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Cosa succede ai “clandestini” di Lampedusa?

Intervista con Erminia Rizzi, Glr di Bari

Detenzione al posto dell’accoglienza, espulsioni di massa, dinieghi di richieste di asilo dopo esami veloci e superficiali.
Continua l’inchiesta di Melting Pot sull’aberrante situazione del diritto di asilo in Italia e la mancata accoglienza a centinaia di persone che provengono da paesi in guerra.
A Bari, in soli quattro giorni la Commissione per l’esame delle domande di asilo ha svolto 430 udienze. Persone che vengono spostate da un CPT all’altro in attesa di espulsione. Esemplare la vicenda degli ottanta pakistani finiti nei centri di detenzione di Milano e Roma.
Chi invece riceve il pds per motivi umanitari, come per esempio i cittadini somali, viene abbandonato a se stesso senza alcun sostegno.

In questa intervista Erminia Rizzi del Gruppo lavoro rifugiati di Bari, traccia un quadro molto preoccupante di quello che succede a chi è sbarcato sulle coste siciliane in queste ultime settimane.

D: Puoi spiegarci la vicenda dei pakistani trasportati da Bari nei CPT senza che sia stato loro notificata l’espulsione?
Come funziona l’esame delle domande di asilo?

R: Il centro di Bari Palese, che è una roulottopoli, è stato riaperto agli inizi di giugno. Viene usato solo per situazioni di emergenza, infatti è stato aperto lo scorso anno e nel 1999 durante la guerra in Kosovo. Da quando sono iniziati gli sbarchi a Lampedusa, la Puglia è diventata di fatto la retrovia della Sicilia e in questa roulottopoli sono arrivate in tutto circa 800 persone.
Il gruppo più consistente è quello proveniente dalla Somalia, poi sono arrivate 174 persone da Pakistan e Kashmir, ma anche dall’Etiopia, Eritrea, Mali, Palestina, Iraq, Bangladesh, Sudan, ecc.
Le associazioni che avevano chiesto di fare ingresso nel Centro, per fare attività di informazione e orientamento per i richiedenti asilo, non erano state ancora autorizzate e i “clandestini” non avevano ancora avuto accesso alla procedura d’asilo. Nel frattempo però, all’interno del campo era entrato il personale dell’ambasciata del Pakistan per le identificazioni. Successivamente abbiamo chiesto di entrare nel centro per incontrare queste persone e per informarle dei loro diritti. Il giorno dopo la nostra visita hanno tutte presentato richiesta d’asilo. Martedì scorso è arrivata la Commissione e fino a sabato, cioè in quattro giorni, ha ascoltato 430 persone ovvero tutto il gruppo dei Pakistani, del Kashmir e buona parte dei cittadini della Somalia.

D: Non serve molta immaginazione per capire che l’esame delle domande sarà stato piuttosto superficiale…

R: Esattamente. Noi abbiamo allertato una serie di parlamentari che hanno presentato un’interrogazione poiché temevamo il rischio di rimpatrio per i pakistani. Abbiamo inoltre richiesto che a queste persone venisse garantito il diritto alla difesa, ovvero la possibilità di fare ricorso contro il diniego. L’altro giorno, in una situazione apparentemente tranquilla in cui le associazioni erano all’interno del campo, all’improvviso sono arrivati due pullman su cui sono stati caricati 80 dei 174 pakistani e bangladesi. Non c’era apparentemente un criterio di distinzione, abbiamo ipotizzato che si trattasse delle 80 persone identificate direttamente dal console.
Abbiamo tentando un blocco dell’aereo in partenza che però non ci è riuscito. Abbiamo poi appreso che la metà di queste persone era stata trasferita nel CPT di via Corelli a Milano e l’atra metà a Ponte Galeria, a Roma. In entrambi i Cpt sono entrate due delegazioni di avvocati e, come avevamo già denunciato, a queste persone non è stato rilasciato nessun documento di espulsione. Questa è una pratica di illegittimità totale.

D: La vicenda di questi 80 pakistani è emblematica su quanto sta accadendo rispetto all’accoglienza in queste settimane di continui sbarchi. Ormai è chiaro che, non esistendo una rete di centri di accoglienza, le espulsioni tendenzialmente saranno moltissime. Ci potresti fare un quadro di quanto sta succedendo?

R: La necessità evidente è quella di svuotare il più presto questi campi per riempirli nuovamente. Poche ore fa sono arrivate altre 80 persone dalla Sicilia. Borgo Mezzanone in provincia di Foggia è pieno, sappiamo che altre persone sono state portate al Don Tonino Bello di Otranto e al Regina Pacis (due CPT) e in nessun dei due posti è potuto entrare qualcuno per verificare chi è arrivato. Gli unici posti con cui noi stiamo avendo rapporti sono Borgo Mezz’anone e Bari Palese. A Borgo Mezzanone, dove non è arrivata la Commissione, stanno rilasciando i permessi di soggiorno per richiesta d’asilo e le persone stanno uscendo. La Commissione è tornata a Crotone, ma probabilmente tornerà a Bari Palese la settimana prossima. I tempi con cui ascolta le persone sono velocissimi, decide immediatamente e non dà la possibilità di fare ricorso. Per cui temiamo che si possano verificare nuovamente deportazioni di massa. Noi abbiamo presentato un ricorso alla Corte Europea di Strasburgo perché le espulsioni di massa dovrebbero essere vietate.

D: Mancando completamente una rete di strutture di accoglienza vengono utilizzati i centri di detenzione. Questa è una cosa che non è prevista nemmeno dalla legge Bossi Fini.

R: Abbiamo ricevuto da poco la notizia che al gruppo dei somali hanno dato la protezione temporanea non potendo dare l’espulsione perché provenienti da una paese con una situazione particolare.
Ora queste persone possono uscire ma finiranno per strada. I richiedenti asilo usciti da Borgo Mezzanone stanno in strada e in stazione, perché non sanno dove andare. Come hai detto non ci sono strutture accoglienza perché si preferisce finanziare i Cpt e i centri di identificazione.

D: Come descrivi il campo di Bari Palese?

R: E’ una parte dell’ex aeroporto militare adibita a roulottopoli e ci stanno circa 800 persone.
Qui chiunque può entrare quindi rispetto ad altri centri della Puglia è paradossalmente meglio.