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Commento alle modifiche apportate alla normativa sull’immigrazione dal d.l. 241/2004

Modifiche alla legge Bossi Fini approvate dal Senato

In questi giorni è in corso il dibattito parlamentare relativo alla conversione in legge del decreto legge 241 del 2004 – c.d. decreto salva espulsioni – che, dovendo recepire le note sentenze della Corte Costituzionale (nn. 222 e 223 del luglio 2004) sulle garanzie del diritto di difesa e sull’obbligo del controllo dell’autorità giudiziaria in materia di espulsione, ha costretto il Governo a modificare la legge Bossi Fini (l. 30 luglio 2002, n. 189).
Lo scorso 20 ottobre il Senato ha licenziato il testo di legge di conversione che, peraltro, ha riguardato anche aspetti diversi rispetto a quelli relativi all’espulsione e alla esecuzione della stessa.
Il dibattito passa ora alla Camera dove sarà possibile introdurre ulteriori modifiche e integrazioni e, qualora ciò dovesse accadere, il testo dovrà ritornare al Senato per la successiva e ulteriore approvazione.
Esaminiamo di seguito per punti quali sono le novità introdotte.

Trattenimento nelle questure per lo straniero sottoposto all’esecuzione del provvedimento di espulsione

E’ previsto il trattenimento in un Centro di permanenza temporanea (e questo non aggiungerebbe nulla rispetto al testo del decreto legge). Tuttavia si prevede anche che, se il provvedimento può essere definito direttamente nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento, il procedimento sulla convalida del trattenimento nel Cpt e sulla convalida dell’accompagnamento alla frontiera, viene definito direttamente presso il luogo dov’è stato adottato il provvedimento di allontanamento.
Al di là della terminologia utilizzata, la situazione che si ritiene di affrontare adeguatamente con la norma correttiva che è stata proposta dal Senato, sarebbe quella che non essendoci ancora – per fortuna – in tutte le città d’Italia i centri di detenzione, si era posto il problema che nel momento in cui lo straniero viene preso e trattenuto per l’esecuzione di un provvedimento di espulsione e di accompagnamento alla frontiera, il trattenimento avrebbe dovuto essere disposto in un Cpt. Ma se poi il giudice di pace (che dovrebbe decidere sulla tutela della libertà personale, sulla convalida dell’accompagnamento alla frontiera ed, eventualmente, anche su ricorso contro il provvedimento di espulsione) si trova in un luogo diverso e magari a centinaia di chilometri di distanza, non si capiva bene cosa fare.

Esempio pratico – Uno straniero sottoposto a giudizio del giudice di pace di Venezia avrebbe dovuto essere accompagnato al centro di detenzione più vicino, cioè Bologna, per poi essere in 48 ore riaccompagnato in udienza davanti al giudice, presso gli uffici messi a disposizione dalla locale questura. Tutto questo in sole 48 ore e, naturalmente, con l’accompagnamento da parte delle forze di Polizia.
Per ovviare – si fa per dire – a questo inconveniente la norma correttiva proposta dal Senato, prevede che il procedimento venga definito sempre nel luogo ove risiede il giudice di pace competente e che il provvedimento di accompagnamento al Cpt non venga attuato laddove possa essere direttamente definito il procedimento nel luogo ove si trova il giudice.
In altre parole non si porta su e giù lo straniero presso i Cpt, ma si trattiene direttamente presso la questura – come già sta avvenendo – in “camera di sicurezza” fin tanto che arriva il giudice che decide sulla convalida del trattenimento, dell’accompagnamento ed eventualmente sulla legittimità del provvedimento di espulsione.

Ecco che abbiamo un ulteriore salto di qualità: dalla custodia degli stranieri da espellere presso i Cpt, si passa direttamente alla custodia presso le “camere di sicurezza” delle questure!
Queste ultime, peraltro, non sono luoghi di detenzione attrezzati per custodire le persone e per garantire loro condizioni igieniche sanitarie proprie di un normale soggiorno.
È vero che tutto questo dovrebbe riguardare un ristretto arco di tempo di massimo 48 ore, ma comunque, come già è accaduto, ci troviamo di fronte al rischio di persone che possono essere di fatto detenute senza avere adeguato vitto e alloggio, senza poter godere di una garanzia regolamentata di corrispondenza con l’esterno; vedremo poi come funzioneranno i rapporti con i legali eventualmente nominati di fiducia e le possibilità di accesso e di colloquio con gli interessati.
In conclusione l’emendamento proposto dal Senato in buona sostanza ci dice che si passa dai centri di detenzione direttamente alle questure.

Quadruplicate le pene per chi non ottempera l’ordine di uscire dall’Italia

E’ previsto l’arresto obbligatorio in caso di reingresso non autorizzato nel territorio italiano da parte dello straniero che sia già stato colpito da un provvedimento di espulsione. In altre parole la inottemperanza ad un provvedimento amministrativo viene sanzionata con una gravità che può essere paragonata a quella di reati di bancarotta fraudolenta, di rapina impropria o ai reati di spaccio di rilevante quantità di sostanza stupefacente, con la conseguenza che si criminalizza la clandestinità.
Lascio giudicare agli utenti del sito se mettere in un unico calderone gli immigrati irregolari e la criminalità possa giovare alla tutela dell’ordine pubblico.

