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Contratto di soggiorno: quale valore ha la garanzia dell’alloggio?

Si tratta nel caso specifico di una questione che non riguarda solo il procedimento di regolarizzazione, ma anche tutti i futuri contratti di soggiorno. La legge Bossi Fini (L. 30 luglio 2002 n. 189) prevede infatti (art. 5 bis lett.a)) che al momento della stipula del contratto di soggiorno dovrà essere verificata la disponibilità di un alloggio conforme agli standard legislativi e che la garanzia relativa dovrà fornirla il datore di lavoro.
Si è già precisato che tale garanzia non ha un contenuto particolare e che, soprattutto, non consente al lavoratore di nutrire particolari aspettative rispetto al godimento effettivo dell’alloggio stesso. In altre parole il contenuto della garanzia così come richiesto dalla legge, è sostanzialmente quello di imporre una verifica sulla esistenza e attuale disponibilità di un alloggio da parte del lavoratore e ciò indipendentemente dalla verifica di chi sarà il soggetto che dovrà pagare l’affitto di quell’alloggio e di chi lo ha procurato.

Dunque il datore di lavoro deve limitarsi a garantire, sotto la sua responsabilità, che ha verificato l’esistenza di un alloggio idoneo e disponibile per lo straniero e, naturalmente, se dovesse rilasciare una dichiarazione falsa ne risponderebbe di fronte alla legge.
Si precisa che la suddetta dichiarazione non comporta un obbligo conseguente del datore di lavoro a procurare l’alloggio, né sottintende che tra il datore di lavoro e l’immigrato è stato stipulato un contratto di affitto.
Per le stesse ragioni, nel caso in cui non vi fosse un contratto di affitto che stabilisce degli obblighi nei confronti del datore di lavoro, laddove vi fosse, quindi, una semplice ospitalità (che può costituire una delle modalità di garanzia dell’alloggio) è chiaro che la stessa può venire meno, ma ciò non è fonte di responsabilità alcuna nei confronti del datore di lavoro. Semmai ne può derivare il rischio per il lavoratore di vedersi revocare il permesso di soggiorno, perché è venuto meno uno dei requisiti espressamente previsti dalla legge per la stipula del contratto di soggiorno stesso.

Riassumendo, il fatto che via sia una dichiarazione di garanzia dell’alloggio, sia in sede di regolarizzazione, sia in fase di stipula del contratto di soggiorno, non comporta automaticamente che vi sia un contratto di affitto tra il datore di lavoro e il lavoratore. La semplice garanzia di un alloggio non è una prova dell’esistenza di un contratto di locazione e la stessa può essere fornita solo dalla dimostrazione del pagamento periodico di un canone di affitto. Per il solo fatto che una persona sta pagando un affitto, possiede le chiavi di casa e abita in quella casa esiste, dal punto di vista legale, un contratto di locazione.
Se diversamente, non si dimostra che vi è il pagamento di un affitto, non si può affermare che esiste un rapporto di locazione, bensì si tratta di ospitalità che non dà in quanto tale al lavoratore e, quindi, all’ospite, il diritto di permanere in quell’alloggio ed imporre la propria presenza.