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Confine Bosnia-Croazia: un altro violento respingimento di 18 persone da parte della polizia croata

Border Violence Monitoring, 11 agosto 2019

Le autorità della provincia bosniaca che confina con la Croazia hanno annunciato che inizieranno a monitorare e tenere traccia dei casi di violenza perpetrata dalle autorità croate verso i migranti.

La decisione segue il violento respingimento di 18 migranti lo scorso giovedì, a causa del quale sei migranti ricoverati per ferite gravi, mentre altri 12 hanno riportato lesioni più lievi.

Un volontario di Border Violence Monitoring vicino a No Name Kitchen ha intervistato uno dei migranti respinti, il quale ha dichiarato che il gruppo è stato fermato in Croazia, vicino al confine sloveno, e portato in giro in un furgone senza finestrini e senza aria condizionata per un intero pomeriggio, prima di essere condotto al confine in località Velika Kladuša (BiH). 

Due dei poliziotti croati che hanno prelevato il gruppo in Croazia stavano in piedi ai lati della porta del furgone. A circa due metri di distanza, altri due poliziotti con delle uniformi nere erano in piedi nella stessa posizione. Hanno fatto uscire gli uomini dal veicolo due a due. I poliziotti con le uniformi blu li picchiavano da entrambi i lati con I manganelli, poi li spingevano verso i loro colleghi in nero, che continuavano a picchiarli con dei bastoni e li prendevano a calci giù per una collina, in direzione del confine.”

Secondo la nostra fonte, 23 persone in tutto sono state respinte in questo modo; ma solo 18 sono state trovate dalle autorità bosniache e condotte in ospedale.

Cinque uomini gravemente feriti, provenienti dall’Iraq e da altri paesi arabi, sono stati respinti senza nessuna copertura mediatica, proprio come molti altri rifugiati e migranti che quotidianamente subiscono questo trattamento illegale da parte delle autorità di un paese membro dell’UE.

Il Ministero dell’Interno croato ha negato l’uso della forza contro I 18 migranti, dichiarando che sono stati sorpresi alla frontiera e gli è stato impedito di entrare.

Tuttavia, questa testimonianza, come molte altre raccolte finora dal Border Violence Monitoring Network, rivela processi logistici e una collaudata divisione dei compiti tra le autorità croate, nel contesto di una deterrenza sistematica lungo il confine EU con la Bosnia.

A seguire la testimonianza completa (ENG).

“Ci guardano con rabbia e ci mostrano i manganelli, lasciando intendere che più tardi li useranno su di noi.”

Data e ora: 7 agosto 2019, 22:00
Località: nei pressi del punto di attraversamento del confine di Maljevac, Bosnia-Herzegovina
Coordinate: 45.191255, 15.784444
Respingimento da: Croazia
Respingimento verso: Bosnia
Vittime: 23 persone, età tra i 25 e i 32 anni, provenienti da: Pakistan, Iran, altro
Minori coinvolti: No
Violenza impiegata: percosse (a mani nude/con i manganelli/altro), calci, esposizione a temperature estreme e aria viziata durante il tragitto nel veicolo, insulti, colpi di pistola, distruzione dei beni personali, furto dei beni personali, guida pericolosa.
Trasporto ad una stazione di polizia: Sì
Espressione della volontà di richiedere asilo: No
Evento riportato da: Border Violence Monitoring, No Name Kitchen

Report originale
Il 31 luglio alle 10 del mattino, un gruppo di quattordici cittadini pakistani tra i 25 e i 32 anni di età ha attraversato il confine bosniaco-croato nei pressi di Bihac, dove avevano soggiornato in alcune tende nella foresta nei giorni precedenti.

Hanno attraversato montagne e foreste per sette giorni, sopportando alte temperature di giorno e freddo di notte. Hanno mangiato un pezzo di pane al giorno e bevuto acqua piovana, dopo aver finito le scorte di acqua poco dopo la partenza. A causa degli sbalzi termici, un uomo ha contratto l’influenza ed è stato costretto a viaggiare con la febbre.

“Per sette giorni è andato tutto bene, poi sono cominciati i problemi!”

