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Commento sulle disposizioni in merito al rinnovo dei permessi di soggiorno per motivi umanitari

Come previsto dalla circolare del Ministero dell'Interno del 24 febbraio 2003

Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è previsto all’art. 5 comma 6 del T.U. e il 24 febbraio scorso una circolare, resa disponibile solo da qualche giorno, ha diramato le indicazioni alle sul rinnovo del permesso di soggiorno umanitario con riferimento al problema (molto frequente) di “chi continua ad essere privo di passaporto o documento equipollente o che, pur possedendolo al momento del primo rilascio, non ne sia più in possesso o sia scaduta la validità.In merito si osserva che agli interessati è consentito di permanere in Italia riconoscendo loro una particolare situazione oggettiva connessa, sulla base di elementi valutati dalla citata commissione, ad una concreta esposizione a rischi per la incolumità personale o per l’esercizio dei diritti fondamentali della persona”.

Già durante la procedura di rinnovo di questi particolari permessi di soggiorno vi è un rallentamento attraverso la verifica prevista in base ad una discutibile circolare, che demanda alla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato (organo che a tutt’oggi non si vede attribuita tale competenza da nessuna legge dello stato) la valutazione sulla permanenza di una situazione di rischio che possa giustificare la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno. Quindi la Commissione dovrebbe fare una valutazione teoricamente caso per caso, prima di tutto sulle circostanze riferite dal diretto interessato (che è bene faccia apposita istanza motivata e, per quanto possibile, documentata, magari con rapporti di agenzie od ONG sulla situazione in atto nel luogo di provenienza), e quindi dare disposizione alla questura competente perché provveda al rinnovo del permesso. Sempre che sia ritenuta la permanenza di un fondato timore per la incolumità personale o comunque per la esposizione a rischi relativi all’esercizio dei diritti fondamentali della persona, nel caso di rientro nella regione di provenienza.

Una volta superato questo scoglio (il parere favorevole della Commissione) rimane il problema della mancanza o scadenza del passaporto. Le questure, per prassi, rifiutano di prendere in considerazione qualsiasi pratica di rinnovo del permesso di soggiorno, anche di tipologie diverse, quando lo straniero abbia il passaporto scaduto o in prossima scadenza. Di solito in questi casi si invita lo straniero, non sempre in modo gentile, a rivolgersi all’ambasciata del paese di provenienza per chiedere e ottenere il rinnovo del passaporto facendo presente che solo poi si potrà riprendere in considerazione la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno. Da ricordare sempre che quando il precedente permesso è scaduto da più di 60 giorni e magari non è stata rilasciata alcuna ricevuta relativa alla prima richiesta di rinnovo, perché respinta informalmente, si è già realizzata la condizione per applicare l’espulsione in base all’art.13, comma 2, lett.b).

Facendo l’esempio dei cittadini provenienti dal Kosovo, essi spesso non hanno il coraggio di rivolgersi alle loro autorità consolari perché temono che possano intervenire segnalazioni sulla richiesta di protezione umanitaria in Italia, ritorcendosi contro i familiari che sono rimasti in patria.

Molto spesso si verificano casi di sostanziale apolidia, quando le autorità consolari di un paese non considerano più una persona come un proprio cittadino e quindi rifiutano il rinnovo del passaporto.

La circolare del 24 febbraio scorso, richiamando una vecchissima circolare del Ministero degli Affari Esteri del 31 ottobre del 1961, precisa che solo a condizione che l’interessato abbia dimostrato di essere nella impossibilità di ottenere un passaporto o il rinnovo, è possibile disporre il rinnovo del pds nonostante la mancanza di un passaporto valido o scaduto.

Perché si possa considerare provata l’impossibilità di ottenere il passaporto o il suo rinnovo, è richiesto allo straniero, da parte degli sportelli delle questure, di dimostrare che si è attivato nei confronti dell’ambasciata del proprio paese di origine. Questo, abbiamo già detto, ad avviso di alcuni stranieri potrebbe comportare qualche rischio, anche se teorico. Ma siccome la burocrazia vuole pezzi di carta, gli interessati che si trovano in questa situazione sono di fatto costretti a dimostrare che si sono attivati, se non altro con una richiesta scritta. Per esempio con una raccomandata A.R. nella quale viene inserita una formale richiesta di rinnovo del passaporto, allegandone una fotocopia e denunciando formalmente la già tentata richiesta mediante presentazione personale presso l’ambasciata, senza esito. In altre parole, quando l’interessato dichiara di essersi già presentato fisicamente presso la sua ambasciata, di avere già richiesto il rinnovo del passaporto (esibendo l’originale) e di avere ottenuto un rifiuto verbale e un rifiuto a comunicare per iscritto la risposta negativa, una richiesta formale in cui si lamentano queste circostanze e in cui si ribadisce la richiesta di rilascio del passaporto o del suo rinnovo, potrà costituire dal punto di vista burocratico quella che si chiama una pezza giustificativa, ovvero una prova (forse l’unica possibile) della oggettiva impossibilità di ottenere il rinnovo del passaporto.

Non si riesce ad immaginare come altrimenti si potrebbe dimostrare (per quanto nelle umane possibilità) che non si riesce a ottenere il rinnovo del passaporto. Poiché le ambasciate godono della extraterritorialità non è nemmeno possibile pretendere che le autorità di polizia italiane verifichino direttamente la condotta negativa degli uffici consolari del paese di provenienza.
Dimostrata l’impossibilità di ottenere il rinnovo o il rilascio di un nuovo passaporto, l’interessato potrà ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.

Ma in queste situazioni è addirittura previsto che venga rilasciato dalla questura competente un titolo di viaggio per stranieri. Si tratta di un documento equipollente al passaporto che potrà essere rilasciato a soggetti che non abbiano formalmente ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra, ma che tuttavia si trovino in una situazione per così dire assimilata. Per l’appunto, la circolare prevede che il titolo di viaggio per stranieri venga rilasciato a coloro che sono considerati rifugiati politici soltanto sotto mandato dell’Alto Comissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (per fare un esempio, i cittadini palestinesi della striscia di Gaza) oppure a persone le cui autorità italiane riterranno opportuno rilasciare detto titolo ed è il caso degli sfollati per motivi umanitari che abbiano ottenuto protezione temporanea da parte delle autorità italiane; è pure prevista la situazione degli apolidi, perché non hanno alcune cittadinanza (o se l’avevano è stata perduta perché dalle autorità del paese di origine non sono più considerati come cittadini veri e propri), quindi non potendo ottenere da alcuno stato estero un documento di viaggio questo compito compete alle autorità italiane.