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Commissione europea: Procedura d’infrazione del diritto UE in relazione alla legislazione regionale del Veneto sugli alloggi di edilizia residenziale pubblica

Il requisito aggiuntivo dell’esercizio dell’attività lavorativa, richiesto ai soli stranieri extracee, violerebbe la direttiva n. 109/2003.

La Commissione europea ha fatto sapere alle autorità italiane di voler proseguire la procedura d’infrazione del diritto dell’Unione europea n. 2001/2009 avviata nei confronti della Repubblica Italiana in relazione alla normativa locale del Comune di Verona in materia di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, rilevando ulteriori profili di non conformità con il diritto dell’Unione europea della legislazione regionale del Veneto in materia di requisiti e condizioni per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica.

In particolare, oggetto di contestazione da parte della Commissione europea è l’art. 2 comma 1 lett. a) della legge della Regione Veneto 2 aprile 1996, n. 10, il quale, prevede tra i requisiti per la partecipazione al bando di concorso per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, la cittadinanza italiana o di uno Stato aderente all’Unione europea, mentre il cittadino di un Paese terzo non membro dell’UE vi è ammesso se tale diritto è riconosciuto, in condizioni di reciprocità, da convenzioni o trattati internazionali o se svolge o abbia svolto nell’anno precedente la data di scadenza del bando di concorso, attività lavorativa in conformità alla normativa vigente.

La previsione di un requisito aggiuntivo quale quello della condizione di reciprocità ovvero dell’esercizio dell’attività lavorativa, non richiesto invece ai cittadini italiani o comunitari, viene a collidere con il principio di parità di trattamento in materia di accesso agli alloggi pubblici previsto a favore dei cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti dall’art. 11, par. 1 lett. f) della direttiva n. 109/2003/CE.

Ugualmente, la Commissione rileva la violazione del principio di parità di trattamento nell’accesso dei cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti agli alloggi pubblici, nelle delibere approvate dall’AGEC e dal Comune di Verona nel settembre 2007. Si tratta nello specifico della delibera del 04.09.2007 n. 4 e di quella dd. 25.09.2007, n. 23; Con queste due delibere, per la formazione della graduatoria per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica nel Comune di Verona, sono state introdotte due apposite maggiorazioni di punteggio: la prima – da uno fino a quattro punti – a favore dei soli cittadini italiani, successivamente estesa anche ai cittadini di altri Paesi UE, residenti nel Comune di Verona, o che vi svolgano l’attività lavorativa principale da almeno 8, 10, 15 o 20 anni; la seconda -di quattro punti- a favore dei nuclei familiari composti esclusivamente da persone di età superiore o uguale ad anni sessanta e con almeno un componente con età superiore od uguale ad anni sessantacinque, purché residenti nel comune di Verona da almeno dieci anni.

Secondo la Commissione europea, le procedure per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica del Comune di Verona, che accordano un trattamento preferenziale ai cittadini italiani, non rispettano il principio della parità di trattamento tra soggiornanti di lungo periodo che risiedono abitualmente nel territorio italiano e cittadini nazionali, in materia di procedura per l’ottenimento dell’alloggio di cui all’art. 11 paragrafo 1 lettera f) della direttiva n. 109/2003/CE.

La Commissione europea ha evidenziato le proprie ragioni nella lettera del 7 aprile 2011 con la quale ha messo in mora le autorità italiane Non avendo riscontrato una modifica della normativa regionale e locale, la Commissione europea ha data tempo alle autorità italiane fino al 20 giugno prossimo per fornire ulteriori elementi di risposta in mancanza dei quali la Commissione potrà procedere all’emanazione di un parere motivato, che costituisce la fase immediatamente precedente all’apertura di un procedimento dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Dopo l’emanazione di un parere motivato, le autorità italiane avranno due mesi di tempo per adeguarsi agli obblighi derivanti dal diritto europeo per evitare il contenzioso dinanzi alla Coerte di Giustizia.

La Commissione europea ha invece comunicato di aver ritenuto superati gli addebiti mossi a suoi tempo, sempre nell’ambito della procedura d’infrazione n. 2001/2009, nei confronti della Regione Friuli-Venezia Giulia, in relazione alla legislazione regionale in materia di accesso alle prestazioni sociali.