Il 7 agosto alle 2 del pomeriggio, in una foresta vicino alla E65 (coordinate approssimative in figura 1), il gruppo stava attraversando una strada sterrata quando un furgone bianco senza alcun segno di riconoscimento li ha superati.
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Quando hanno visto il furgone, hanno cercato di nascondersi vicino alla strada, ma il furgone si è fermato e si è immediatamente diretto verso di loro, perciò hanno iniziato a correre nella foresta il più velocemente possibile. Due uomini in abiti civili sono scesi dal furgone e hanno iniziato a sparare verso di loro, mirando alle gambe. Ciò ha fatto desistere gli uomini dalla fuga: sono tornati verso la strada con le mani in alto.

Avvicinandosi ai due uomini, la nostra fonte ha potuto osservarli con chiarezza. Li ha descritti come sulla trentina, alti e robusti, “con il fisico degli ufficiali di polizia, ma senza uniforme o stivali da poliziotto, solo jeans, maglietta e infradito.”

I due uomini hanno intimato ai migranti di sedersi e togliersi le scarpe, per rendere la fuga impossibile. Parlavano un buon inglese, e hanno spiegato alla nostra fonte che erano membri delle forze speciali della polizia e che avrebbero chiamato rinforzi.

Ci chiedevano: ‘Perché state andando lì?’ e io ho risposto ‘Vengo dal Kashmir, la situazione lì non è buona. Camminiamo da sette giorni, siamo vicini alla Slovenia, vi prego, lasciateci andare!’. Ma hanno solo risposto: ‘Questo è il nostro dovere, non possiamo permetterlo.’”

La nostra fonte ha parlato al poliziotto della situazione in Kashmir, di cui era a conoscenza e verso cui mostrava interesse. Nonostante all’inizio i due sedicenti poliziotti avessero sparato verso i migranti, la nostra fonte ne ha avuto una buona impressione: li ha descritti come “molto gentili e rispettosi”, al contrario dei funzionari di polizia che li avrebbero presi in consegna in seguito.

Dopo due ore di attesa, è arrivato un furgone della polizia senza finestrini, e ne sono scesi quattro poliziotti. La nostra fonte li ha descritti come “polizia locale” con camicie celesti, pantaloni blu scuro e stivali neri.

Ci hanno guardato con rabbia e ci hanno mostrato i manganelli, lasciando intendere che più tardi li avrebbero usati su di noi.

I nuovi arrivati non hanno rivolto la parola al gruppo, parlando solo con i poliziotti che li avevano fermati. La fonte presume che si conoscessero già. Gli uomini del gruppo e i loro bagagli sono stati perquisiti, e la polizia ha requisito telefoni, denaro e caricabatterie portatili. In tutto sono stati requisiti 70-100 euro cadauno, sei telefoni e quattro caricabatterie. Tutto ciò è durato circa 40-50 minuti, dopodiché tutti e quattordici i migranti sono stati caricati nel furgone senza finestrini.

Per due o tre ore i poliziotti hanno guidato per strade sconnesse, che causavano sbalzi e urti nel furgone. Inoltre, il veicolo non aveva aria condizionata e la temperatura all’interno era insopportabile.

Dopo essere arrivati ad una piccola stazione di polizia che la fonte, disorientata e senza telefono, non ha saputo identificare, i quattro poliziotti hanno aperto le porte per qualche minuto. Uno di loro ha raggiunto il retro e ha chiesto le password per alcuni telefoni. Secondo la fonte, voleva ottenere informazioni sul percorso seguito dal gruppo. Lo stesso poliziotto ha chiesto tranquillamente al gruppo da dove provenissero.

Prima di ripartire, altri nove uomini, provenienti dall’Iraq e da altri paesi arabi che la nostra fonte non ha identificato, sono stati caricati nel furgone. Secondo la nostra fonte, questi nove uomini erano perlopiù della stessa età del suo gruppo (25-32 anni), tranne uno che era più anziano (circa 50 anni). Il furgone ha lasciato la stazione di polizia intorno alle 5 del pomeriggio, con un totale di 23 individui nel retro.

Secondo la fonte, hanno guidato per altre tre o quattro ore. Il tragitto è stato molto scomodo, perché nel retro non c’erano posti a sedere per tutti.