L’ottenimento del gratuito patrocinio

Difficile ottenerlo in 48 ore
Vengono poi estese esplicitamente alla convalida del trattenimento nel Cpt le disposizioni relative all’assistenza da parte di un difensore di fiducia o, in mancanza, di un difensore di ufficio e di un interprete; si tratta di garanzie già previste per il ricorso contro l’espulsione. Il problema che però resta – e che è arduo superare – è quello della documentazione necessaria per poter ottenere l’autorizzazione al gratuito patrocinio a spese dello Stato.

Infatti il famoso documento consistente nella certificazione o attestazione dell’autorità consolare del paese di provenienza – in base alla quale dovrebbe risultare che la dichiarazione sulla mancanza di redditi nel paese di origine rilasciata all’interessato è veritiera – è pressoché impossibile da ottenere presso gli uffici consolari perché spesso viene rilasciata in modo non idoneo allo scopo, oppure viene rifiutata e comunque nel tempo strettissimo (48 ore) necessario per munirsi di un eventuale difensore di fiducia pagato dallo Stato (in base alla normativa sul gratuito patrocinio, dpr 30 maggio 2002, n. 115 – Testo Unico sulle Spese di Giustizia) è praticamente cosa impossibile. Ne discende che – con una punta evidente di ipocrisia – si garantisce formalmente l’accesso al patrocinio a spese dello Stato, salvo poi renderlo impossibile.

Convalida espulsione: competenza unica dei giudici

Nel caso di persone che hanno in corso procedimenti giudiziari in materia di diritto all’unità familiare o di diritto del minore a rimanere in Italia, quindi procedimenti che si promuovono davanti al giudice ordinario o davanti al Tribunale dei minorenni, si stabilisce che per il giudizio di convalida dell’accompagnamento alla frontiera o del trattenimento all’interno del CPT, saranno rispettivamente competenti questi due giudici.
In altre parole, si tratta di una disposizione di coordinamento che assegna all’unico giudice che si sta occupando della vicenda anche il compito di valutare e di decidere sulla convalida dell’accompagnamento alla frontiera e del trattenimento nel Cpt; ciò nel caso in cui entrambi i giudizi abbiano un esito negativo.
In altre parole, si capisce che se dovesse andar male il procedimento già pendente con il quale si chiede l’accertamento del diritto all’unità familiare da un lato o l’accertamento del diritto del minore a rimanere in Italia dall’altro, lo stesso giudice decide di seguito anche sulla convalida dell’accompagnamento alla frontiera o del trattenimento in un Centro di permanenza temporanea. Questo per evitare che “la mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra”.

Accesso ai corsi dell’università

Si precisa che la norma che garantisce il diritto allo studio in condizioni di parità con i cittadini italiani (per stranieri titolari di pds di carattere stabile) si estende anche ai corsi e alle scuole di specializzazione post-universitarie; ciò dovrebbe superare la nota chiusura che il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica ha sempre mantenuto sulla possibilità degli extracomunitari di accedere ai corsi di specializzazione.
Infatti, la limitazione che veniva posta era quella di consentire l’accesso ai corsi di specializzazione ai soli titolari di borse di studio rilasciate dai governi di appartenenza o nell’ambito di progetti di cooperazione, con la conseguenza che chi si trova in Italia e, magari, munito di reddito autonomo perché già inserito nel mercato del lavoro, sta lavorando e vuole, dopo la laurea, accedere ad un corso di specializzazione post-universitaria, si è sempre trovato di fronte al fatto che è privo di una borsa di studio rilasciata dal proprio governo. Perciò, questa disposizione – sempre che venga confermata – dovrebbe fare giustizia e, quindi, risolvere finalmente il problema. Ringraziamo l’on. Guerzoni ed altri di aver introdotto e presentato questa proposta in sede di dibattito parlamentare.

Possibilità per i neo regolarizzati di rinnovare il permesso di soggiorno anche per motivi di lavoro autonomo

Questa è una lettura semplificata di un testo in realtà piuttosto circonvoluto ed anche un po’ sgrammaticato, che è stato introdotto nella versione licenziata dal Senato. In altre parole, si dovrebbe in questo modo superare il problema del rifiuto dei rinnovi del permesso di soggiorno che molti neoregolarizzati con l’ultima sanatoria hanno incontrato poiché è risultato che, dopo aver svolto l’attività di lavoro subordinato che ha dato luogo alla regolarizzazione, hanno avviato una lecita e regolare attività di lavoro autonomo.
Questure e Ministero dell’Interno hanno sempre sostenuto che il permesso di soggiorno dei neoregolarizzati sarebbe stato un pds di serie B, che li avrebbe condannati a svolgere per sempre il lavoro iniziale (le badanti solo le badanti e gli operai solo gli operai).
Quest’emendamento, se confermato, dovrebbe risolvere il problema.

