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Costa d’Avorio – Le vessazioni subite in patria dalla ricorrente affetta da disabilità fisica e psichica danno diritto allo status di rifugiato

Tribunale di Milano, decreto del 26 agosto 2019

Foto tratta da Terre des hommes

Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso di una cittadina ivoriana riconoscendo lo status di rifugiato negato dalla Commissione Territoriale.
Sebbene il Collegio non abbia riconosciuto appieno la credibilità del racconto della ricorrente, proprio in ragione delle “rilevanti difficoltà nel ricostruire il reale vissuto della ricorrente e le reali ragioni e modalità di allontanamento dal Paese di origine il Collegio ritiene accettabile e rilevante nella valutazione della domanda di protezione internazionale che la signora provenga da un ceto sociale non elevato e da una zona rurale del paese e che la sua esistenza sia stata particolarmente segnata dalla sua condizione di persona visibilmente disabile sia da un punto di vista fisico che psichico, con conseguente esposizione, senza alcuna forma di protezione (sociale o familiare) ad abusi sessuali fin dalla giovane età e alle conseguenti gravidanze, oltre che alla mutilazione genitale

“.
La condizione di disabilità della ricorrente (portatrice di esadattilia, affetta di disturbi neurologici, con grandi difficoltà cognitive) l’ha portata a subire atti senz’altro qualificabili come persecutori: abusi sessuali in età infantile, mutilazione genitale, episodi di denigrazione e marginalizzazione, violenze e traumi.
Citando numerosi report internazionali, tra cui EASO e WHO, il Collegio ha ritenuto che la condizione di disabilità della ricorrente e le conseguenti vessazioni subite diano diritto allo status di rifugiato per appartenenza a un determinato gruppo sociale. “La condizione della ricorrente“, conclude il Collegio, “continua a essere caratterizzata da molteplici fattori stigmatizzanti, quali la persistente malattia neurologica e le evidenti difficoltà cognitive che ne confermerebbero, in caso di rimpatrio, la marginalizzazione per disabilità, con conseguente serio rischio del ripetersi degli atti persecutori dai quali, sia pure attraverso un difficile percorso migratorio, la ricorrente è riuscita a sottrarsi“.

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Tribunale di Milano, decreto del 26 agosto 2019