“Ci hanno punito nel furgone, sapevano che non tutti erano in buone condizioni.”

Durante il viaggio, la nostra fonte ha parlato con un uomo iracheno gravemente ferito [durante un respingimento, NdT]. A causa del suo stato d’animo dopo diverse ore di viaggio, la fonte non ha saputo ricordare il luogo o l’ora esatta del respingimento, ma ritiene che sia avvenuto verso le 10 di sera, in una località nei pressi del punto di attraversamento del confine di Maljevac. Due dei poliziotti croati che hanno prelevato il gruppo in Croazia stavano in piedi ai lati della porta del furgone.

A circa due metri di distanza, altri due poliziotti sconosciuti, con delle uniformi nere, erano in piedi nella stessa posizione. Hanno fatto uscire gli uomini dal veicolo a due a due. I poliziotti con le uniformi blu li picchiavano da entrambi i lati con I manganelli, poi li spingevano verso i loro colleghi in nero, che continuavano a picchiarli con dei bastoni e li prendevano a calci giù per una collina, in direzione del confine tra la Croazia e la Bosnia. La nostra fonte e alcuni dei suoi amici sono inciampati e caduti sotto i calci della seconda coppia di poliziotti. I manganelli hanno procurato alla nostra fonte un ematoma sulla gamba e un trauma al gomito (figure 2 e 3).
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Dopo aver ricevuto questo trattamento, i pakistani e alcuni degli uomini che parlavano arabo si sono radunati ai piedi della collina, sul lato bosniaco del confine, perché erano esausti e disorientati. Quando i due poliziotti croati in nero li hanno visti, li hanno seguiti per picchiarli e spingerli più lontano in direzione della Bosnia, attraversando loro stessi il confine. I poliziotti li hanno inseguiti attraverso un campo prima di tornare dai loro colleghi.

I poliziotti gridavano mentre picchiavano il gruppo, e alcuni dei migranti gridavano di dolore. La fonte crede che questo rumore abbia spinto alcuni cittadini bosniaci che vivono nelle case vicine al confine ad allertare la polizia bosniaca.

Dall’altro lato del campo, i quattordici pakistani e quattro uomini iracheni si sono seduti a riposare per un po’, per decidere cosa fare e dove andare. La fonte non sa dire dove siano andati gli altri cinque uomini che parlavano arabo. Il gruppo era seduto da 5 minuti quando un gruppo di poliziotti armati di torce si è avvicinato. All’inizio hanno provato a scappare, pensando che fosse un’altra unità di polizia croata che li inseguiva, “ma i poliziotti hanno detto: As-salam alaykum, siamo della polizia bosniaca.

Ci hanno chiesto: ‘Dov’è la polizia croata? Vi hanno deportato?’ E io ho risposto: ‘Sì, ci hanno deportato e picchiato violentemente. Sono sulla strada, laggiù’”.

Due dei poliziotti bosniaci con le torce sono corsi attraverso il campo e su per la collina verso la strada, con un terzo che li seguiva a poca distanza. Per un po’ hanno parlato ad alta voce e in tono adirato con i poliziotti croati sulla strada, mentre il resto dei poliziotti bosniaci si è seduto con i migranti.

Dopo questo scambio con la polizia croata, i poliziotti bosniaci sono tornati indietro, hanno chiamato un altro furgone e hanno portato il gruppo ad una stazione di polizia distante 8-10 minuti, dove gli uomini hanno ricevuto del cibo e un alloggio per la notte. La mattina successiva, sono stati portati all’ospedale per curare le ferite inflitte dalla polizia croata.

Border Violence Monitoring Network (BVMN)

Border Violence Monitoring Network (BVMN) è una rete indipendente di ONG e associazioni con sede nella regione dei Balcani e in Grecia. BVMN monitora le violazioni dei diritti umani ai confini esterni dell'UE e si impegna per mettere fine ai respingimenti e alle pratiche illegali. Il network utilizza un database condiviso per raccogliere le testimonianze delle violenze subite da chi transita sulla rotta dei Balcani.
In questa pagina trovate le traduzioni integrali dei rapporti mensili curati da BVMN.