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Consiglio di Stato: Ungheria, paese non sicuro. Annullato il trasferimento di un richiedente asilo

Consiglio di Stato, sentenza n. 4004/2016 del 27 settembre 2016

Con la sentenza n. 4004/2016 Reg. Prov. Coll. il Consiglio di Stato, la più alta Corte amministrativa italiana ha annullato il trasferimento di un richiedente protezione internazionale in Ungheria ritenendo che, sulla base delle informazioni prodotte dalla difesa del ricorrente, si possa “ritenere fondato il rischio che il provvedimento impugnato esponga il ricorrente alla possibilità di subire trattamenti in contrasto con i principi umanitari e con l’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E”.

Si tratta di una decisione di fondamentale importanza perché per la prima volta in Italia un Tribunale, allineandosi ad alcune decisioni di altre Corti Europee, pure citate nel testo della decisione, dichiara l’Ungheria Paese membro non sicuro e ne annulla il trasferimento.

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato contro il provvedimento con cui la Direzione Centrale dei servizi civili per l’Immigrazione e l’Asilo – Unità Dublino aveva deciso il trasferimento in Ungheria di un richiedente asilo che aveva avanzato istanza di asilo per la prima volta in quel Paese: conseguentemente l’Italia, destinataria di altra domanda di asilo in data successiva, aveva chiesto all’Ungheria la ripresa in carico dell’interessato, in base al regolamento UE 604/2013, richiesta accolta dallo Stato destinatario che aveva riconosciuto la propria competenza.

Fonti ulteriori e più recenti rispetto al rapporto della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI), su cui si è basata la sentenza impugnata, che risale al marzo 2015, anche se pubblicato a giugno, confermano la concretezza delle numerose perplessità che sono già espresse in seno a quello stesso rapporto sul sistema di asilo vigente in Ungheria.” si legge nella sentenza.

Il Consiglio ha tenuto conto delle recenti modifiche che il Parlamento ungherese ha approvato nel luglio 2015 rispetto alla legge sull’immigrazione nei cui confronti si sono levate voci critiche e accuse di razzismo, ricordando che è prevista anche “la realizzazione di un “muro anti-immigrati” (una barriera munita di filo spinato che terrà profughi e migranti alla larga dal Paese) e che ben rappresenta il clima culturale e politico di avversione al fenomeno dell’immigrazione e della richiesta di protezione dei rifugiati“.

Inoltre nella sentenza si rammenta che “è prevista l’espulsione degli immigrati dal Paese con una procedura accelerata e che le nuove norme, duramente criticate dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, limitano la concessione del diritto d’asilo, permettendo alle autorità di cancellare le richieste d’asilo se i richiedenti lasceranno la loro residenza designata in Ungheria per più di 48 ore senza autorizzazione.“.

In Ungheria è, inoltre, stato prolungato il periodo di detenzione dei richiedenti asilo, “che già rappresenta una prassi regolare in quel Paese, nonché la possibilità di obbligarli a lavori di pubblica utilità per coprire le spese di mantenimento.La detenzione riguarda i richiedenti asilo senza distinzione per sesso, età e condizioni fisiche, anche donne in gravidanza e minori non accompagnati, come conferma la visita dei delegati di Human Rights Watch in cinque strutture dedicate alla detenzione, riportata nelle notizie dei media.
L’UNHCR aveva lanciato l’allarme già prima del voto parlamentare: in una lettera aperta ai legislatori ungheresi, il rappresentante dell’Agenzia aveva espresso la preoccupazione che le nuove norme sono in contrasto con “i principi morali e i minimi standard.”.

Anche Amnesty International nel suo rapporto del 2015 aveva raccomandato gli Stati che aderiscono al Regolamento Dublino di astenersi dal trasferire in Ungheria richiedenti asilo per carenze nel sistema di accoglienza e nelle procedure di asilo e per il rischio concreto di respingimento in paesi non sicuri.

In questo contesto il 10 dicembre 2015 la Commissione europea ha inviato all’Ungheria una lettera di costituzione in mora che ha dato inizio ad un procedimento di infrazione riguardante la legislazione ungherese in materia di asilo recentemente adottata avendo rilevato diverse incompatibilità della legislazione ungherese con il diritto dell’UE [in particolare con la rifusione della direttiva sulle procedure di asilo (2013/32/UE) e la direttiva sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (2010/64/UE)].
Tali circostanze notorie sono sufficienti a far ritenere fondato il rischio che il provvedimento impugnato esponga il ricorrente alla possibilità di subire trattamenti in contrasto con i principi umanitari e con l’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. In conclusione, l’appello va accolto.” conclude il Consiglio di Stato.

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Consiglio di Stato, sentenza n. 4004/2016 del 27 settembre 2016