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Corte d’Appello di Perugia su stranieri invalidi civili

Ai fini del godimento di una prestazione assistenziale, è necessario il requisito della mera presenza legale nel territorio di uno Stato membro, e non anche la titolarità della cd. “carta di soggiorno”.

Un cittadino albanese presentava ricorso contro l’INPS al Tribunale del Lavoro di Perugia, al fine di ottenere il pagamento dei ratei arretrati dell’assegno mensile, con diversa decorrenza rispetto a quella decisa dall’Amministrazione.
Il ricorrente soggiornava regolarmente in Italia dal 10.06.2000 ed era attualmente titolare di permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo; era stato riconosciuto invalido civile al 76% e aveva quindi presentato domanda per pratica minorato civile presso l’Ufficio invalidi del Comune.
A tale domanda, l’INPS disponeva la liquidazione dell’assegno solo con decorrenza dal 01.04.2009, anziché dalla data della presentazione della relativa domanda (che era del 27.09.2003).
La motivazione di tale diversa (e sfavorevole) decorrenza, a detta del Comune, è costituita dal fatto che “precedentemente a questa data non ricorrono tutte le condizioni necessarie”: esattamente non vi era la titolarità del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo.
Veniva quindi presentato ricorso al Tribunale di Perugia, in cui si faceva riferimento alle intervenute pronunce costituzionali (n. 306/2008 e n. 11/2009) per cui non è più previsto il requisito della cd. “carta di soggiorno”, ma basta la mera presenza regolare in Italia.
Si costituiva in giudizio l’INPS deducendo, tra le altre cose, che le sentenze costituzionali sopracitate riguardano benefici diversi rispetto a quello (assegno mensile) richiesto con il ricorso e che le sentenze della Corte Costituzionale non hanno efficacia retroattiva.
Il Tribunale di Perugia, con sentenza n. 211 del 2011, rileva nel merito che, nelle more del procedimento, è intervenuta la sentenza costituzionale n. 187/2010 (che segue alle precedenti pronunce n. 306/2008 circa l’indennità di accompagnamento, e n. 11/2009 circa la pensione di inabilità civile).
Il Giudice di prime cure rileva che tale sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale “dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’assegno mensile di invalidità di cui all’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118”.
Posto che il ricorso verteva proprio sulla percezione dell’assegno di invalidità civile, il Giudice dichiara il diritto del Ricorrente alla percezione dell’assegno. Il Giudice inoltre osserva che, a seguito della pronuncia costituzionale da ultimo intervenuta (sentenza 187 / 2010), non è richiesto il requisito della regolare presenza quinquennale in Italia. Rilevata la carenza del requisito reddituale per un dato periodo, accerta il diritto alla erogazione dei ratei arretrati del beneficio dal 1.1.2007 al 31.3.2009, condannando al relativo pagamento l’INPS.
Con successivo atto di appello, l’INPS proponeva quindi impugnazione avverso la sentenza n. 211/2011 del Tribunale di Perugia.
L’INPS richiama le pronunce costituzionali intervenute sul tema. Afferma che le n. 306/2008 e n. 11/2009 sono sentenze interpretative di accoglimento riferibili a provvidenze diverse rispetto a quella oggetto del giudizio. Ed afferma che il Giudice di prime cure fa riferimento alla sentenza n. 187/2010 applicandola alla specie con effetto retroattivo, mentre (a detta dell’appellante) le sentenze della Corte Costituzionale non hanno effetto retroattivo.
Si costituisce nel giudizio d’appello, il cittadino albanese appellato. Questi, tra le altre argomentazioni riferibili alla nota sentenza costituzionale n. 187/2010, rileva che la stessa ha effetto retroattivo. Richiama al riguardo il disposto dell’art. 136 Cost.: “Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”; e dell’art. 30 comma 3, legge n. 87/1953: “Le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”.
La pronuncia costituzionale in discorso è stata depositata in data 28.05.2010. Quindi da tale data la norma dichiarata incostituzionale non poteva essere applicata dal Giudice di prime cure (a quella data il procedimento di primo grado era pendente).
Nella memoria di costituzione, l’Appellato fa inoltre riferimento alla tesi per cui il limite agli effetti retroattivi delle sentenze costituzionali di accoglimento è dato dalla definitività dei rapporti tra privati ed amministrazione (cd. “rapporti esauriti”). Al riguardo la proposizione del ricorso di primo grado e la pendenza del procedimento di primo grado hanno fatto sì che il rapporto tra Ricorrente ed Amministrazione non diventasse definitivo (non si è in presenza di “rapporto esaurito”), ragion per cui sullo stesso rapporto si esplicano gli effetti retroattivi della pronuncia costituzionale.
Con sentenza n. 64/2012, depositata il 13.06.2012, la Corte d’Appello di Perugia respinge il ricorso dell’INPS e conferma la sentenza di primo grado.
Il Collegio prende le mosse dalla sentenza costituzionale n. 187/2010 ed afferma, sulla base del disposto dell’art. 136 Cost., la sua efficacia retroattiva. Con il solo limite del rispetto dei rapporti esauriti, tra i quali non era certo annoverabile quello tra il cittadino straniero e la P.A., non ancora definito in quanto pendente il processo di primo grado.
Ma la Corte d’Appello va oltre e, in una sorta di “obiter dicta”, afferma che l’art. 80 comma 19 della legge 388/2000 (dichiarato incostituzionale con le sentenze citate) “sarebbe stato inapplicabile anche a prescindere dalla declaratoria d’illegittimità della Corte Costituzionale”.
Infatti, per il Collegio tale disposizione era in contrasto con il regolamento n. 1408/1971 CE e con i regolamenti di attuazione n. 574/1972 e n. 859/2003 (normativa self executive e prevalente sulla normativa interna), e con il principio di parità di trattamento, “in virtù del quale le persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri sono soggette agli obblighi e sono ammesse ai benefici della legislazione di ciascuno Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato medesimo”.
Il Collegio afferma che, ai fini del godimento di una prestazione assistenziale, è necessario il requisito della mera presenza legale nel territorio di uno Stato membro, e non anche la titolarità della cd. “carta di soggiorno”. In tale passaggio, il Collegio non ritiene quindi rilevante quanto disposto al “considerando n. 12” del regolamento n. 859/2003 CE. E cioè la norma per cui, ai fini dell’applicazione dei regolamenti n. 1408/1971 CE e n. 574/1972, la situazione del cittadino straniero debba aver avuto legami con più di uno Stato membro (e non con un Paese terzo ed un solo Stato membro).
Sul regolamento n. 1408/1971 e sulla prevalenza sulla normativa interna si registra altra pronuncia del Tribunale di Perugia, in tema di indennità di frequenza: sentenza 20.08.2007, n. 433 (sul punto anche: Trib. Lav. Pistoia, 23.03.2007; Trib. Lav. Trento, sent. N. 202/2004).

Sentenza della Corte d’Appello di Perugia n. 64 del 13 giugno 2012