Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 21 giugno 2005

Cpt, Amnesty: «Violati i diritti dei rifugiati»

CINZIA GUBBINI

ROMA
«Il governo italiano riveda le politiche sulla detenzione degli immigrati irregolari». Non lo ha mandato a dire, ieri mattina, Nerys Lee, ricercatrice di Amnesty International, presentando il rappporto dell’associazione sui centri di permanenza temporanea (cpt). Un’accurata retrospettiva degli ultimi episodi di violazione dei diritti umani nei centri denunciati da organismi nazionali e internazionali, con un occhio ai richiedenti asilo («sono sempre di più quelli che vengono trattenuti») e una sostanziale bocciatura del fiore all’occhiello del ministro Pisanu: i famosi «centri polifunzionali» con strutture differenziate per gli immigrati irregolari e i richiedenti asilo. Durissima la reazione di Pisanu, affidata a un comunicato. Un vero antema: «I rappresentanti italiani di Amnesty international diffamano le istituzioni. Non è la prima volta, basta ricordare la vicenda della Cap Anamur». Le preoccupazioni espresse da una delle più autorevoli associazioni internazionali nel campo della difesa dei diritti umani sarebbero un mezzuccio per «ricercare visibilità». Quindi: «Il ministro dell’interno continuerà ad ignorare simili provocazioni». Amnesty, per ora, non risponde. Il retroscena del rapporto italiano – analoghe ricerche sono state svolte in Inghilterra e in Spagna – è altrettanto tormentato. Per due volte Amnesty ha chiesto di entrare nei centri. Alla prima lettera il Viminale ha opposto un diniego, la seconda è caduta nel vuoto. Di conseguenza, il rapporto si limita a riportare le denunce raccolte da altri organismi. Il materiale non manca: preoccupazione sulla gestione dei cpt sono state espresse dall’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite, a cui a volte è stato negato l’accesso nei centri, da Msf, dalla Relatrice speciale per i diritti umani dell’Onu, dalla commissione per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa. Denunce «numerose e coerenti» che hanno spinto Amnesty International ad associarsi ufficialmente alla sfilza di richiami.

Il rapporto riporta il caso dei diciassette marocchini picchiati al Regina Pacis di Lecce, l’inchiesta della magistratura sull’utilizzo dei farmaci sedanti nel cpt di Bologna, l’espulsione di tre donne e un uomo sudamericani dal centro di Milano: la polizia li avrebbe picchiati, avrebbe usato del nastro adesivo per tappare la bocca di uno di loro e si sospetta che siano stati usati dei sedativi per assicurare il rimpatrio dell’uomo senza ulteriori problemi. C’è poi la vicenda del centro di identificazione di Crotone, dove un parlamentare ha trovato delle persone con gambe fratturate e numerose escoriazioni. Per non parlare delle espulsioni collettive verso la Libia, che hanno anche provocato una risoluzione contraria del parlamento europeo. Ma soprattutto, Amnesty punta il dito sulle recenti disposizioni del ministero dell’interno per i richiedenti asilo: «la detenzione di un potenziale rifugiato – ha detto Lee – può essere disposta solo come estrema ratio e per un breve lasso di tempo». La Bossi-Fini, invece, prevede la detenzione della stragrande maggioranza dei richiedenti asilo, per un tempo che può arrivare fino a 35 giorni. Per questo Amnesty elenca una serie di raccomandazioni, tra cui quella di istituire – come ha stabilito l’Onu nel `93, trovando scarsa audience – un organismo indipendente di ispezione e di rivedere la politica di detenzione in base alle linee guida del Consiglio d’Europa. I parlamentari Tana De Zulueta e Francesco Martone del Prc, Mario Bulgarelli e Paolo Cento dei Verdi sono tornati a chiedere con forza la chiusura dei centri.

Se sulla questione dei cpt l’Italia è ormai un sorvegliato speciale, non è andata meglio al Regno unito e alla Spagna. I rapporti di Amnesty evidenziano che in Inghilterra l’Immigration Act ha provocato la detenzione di decine di migliaia di richiedenti asilo. In Spagna, invece, l’associazione ha documentato l’espulsione illegale di minorenni e ha censurato i «rigidi controlli sull’immigrazione» che starebbero protando «all’estinzione del diritto d’asilo». Come è evidente, Amnesty non ha usato un metro speciale per l’Italia. L’unica differenza è che negli altri paesi europei ricercatori sono liberi di documentare. In Italia, no.