Anche a seguito degli addebiti mossi dalla Commissione europea, il legislatore regionale del FVG ha infatti approvato alla fine dell’anno scorso, la legge regionale n. 16/2011, sostituendo i diversi requisiti di anzianità di residenza ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali con un unico requisito di anzianità di residenza biennale nel territorio regionale, valido tanto per i cittadini nazionali, quanto per i cittadini di altri Paesi membri dell’UE così come per i cittadini di Paesi terzi titolari del permesso di soggiorno per lungo soggiornanti di cui alla direttiva europea n. 109/2003 e i rifugiati, mentre per gli altri cittadini di Paesi terzi non membri dell’UE è stato previsto un requisito aggiuntivo di anzianità di residenza quinquennale in Italia.

Tale legislazione regionale del FVG, tuttavia, è stata comunque impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale dal Governo, con delibera del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio scorso.

In un documento, la sez. regionale del FVG dell’ASGI ricorda tuttavia che, sebbene la Commissione europea abbia inteso chiudere il contenzioso con la Regione FVG nell’ambito del procedimento n. 2009/2001 riferito ai soli profili di contrasto con la direttiva n. 109/2003, permarrebbe tuttora aperto con la Commissione europea il confronto nell’ambito della procedura EU Pilot 1770/11/JUST sulla verifica della compatibilità della legislazione regionale sul welfare con le disposizioni dell’Unione europea in materia di libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini di Paesi membri e di eguaglianza di trattamento con i cittadini nazionali.

A tale riguardo, l’A.S.G.I esprime la propria convinzione che anche il nuovo requisito di anzianità di residenza biennale sul territorio regionale sia illegittimo rispetto al diritto UE, in quanto viene a colpire in misura proporzionalmente maggiore i cittadini provenienti da altri Stati membri dell’UE che esercitano il diritto alla libera circolazione, con ciò continuando a determinare una discriminazione ‘indiretta’ o ‘dissimulata’ nei loro confronti in quanto la disparità di trattamento così introdotta non appare sorretta da finalità obiettive estranee alla nazionalità, ma anzi risponde esplicitamente alla finalità di privilegiare coloro che dispongano di un maggiore radicamento sul territorio locale nella destinazione degli interventi di welfare, fondando dunque una gerarchia basata sul grado di “autoctonia” delle persone, evidentemente inconciliabile con i fondamentali principi di uguaglianza e di libertà di circolazione e soggiorno.

Ugualmente, il requisito di residenza biennale in Regione viene di fatto ad introdurre, nei confronti dei cittadini dell’Unione europea che esercitano la libera circolazione insediandosi nel FVG, una limitazione nell’accesso alle prestazioni di assistenza sociale, ben oltre il limite temporale di tre mesi consentito dalla direttiva n. 2004/38/CE (art. 24 c. 2). Si ricorda infatti, a solo titolo di esempio, che nella causa Commissione c. Lussemburgo, ( C-111/91, sentenza 10.03.1993), la Corte di Giustizia europea ha ritenuto contraria al diritto UE una disposizione normativa del Principato del Lussemburgo, dove si prevedeva, ai fini dell’erogazione di un assegno di natalità, il requisito di anzianità di residenza di un solo anno antecedente alla nascita. La Corte di Giustizia ha concluso che tale requisito, potendo essere più facilmente soddisfatto da una cittadina lussemburghese piuttosto che da una cittadina di altro Stato membro, costituiva una disparità di trattamento indirettamente discriminatoria, non giustificata da scopi legittimi e pertanto contraria al principio di libertà di circolazione e di non discriminazione nella fruizione di vantaggi sociali di cui all’art. 7 c. 2 del Regolamento n. 1612/68 e all’art. 52 del TCE.

Nel documento, l’ASGI FVG evidenzia anche le ragioni per cui ritiene che la nuova normativa regionale del FVG presenti profili di incostituzionalità.

Lettera della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche europee del 3 maggio 2012

Lettera della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Il parere dell’ASGI del 21 maggio 2012 sulla legislazione regionale sul welfare del Friuli Venezia Giulia

Parere ASGI su legislazione welfare Friuli Venezia Giulia