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Conversione pds studio – Il rischio di diniego alla domanda

Tornando a parlare del decreto flussi, così come è stato approvato e reso operativo per l’anno 2006, continuano ad arrivare quesiti, in particolare per quanto riguarda la conversione del permesso di soggiorno per studio a motivi di lavoro.

Com’è noto, questo tipo di conversione è possibile all’interno delle quote, determinate in base all’art.3 del T.U. sull’immigrazione. Per il 2006 è stata predisposta l’apposita modulistica per la richiesta di conversione.
Tuttavia, da parte di alcuni Uffici Territoriali del Governo (Prefetture), stanno già pervenendo agli interessati – persone che, in possesso di pds per studio, avevano chiesto la conversione dimostrando la possibilità di un’occupazione regolare – provvedimenti di rifiuto, motivati in base ad un’interpretazione che si presenta come discutibile. Al momento, non possiamo dire se l’interpretazione adottata nell’ambito di questi provvedimenti non è corretta ma, di sicuro, si presta ad essere quantomeno controversa.

Per l’appunto, il decreto flussi, come del resto siamo abituati a vedere da anni, riserva una quantità di quote a cittadini provenienti da determinati paesi.
Mentre l’art. 2 del D.P.C.M. del 15 febbraio 2006, prevede la conversione del pds da studio a lavoro nell’ambito di una certa quantità per i cittadini provenienti da tutti i paesi del mondo, l’art.5 che definisce le quote riservate a cittadini provenienti da determinati paesi (es. Albania) non prevede invece nessuna quota specifica (all’interno di queste quote riservate) per la conversione da studio a lavoro.
Questo ha fatto ritenere, nell’ambito dei provvedimenti di diniego citati, che la possibilità di conversione da studio a lavoro fosse consentita solo a cittadini stranieri che non sono tra quelli elencati all’art.5 del decreto. Quindi, solo chi proviene da paesi diversi da quelli che hanno quote riservate, avrebbe potuto fare la domanda di conversione da studio a lavoro. Mentre invece, chi proviene da paesi che teoricamente beneficiano di un maggiore vantaggio avendo delle quote disponibili, non potrebbe ottenere la conversione da studio a lavoro, in quanto ciò non è previsto testualmente nel decreto flussi.
Ma in realtà questo è previsto in via generale nella legge, infatti, l’art.6, comma 1, del T.U. precisa che il permesso “rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito , comunque prima della sua scadenza e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall’art.26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell’ambito delle quote stabilite a norma dell’articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione” . L’art.14, comma 6, del regolamento di attuazione non prevede ulteriori facoltà di limitazione alla suddetta possibilità di conversione, semmai precisa che detta conversione può essere effettuata anche per lavoro autonomo e non solo per lavoro subordinato.
Sembra dunque che la legge non ponga limiti alle quantità possibili di conversioni. In pratica, all’interno delle quote che vengono stanziate dal decreto flussi è possibile, per chi ha un permesso di soggiorno per studio, chiedere la conversione in permesso di soggiorno per lavoro e non sembra che poi il decreto flussi, volta per volta, possa limitare una possibilità generalmente prevista dalla legge e che corrisponde anche ad una scelta di buon senso.

In questo momento non siamo in grado di dire se poi, gli eventuali ricorsi che dovessero essere proposti verso questi provvedimenti di diniego, avranno successo o meno. Naturalmente non mancheremo di dare notizia perché, immancabilmente, se ne dovrà discutere nelle prossime settimane presso i TAR.
Se da un lato la legge non pone limiti alla possibilità di conversione (purché le domande siano poste entro il numero utile di quote disponibili), interpretare il decreto flussi come un decreto che ha permesso a determinate nazionalità la conversione e non ad altre, sembrerebbe palesemente contraddittorio anche rispetto a quanto stabilito dalla legge stessa.

Ci permettiamo di adombrare un qualche dubbio sulla legittimità di questi provvedimenti, anche se in seguito sarà l’autorità giudiziaria competente a dirimere questa questione interpretativa che, però, ha tanto il sapore di un’esclusione. Una esclusione che rischia di impedire a queste persone non solo la semplice conversione da studio a lavoro, ma di aver fatto perdere loro un’occasione importante come l’utilizzo del decreto flussi.
Detta in parole più semplici: se la domanda di conversione è stata rifiutata e queste persone non hanno presentato contemporaneamente una normale domanda di autorizzazione all’ingresso dall’estero, ecco che, pur avendolo potuto fare, hanno perso la possibilità (per mancanza di chiarezza nella diramazione delle norme applicative del decreto flussi) di ottenere per il 2006 un permesso di soggiorno, sia pure attraverso un rientro nel loro paese e un successivo rientro in Italia, muniti di un visto d’ingresso per lavoro.

Staremo a vedere cosa succede. Si sta rischiando di bloccare la possibilità di conversione attivata da molti studenti stranieri, regolarmente soggiornanti e che stanno già lavorando.