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Cpt e deportazioni La vergogna italiana

Sabato 19 marzo durante la manifestazione che si è svolta a Milano->5001] contro il centro di detenzione di via Corelli, una delegazione di 12 persone (tra cui una redattrice di Melting Pot) è entrata all’interno del centro per incontrare quattro persone che nei giorni scorsi hanno opposto resistenza al rimpatrio e [per questo sono state picchiate e minacciate.
Contemporaneamente a Lampedusa, la Rete antirazzista siciliana manifestava davanti al centro di raccolta dell’isola, contro le deportazioni in corso.
Dal nord al sud la giornata di sabato ha rappresentato la resistenza dei migranti alla barbarie che, in un silenzio assordante, si sta consumando in Italia.

Dall’interno del cpt di via Corelli abbiamo raccolto testimonianze e denunce molto forti su come avvengono le espulsioni. Le persone con cui abbiano parlato nei giorni scorsi dovevano essere rimpatriate dall’aeroporto di Malpensa, con voli civili dell’Alitalia diretti in Brasile.
Si sono tutte opposte al rimpatrio forzato e per questo hanno rischiato il soffocamento ed hanno subito veri e propri pestaggi da parte della polizia. Addirittura si è tentano di rimpatriare una brasiliana con permesso di soggiorno.
Ne sono stati testimoni i comandanti degli aerei che hanno rifiutato di far decollare il volo e gli stessi passeggeri.

Abbiamo raccolto le testimonianze consapevoli che, per la prima volta, venivano denunciati i soprusi, le botte, i pugni, le mani strette alla gola messe per far tacere chi si oppone a questo abuso. Tutte queste persone si trovano ancora all’interno del centro e hanno voluto che attraverso la nostra delegazione venisse reso pubblico quello che avviene normalmente sui voli della vergogna.

Sono persone coraggiose, che raccontano quello che succede anche ad altri. Proviamo ad immaginare quanti episodi rimangono invece nascosti perché i migranti non possono parlare con nessuno, non possono raccontare quello che succede.
È uno dei motivi per cui all’interno dei CPT non può entrare nessuno. Nemmeno l’Onu o i parlamentari come nel caso di Lampedusa di questo fine settimana.
A Milano non hanno voluto che all’interno del CPT portassimo macchine fotografiche o telecamere. Non ci sono più parole per raccontare le violenze, gli abusi, i barbiturici, le minacce, nei confronti di persone che non hanno commesso nessun reato e che vengono rinchiuse nelle guantanamo italiane, all’interno del meccanismo generale della detenzione

Abbiamo il dovere di fermare questa barbarie che si cerca di nascondere, ma che grazie alla caparbietà e tenacia di molti è possibile documentare, in alcuni casi inceppare, in altri ancora mettere in crisi.
Alla luce di quello che sta avvenendo in questi giorni, da Milano a Lampedusa, va costruita la giornata di iniziativa europea contro i CPT del 2 aprile, non come pura testimonianza ma come iniziativa in rete che materialmente inceppi questi meccanismi di guerra e disumanità che stiamo denunciando.