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Commento ordinanza Giudice del Lavoro del 2 marzo 2005 presso il Tribunale di Monza

Violazione dei principi costituzionali che dovrebbero essere garantiti a tutti i lavoratori - misure di tutela per invalidi

Con l’ordinanza del marzo 2005 è stata sollevata nuovamente la questione di legittimità costituzionale della normativa che regola il riconoscimento dell’assegno o pensione di invalidità civile nella parte in cui, combinata con la normativa in materia di immigrazione, si escludono dall’assegno o pensione di invalidità civile gli stranieri che non hanno la carta di soggiorno (disciplinata all’art. 9 del Testo Unico sull’Immigrazione) e non hanno un reddito sufficiente per ottenerla, pur avendo tutti i requisiti per accedere all’assegno di invalidità.

Più volte abbiamo affrontato questo tema denunciando che la modifica della legislazione introdotta dalla Finanziaria dell’anno 2000 (n.388/2000) – in pieno governo di centro sinistra – non faceva altro che sabotare quello che era un principio di uguaglianza stabilita dal T.U. sull’Immigrazione laddove si prevedeva la piena parificazione tra italiani e immigrati con carta di soggiorno o permesso di soggiorno per quanto riguarda tutte le prestazioni di assistenza sociale, ivi compreso il trattamento pensionistico per gli invalidi civili.
L’art. 41 T.U., dispone che: Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale…
Ebbene, questa norma è parzialmente abrogata della legge Finanziaria 2000, che ha limitato ai soli titolari di carta di soggiorno il diritto alle prestazioni di previdenza sociale.
Siamo in una situazione in cui “il cane si morde la coda” ovvero, quando un immigrato diventa invalido, se non ha già ottenuto la carta di soggiorno non può ottenere l’assegno di invalidità. Al contempo non potrà avere la carta di soggiorno perché essendo invalido non può lavorare e, quindi, non riuscirà ad avere un reddito sufficiente per poterla ottenere rimanendo per sempre escluso da qualsiasi forma di tutela. Tutto questo essendo pacificamente invalido e incapace di provvedere adeguatamente alle proprie esigenze di sostentamento.

Sulla questione il Tribunale del Lavoro di Milano il 15 marzo 2004 ha sollevato una questione di legittimità costituzionale e la successiva ordinanza del Tribunale di Monza si inserisce in questo filone di denunce di legittimità costituzionale che prospettano la violazione dei principi costituzionali che dovrebbero essere garantiti a tutti i lavoratori. Ci si riferisce, in particolare, alle adeguate misure di tutela previste per tutti coloro che non siano più in grado di provvedere a se stessi, come sancito all’art. 28 della Costituzione. Vi è inoltre la violazione dell’art. 10 della Costituzione che tutela la condizione giuridica dello straniero e obbliga la legge italiana ad uniformarsi agli accordi stipulati nell’ambito di organizzazioni internazionali relativi alla tutela dei lavoratori stranieri. Si ricorda fra questi la Convenzione OIL n. 97/1949 (ratificata con L. 1305/52) che prevede (art. 6) che venga assicurato all’immigrato regolarmente soggiornante un trattamento non meno favorevole di quello applicato dagli Stati ai propri cittadini per quanto concerne la materia della sicurezza sociale.

Attendiamo ancora la sentenza della Corte Costituzionale su queste ordinanze molto interessanti, che dovrebbero risolvere molti problemi e, soprattutto, ripristinare un minimo di giustizia sostanziale.