Rinnovo pds anche in altre strutture oltre alla questura

Da ultimo è prevista la possibilità, ancora astratta per il momento, di affidare a concessionari di pubblici servizi (uffici postali, o altri soggetti non pubblici, come associazioni e organizzazioni sindacali) parte del lavoro relativo ai rinnovi dei permessi di soggiorno.
Questa disposizione non aveva bisogno di essere introdotta in una proposta di legge perché, ormai in tutta Italia, le questure e le prefetture hanno stipulato da tempo convenzioni con associazioni, organizzazioni sindacali o enti locali in base alle quali questi hanno attrezzato uffici che svolgono la funzione di filtro pre-istruttoria delle pratiche relative ai rinnovi dei permessi di soggiorno e hanno anche assunto la funzione di dare in “via esclusiva” le prenotazioni per gli appuntamenti per la successiva presentazione in questura della dichiarazione di soggiorno.
Quello che un po’ preoccupa è che alcune Direzioni Provinciali del Lavoro (DPL) non considerano la cosiddetta ricevuta di prenotazione rilasciata da questi uffici convenzionati, quale documento che dimostra la attivazione nei termini di legge dell’interessato per chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno. In altre parole, sappiamo che laddove queste strutture funzionano, lo straniero non ha la possibilità di rivolgersi direttamente in questura per presentare la domanda di rinnovo del pds, ed è di fatto obbligato a passare prima attraverso questi uffici filtro per ottenere un biglietto di prenotazione che lo rimanda, a distanza di qualche mese, alla successiva presentazione dei documenti in questura. Sappiamo anche che l’art. 22, comma 12, del T.U. sull’Immigrazione (d.lgls. 25 luglio 1998, n. 286), come modificato dalla Legge Bossi-Fini ( l. 30 luglio 2002, n. 189) prevede che commette un reato il datore di lavoro che assume o mantiene alle proprie dipendenze un lavoratore il cui permesso di soggiorno sia scaduto, sempre che il lavoratore non possa dimostrare di avere chiesto nei termini di legge il rinnovo del permesso di soggiorno.
Molte DPL mettono in dubbio che la ricevuta della prenotazione – che condanna lo straniero ad attendere ancora molto tempo prima di potersi presentare in questura – costituisca un documento valido per dimostrare l’attivazione diligente nel rispetto dei termini di legge da parte dell’immigrato per chiedere il permesso di soggiorno. Secondo alcune DPL nel tempo intercorrente tra la scadenza del pds e l’appuntamento in questura – appuntamento che l’interessato non può anticipare neanche volendo – l’interessato non potrebbe lavorare.

Tutto questo ci sembra francamente paradossale perché, a questo punto, bisognerebbe pensare che l’attività dei centri-servizi convenzionati per il rilascio degli appuntamenti anziché favorire lo straniero, lo danneggi costringendolo a non potersi presentare direttamente in questura e lasciandolo per lungo tempo senza la possibilità di poter lavorare in regola.
Questo non ha ovviamente niente a che fare con la corretta interpretazione della legge perché è fin troppo evidente che lo straniero – nel momento in cui è obbligato a presentarsi presto questi uffici-filtro – si attiva nei termini di legge presentandosi con tutta la documentazione per ottenere la prenotazione dell’appuntamento in questura. Quindi avendo fatto tutto quanto possibile, nel rispetto scrupoloso della legge, lo straniero deve essere considerato in posizione regolare e legittimato a svolgere l’attività lavorativa, così come il datore di lavoro deve essere considerato in posizione regolare quando mantiene in atto o costituisce un rapporto di lavoro con una persona che si trova in questa situazione.

Ci auguriamo che prossimamente questi aspetti vengano chiariti anche in certi ambiti amministrativi perché questa mancanza di chiarezza crea danni. Sappiamo comunque che finora nessun datore di lavoro è stato rinviato a giudizio per occupazione illegale di un immigrato quando è stato accertato che lo faceva lavorare durante questa fase del rinnovo del permesso di soggiorno.
Se nessun magistrato – nonostante siano numerose le segnalazioni di questo genere arrivate ai competenti uffici giudiziari – ha mai ritenuto illecita questa condotta, ritenendo che se lo straniero si è attivato per richiedere il rinnovo del permesso di soggiorno, nulla si può addebitare né a lui né al suo datore di lavoro, è chiaro che ciò è avvenuto perché questo comportamento è considerato lecito e compatibile con la norma di legge sopra citata.
Nonostante questo, le DPL continuano a porsi scrupoli che non hanno molto a che vedere con il governo del mercato del lavoro in modo lecito, perché questi scrupoli in realtà disincentivano le assunzioni regolari favorendo, di fatto, il lavoro in nero.

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