerati subito come semplici clandestini. Sono stati pertanto colpiti da un provvedimento di respingimento e internati in un centro di detenzione. Il loro trattenimento è stato convalidato dal giudice competente, sempre tenendo in considerazione la loro condizione di stranieri giunti irregolarmente sul territorio. Solo successivamente è stata presa in considerazione la domanda d’asilo.
Questo esempio contribuisce a rendere più evidente come la casistica dei richiedenti asilo che non sono sottoposti al trattenimento obbligatorio è destinata ad essere alquanto rarefatta. Sarà poi molto interessante vedere come dovrebbe concretamente realizzarsi questo trattenimento presso i centri d’identificazione. Se dovesse rappresentare una forma di effettiva restrizione della libertà personale avremmo una condizione contrastante con i principi della Costituzione italiana (art. 13) perché sappiamo che qualsiasi restrizione della libertà personale deve essere sottoposta al controllo e alla convalida dell’autorità giudiziaria; ciò che, invece, nella procedura disegnata dal regolamento di attuazione non è assolutamente previsto.
Lo stesso Consiglio di Stato nel dare il proprio parere sullo schema del Regolamento di attuazione della legge Bossi-Fini relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato (adunanza del 26 gennaio 2004), aveva espresso delle serie perplessità sulla legittimità delle norme relative al trattenimento, proprio con riferimento a principi costituzionali in materia di tutela delle libertà personale.

Difficile immaginare – ma purtroppo lo vedremo presto – come possa non essere ristretta la libertà personale di questi soggetti se si considera che la loro “ospitalità” è prevista all’interno di locali che saranno semplicemente distinti, ma pur sempre situati all’interno dei Cpt per gli espellendi; ciò risulta con evidenza dalle misure organizzative adottate per utilizzare come centri di identificazione per i richiedenti d’asilo sia il centro di detenzione di Roma che quello di Milano, ma non solo.

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